Avete letto bene e senza errori. Fra le due serie cult dell’universo nerd e dei fumetti, STRANGER THINGS 4 di cui qui abbiamo già parlato, e THE BOYS 3, che tutti vogliono mettere a confronto per me non vince nessuno. Non è un verdetto salomonico, per niente. Si tratta di due prodotti che sono profondamenti diversi nella loro costruzione e difficilmente paragonabili. Sebbene ci siano delle similitudini per l’amore verso il vintage, il passato è per uno elemento più fortemente narrativo, mentre per l’altro è cornice attiva.
Adesso però parliamo di The BOYS 3, per me la stagione migliore in assoluto.
A due anni dalla seconda stagione di The Boys i ragazzi sono tornati su Amazon Prime per regolare i conti. Le cose sono cambiate ora che Hughie è al servizio di Victoria Neuman nel dipartimento ufficiale del governo del controlla le azioni dei supereroi nati dalle sperimentazioni del Composto V. Se è vero che nulla dura per sempre, qui neanche un battito di ciglia. Va detto che Boys sempre partire narrativamente bene ma verso la seconda e terza puntata si trova a girare su sé stesso. Anzi su Patriota. La parabola, per fortuna, si rivela ascendente al netto di alcuni elementi drammaturgici non proprio gestiti al meglio, rappresenta una grande conferma del progetto di Eric Kripke e soci, che sono riusciti a rendere onore all’opera cartacea di Garth Ennis, che al tempo stesso riescono ad evolvere distaccandosene, guadagnando un’indipendenza che costringe e costringerà i ragazzi del Billy Butcher di Karl Urban a camminare sempre più sulle loro gambe, in uno show forte di una writing room affiatata e di un comparto visivo veramente spettacolare.
È nella sua linearità narrativa che The Boys 3 getta le basi del proprio successo. Una coerenza che sfocia in una trama che nel complesso abbraccia i propri personaggi per arricchirli di ulteriori sfaccettature che li trasformano in caratteri sempre più a tutto tondo, e la cosa è più che gradita soprattutto per i personaggi secondari, da Frenchie a Kimiko, passando per L.M., i migliori a mio avviso insieme alla nuova Starlight. Il passato e gli eventi del presente si intrecciano negli archi di sviluppo che rende la compagine dei Boys sempre più unita nella loro missione, ma è soprattutto quando il conflitto tende a rimescolare gli equilibri della squadra che lo show dà il suo meglio, sebbene non sempre le risoluzioni risultino appaganti od originali quanto i costrutti che conducono ad esse. Un compromesso che nonostante tutto accettiamo di buon grado, perché indirizza i passi di Butcher e compagni verso nuovi scontri ed ostacoli. Quando poi l’introspezione si amalgama alla perfezione con la visione creativa quasi sempre ispirata di Kripke e soci, ecco svelarsi di fronte ai nostri occhi il passato di Butcher, costretto in un loop mentale da Mindstorm, che riporta su un altro piano il suo rapporto con Hughie, o la riuscitissima immersione animata nell’inconscio di Black Noir, bilanciata da un non altrettanto riuscito congedo. Se questi esempi rappresentano cosa The Boys può ancora offrire al suo pubblico e ai suoi personaggi, l’altra faccia della medaglia ci mostra una gestione un po’ più maldestra delle parabole di A-Train e di Abisso, che sembrano troppo dettate dalla realtà delle news a stelle strisce e poco incisive sul piano drammaturgico. Il tutto questo poi viene indebolito dalla parentesi Soldatino. Anche il destino di Maeve non è convincente fino in fondo. Piccole ferite che non si ricompongono nel momento in cui alimentano ulteriori approfondimenti, come quello sulla figura paterna di Butcher in un finale che nel complesso, neanche questa del tutto convincente, o sul finale di un Patriota che rimane uno dei pilastri fondamentali della serie.
Tutto questo però non toglie assolutamente il fatto che The Boys 3 mantiene il timone di una per nulla velata satira che si arricchisce di anno in anno portando all’estremo dinamiche sociali e morali che riflettono una visione sempre più matura del concept iniziale, scavando nell’essenza e nella percezione di supereroi che non possono fare a meno di scendere a compromessi con la propria umanità e con comuni mortali che assaporano l’onnipotenza per combattere i loro stessi nemici, trovandosi ad assaporare e a lasciarsi tentare dai medesimi poteri che disprezzano. A portare questo fardello, in entrambe le fazioni, troviamo un cast veramente ispirato e all’altezza sul quale svetta un Antony Starr in splendida forma, in continuo conflitto con sé stesso e con gli altri; un gioco di idiosincrasie al quale non si sottrae nemmeno l’ottimo Karl Urban, seguito a ruota da tutti gli altri, a partire da un Jack Quaid che probabilmente ha trovato il ruolo della vita.
Più in generale, la cura dei dettagli e la visione creativa che traspaiono dalla commistione di tutti i reparti coinvolti generano un quadro estremamente soddisfacente che gioca su più registri, dissetando gli amanti dello splatter e divertendo con parodie dello stile Marvel, assecondando lo spirito dello show e materializzandolo in una messinscena sempre ispirata che nei suoi guizzi migliori – come quelli che descrivevamo nel paragrafo precedente – raggiunge il proprio apice, così come nell’attesissima e brillante rappresentazione dell’Eroegasmo. Insomma, il cammino di The Boys è ancora lungo, ma Kripke e soci sono riusciti a far crescere nel giusto verso una delle serie che ad oggi non ha paura a porsi a fianco dei grandi del panorama streaming e non solo.
Chi ha visto comprende stiamo parlando di due prodotti completamente diversi e anche gli universi da dove vengono, quello di King e quello del fumetto satirico, sono diversi. Abbiamo avuto la fortuna di aver avuto le migliori stagioni di due delle serie più amate, certo una di Nertflix, l’altra di Amazon Prime Video. Credo che la preferenza dipenda da elementi personali. “Personalmente” le ho amate entrambe.