Il Problema dei 3 corpi: lo stavamo aspettando

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“Siete insetti”. Questo non è un bug, anche se la parola in inglese vuol dire proprio insetto, né un attacco hacker. Eppure più di qualcuno è rimasto turbato di fronte alla scritta sui tabelloni elettronici della centralissima Stazione Termini di Roma. Che sta succedendo si saranno chiesto fra occhi sbarrati per il terrore o per la sorpresa. La burla, per alcuni, per altri qualcosa di più, fa parte della campagna marketing per il lancio de Il Problema dei Tre Corpi, l’ultimissima produzione di fantascienza in casa Netflix. Per chi non lo sapesse, pochi ormai in Italia, si tratta di una produzione davvero molto attesa, visto e dalle caratteristiche molto sui generis, visto che si basa su un besteller di fantascienza, che ha vinto tutti i premi possibili nella sua categoria, che viene dalla Cina, e che fra i suoi fan conta una lista interminabile di vip e stakeholder, come l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Oltre che il sottoscritto.

Questa serie di fantascienza hard sci-fi è un must per gli amanti del genere nelle sua declinazione meno mainstream e una sfida intellettuale per tutti gli altri. Chi ai tempi lodò David Benioff e Db Weiss, proprio loro, per non aver fallito la missione (prima reputata impossibile) di trasporre in Game of Thrones i romanzi di George Martin – finale a parte – non poteva immaginare che i due sceneggiatori riuscissero nell’impresa di adattare un’opera fantascientifica tanto ingombrante come il primo libro di Memoria del passato della Terra dell’autore cinese Cixin Liu. Three Body Problem (titolo originale), su Netflix dal 21 marzo, è il risultato impressionante di un lavoro gravoso di rielaborazione, riscrittura e adattamento di una trama complicata, di una miriade di personaggi complessi, di riflessioni filosofiche, il tutto inscritto nel genere della Hard Sci-fi, che richiede al lettore discrete conoscenze di fisica (e matematica, ingegneria, biologia). Paura eh?

La prima stagione scorre lungo più linee temporali, si muove tra varie località del mondo (e oltre), per descrivere il primo contatto tra gli scienziati umani e una civiltà aliena che fatica a giudicare la nostra specie elusiva. Weiss e Benioff, assieme ad Alexander Woo di True Blood, compiono uno sforzo imponente nel tradurre la fonte letteraria per renderla fruibile al pubblico televisivo (particolarmente quello occidentale), aggiungendo e togliendo personaggi, fondendoli tra di loro, riassegnando loro generi, esperienze e nazionalità in un adattamento infedele ma che cattura lo spirito dell’opera. La stragrande maggioranza dei personaggi cinesi dei romanzi di Cixin Liu scambiano i passaporti con un bouquet più eterogeneo ma il fulcro della narrazione, l’astrofisica Ye Wenjie (Rosalind Chao di Star Trek: Next Generation) resta fondamentalmente così com’era. Sopravvissuta alla Rivoluzione culturale e impiegata in un progetto segreto di ricerca di vita extraterrestre, è lei a imbattersi, negli anni ’60, nel primo messaggio proveniente dallo spazio. Ai giorni nostri, un gruppetto di giovani scienziati soprannominati i Cinque di Oxford, di cui Ye è stata la mentore, scoprono le conseguenze di quell’intercettazione: la popolazione aliena che ha scoperto l’esistenza del nostro pianeta e dei suoi abitanti è in viaggio per raggiungerci, ma la sua influenza sulla Terra, secoli prima del loro arrivo, è già consolidata. La studiosa di nanotecnologie Auggie (Eiza Gonzalez), la fisica teorica Jin (Jess Hong), l’assistente ricercatore Saul (Jovan Adepo), l’imprenditore Jack (John Bradley) e l’insegnante di liceo Will (Alex Sharp) uniscono le forze per indagarne le intenzioni, collegandosi tramite realtà virtuale a una simulazione in grado di rivelare loro la verità. L’investigatore Da Shi (Benedict Wong), il leader del controspionaggio Thomas (Liam Cunningham), il miliardario Mike Evans (Jonathan Pryce) e la fanatica Tatiana (Marlo Kelly) sono le altre figure chiave che animano una narrazione ricca e intricata.

La portata a livello produttivo di una serie come Il problema dei tre corpi è massiccia ed è difficile non sacrificare qualcosa in tale contesto per l’adattamento che ad avviso di molti quando il libro uscì sembrava una missione impossibile. Una produzione ad alto budget visivamente spettacolare, scientificamente accurata e filosoficamente impegnativa può alimentare la mente e i sensi più che le emozioni, togliendo tempo e spazio a personaggi desiderosi di raggiungere tridimensionalità e instillare empatia. Questo non succede qui. Figure che possono superficialmente apparire dominate dal raziocinio più che dai sentimenti, trasmettono la loro estrema fragilità e umanità a contatto con l’esperienza della morte. Le tappe fondamentali della trama sono scandite da dipartite importanti, che rompono l’incanto di un soddisfacente esercizio intellettuale per riportare protagonisti e spettatori alla dimensione umana dell’umana precarietà.

Nel corso di otto episodi l’iniziale approccio analitico si espande per integrare la disamina appassionata del mare sconfinato delle incertezze umane; ci si interroga sul valore della vita, dei ricordi, dell’amicizia, della collaborazione; si riflette sul rimorso e sul rimpianto, sul libero arbitrio e sulle paure esistenziali. Lo smacco della stagione finale di Game of Thrones non ha reso gli autori più cauti e umili, anzi, Il problema dei tre corpi è un’opera immensamente ambiziosa. Ben più di uno costoso giocattolo per nerd e fanatici geek della fantascienza hard, siamo di fronte ad una serie impressionante con le carte in regola per stabilire un nuovo, più alto standard per quanto riguarda il genere. Sicuramente ha riconciliato il sottoscritto con Netflix dopo la sola idea di una serie come Supersex basata sulla vita di Rocco Siffredi.