
Le parole più di impatto sinceramente le ho sentite dal Presidente della Repubblica Mattarella: “Sono profondamente addolorato dalla prematura scomparsa di Franco Battiato, artista colto e raffinato che con il suo inconfondibile stile musicale – frutto di intenso studio e febbrile sperimentazione – ha affascinato un vasto pubblico, anche al di là dei confini nazionali”
Ha ragione presidente.

L’etichetta di “mistico” mi sembra tanto un bollo per chi oggi si interessa di pratiche orientali. Sempre di più nel mondo. Chissà perché
Non mi stupisce che proprio il mondo dei social dove le voci più diversi possibili abbia riempito di parole il senso di questa mancanza.
Mi ricordo quando iniziavano a parlare della rivoluzione digitale negli anni ’90 con pensatori come Derrick de Kerchove, Alberto Abruzzese – autore di tanti libri fondamentali fra cui Analfabeti di tutto il mondo uniamoci nel 1996 – e altri. Quando le scienze sociali si interrogavano insieme agli scrittori e agli artisti sugli scenari futuri. Senza paura. Se non si capisce si studia, si indaga, si sperimenta.

A chi, poi, ripete sempre la frase di Umberto Eco sulle legioni di imbecilli dei social che ormai è un refrain stanco e svuotato e che francamente non fa onore al semiologo piemontese, ricordo che prima la stessa dinamica era espressa da frasi come “l’ha detto la tv” o “l’ho letto sul giornale”.
Fa davvero così paura confrontarsi in una rete dove le differenze non vengono da posizioni verticistiche imposte ma alla fine dai contenuti stessi, buoni o cattivi, belli o brutti, che siano. Dipende dalla capacità e dal modo di esprimerli. Se ancora non abbiamo capito la lezione di McLuhan con Medium is the message siamo lontani dalla post-modernità o modernità liquida come dice Baumann.

“La curiosità è la più pura forma di insubordinazione”.
Chiudo qui come ho iniziato, con Franco Battiato.
E ti vengo a cercare
Perché sto bene con te
Perché ho bisogno della tua presenza.
Nella versione del concerto di Baghdad del 1992.