Sicuramente il lockdown ed il semaforo delle zone ha accelerato un processo in atto, quello che vede gli italiani sempre più amanti delle serialità televisiva. Inoltre piacciono moltissimo gli adattamenti, cioè serie che provengono da libri di produzione recente. Aggiungiamo che quelle più viste hanno un altro tratto in comune: il SUD. Non si tratta di una semplice ambientazione, ma di un vero e proprio protagonista. Forse la letteratura e l’audiovisivo potrebbero essere due pilastri che importanti per la valorizzazione del nostro paese, soprattutto per iniziare un’operazione che da noi è necessaria ma avviene poco: FARE SISTEMA. E adesso parliamo di Makari.
La Rai sembra aver deciso di puntare davvero sulla produzione di fiction, soprattutto sugli adattamenti dei romanzi. Chiusi con grande successo Il commissario Ricciardi e Mina Settembre, entrambi creature di Maurizio De Giovanni, una delle penne migliori del nostro paese, e congedato con un successo strepitoso il vicequestore Lolita Lobosco, che ha il viso di Luisa Ranieri, e viene dalla fantasia di Gabriella Genisi, adesso è il turno di Makari. Va detta subito una cosa in apertura: la vita di Saverio Lamanna, protagonista della serie nata dalla penna di Gaetano Savatteri sarà difficilissima. Anzi, un vero inferno. Perché? Perché è siciliano! No, non pensate a nessuna accusa di razzismo o altro, ma pensate a cosa vuol dire Sicilia nel sentimento comune per gli italiani di oggi. Io sono pronto a scommettere che se si facesse un sondaggio su quali sono le prime cose che vengono in mento alle parole Sicilia e Tv il risultato più votato sarebbe solo uno: Montalbano Sono! Il personaggio creato dal genio, purtroppo scomparso, di Andrea Camilleri è riuscito davvero a prendere un posto importante nell’immaginario di tutti gli italiani residenti nella penisola e all’estero, di prima o terza generazione. Montalbano è riuscito a far dimenticare La Piovra del Commissario Cattani che per molto tempo ha detenuto lo scettro della sicilianità televisiva. Attenzione perché parliamo di un’operazione estremamente difficile. L’immaginario collettivo è qualcosa di complesso dove entrarci è difficile e complicato e rimanerci lo è anche di più.
Makari, il post-Montalbano è cominciato
Quindi Makari, che ha già nel titolo uno dei tanto luoghi meravigliosi dell’isola, ha un compito difficile perché a Saverio Lamanna, il protagonista, in tanti diranno: “si, ok ma non è Montalbano!” Per sua fortuna ed intelligenza Saverio Lamanna non lo vuole essere. L’intelligenza è anche della Palomar, la casa di produzione che è la stessa che produceva il commissario con il volto di Luca Zingaretti. Nella sua prima stagione Makari sta funzionando, continuando ad occupare l’appuntamento fisso del lunedì di Raiuno con la fiction messo in opposizione ai reality vip di Canale 5 che, come d’abitudine, vengono distrutti in termini di ascolti. Oltre a questo Makari è un prodotto che funziona coi suoi pregi ed i suoi difetti. Saverio Lamanna è un personaggio che piace per la sua storia di uomo-scrittore ritornato non perché sente una sacra missione, ma perché ha fatto un errore che gli è costato la sua carriera, in questo c’è una forte modernità. E’ uno scrittore ed un giornalista e dove passa lui c’è sempre un morto, cosa che gli ha fatto guadagnare già l’appellativo di Jessica Fletcher siciliana, ma per raggiungere i livelli della famosa Signora in Giallo interpretata da Angela Lansbury si dovrà impegnare molto di più partendo almeno da tutta la provincia di Trapani. I personaggi secondari sono un punto di forza evidente. La fidanzata Suleima, interpretata da Ester Pantano, non è solo una bella ragazza del sud in attesa che arrivi il suo eroe sul bianco destriero, ma una ragazza che studia architettura, fa la cameriera stagionale e vuole andare a Milano per avere una carriera come professionista. In questo è molto diversa dalla Livia di Montalbano. Poi c’è Peppe Piccionello interpretato da Domenico Centamore. Se Lamanna è Holmes allora Piccionello è una sorta di Watson con le caratteristiche di Catarella. Rispetto al buffo poliziotto della stazione di Vigata, Piccionello è più presente nella trama, è la memoria storica di un certo modo di essere del sud, che viene tramandato con ironia senza mai essere pesante, ingombrante e presente come quei ricordi che ti fanno spuntare un sorriso in faccia. I limiti sono alcune volte del caso di puntata che ha degli snodi troppo semplificati e semplici ma alla fine ti rendi conto che non è quello su cui punta la serie. La serie punta sul Sud come sta facendo la Rai da molti anni. Pensate alle serie tv prodotte dalla Rai che sono ambientate al Sud e vi accorgerete di quante sono. Tante. Cosa hanno in comune? La bellezza. Attenzione perché non è affatto banale come molti possano pensare perché noi italiani abbiamo un rapporto molto strano con la bellezza del nostro paese e con la nostra identità. Me ne sto rendendo ancora più conto frequentando il master dell’UniCal sui Viaggi delle radici diretto dal prof. Romita. Molte volte sentiamo l’espressione “la bellezza e la cultura sono il petrolio dell’Italia!” Molte altre diciamo che si dovrebbe fare di più per la cultura ed il turismo. Eppure restano parole senza capire che noi viviamo in un quel territorio e che preservarlo e valorizzarlo serve a fare sistema per l’economia di tutti. Quello che sta facendo la serialità televisiva, non so se consciamente o meno, è quello di dare un nuovo tipo di storytelling al territorio che viviamo. E soprattutto è un punto forte per “fare sistema”. “Purtroppo la nostra coscienza da selfie” – come dice Emilio Casalini in Rifondata sulla Bellezza – “ci impedisce di vedere l’insieme dei particolari che formano un panorama“. Forse il fatto di nascere in un paese che ha detto del resto del mondo è pieno di bellezza non ci ha fatto bene. Philip Kotler, riconosciuto guru del marketing mondiale, ha detto “Il mondo ha bisogno di bellezza e l’Italia deve offrirne un po’ del suo.” Forse quando principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij affermava che La bellezza salverà il mondo si riferiva a questo. Noi in un certo modo abbiamo il dovere della bellezza e soprattutto dovremmo comprendere che gestire ed amministrare tale bellezza farà stare bene prima di tutto noi e di conseguenza gli altri. Ma lo vogliamo?
Giallo e Comedy
La commistione di generi è ormai una cosa diffusa come tendenza nella serialità televisiva ma quella fra il giallo e la comedy non è così forte come si possa pensare. Un esempio che sta avendo molto successo anche da noi arriva dalla Francia ed è Capitan Marleau, interpretata da Corinne Masiero. Riconoscibile per il suo copricapo si sposta spesso in varie regioni della Francia per risolvere delitti impensati. Anche qui c’è una chiara strategia di promozione territoriale. Altro personaggio sui generis è Detective Monk, un uomo con evidenti disturbi ossessivo-compulsivi, creato da Andy Breckman e interpretato da Tony Shalhoub. Ha avuto 8 stagioni, svariati Emmy e molti record di ascolti. Cosa ancora più particolare era l’essere molto seguito dalla fasce di spettatori più giovani. L’ultimo episodio fu per molti anni l’episodio record di tutta la tv via cavo USA.