Fabrizio Bosso e le “relazioni” fra musica e persone

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Fabrizio Bosso 2015 (Ph Roberto Cifarelli)

Strumentista dal talento sopraffino e dal sound personalissimo, Fabrizio Bosso vanta una invidiabile serie di partecipazioni discografiche – tra cui si segnalano anche quelle in ambito extra-jazzistico con Fabio Concato, Claudio Baglioni, Sergio Cammariere, Nicola Conte e Mario Biondi – e carismatiche sortite da leader. Proprio il 6 di settembre si è esibito sul palco del Co.Ro Music Fest nella suggestiva cornice del Castello Ducale di Corigliano-Rossano. Accanto a lui, oltre al portentoso organista Antonio Caps (allievo di Joey De Francesco, già applaudito al fianco di grandi nomi come Joe Magnarelli, Jerry Weldon, Greg Hutchinson) e al formidabile batterista partenopeo Elio Coppola (musicista che si sta facendo prepotentemente strada nel panorama italiano ed internazionale Bernstein, David Kikoski, Dado Moroni, Tullio De Piscopo ecc.,) ci sarà Antonio Napolitano al contrabasso. Lo abbiamo raggiunto per parlare del suo sound e dei suoi progetti futuri.

Non posso che cominciare chiedendoti come sta andando questo tour, visto che è molto che stai facendo concerti, vero?

Il tour sta andando benissimo, sono in giro da un sacco di giorni per concerti coi miei gruppi ed è anche bello suonare con Elio, visto che suoniamo e ci conosciamo da tanti anni insieme. Pur non essendo ecco un quartetto ufficiale però è sempre un bellissimo incontro, visto che è musicista che stimo molto come tutti gli altri musicisti del gruppo. Diciamo che gira tutto bene, anche se è tanta fatica perché viaggiare è difficile, però alla fine ne vale la pena.

 

Parliamo di WeWonder, il disco dove tu è il tuo gruppo avete riletto le canzoni di Stevie Wonder, come è nata l’idea?

Parte da una suggestione che era arrivata da un concerto che ho fatto qualche anno fa a Roma per Ernesto Assante e Gino Castaldo, che organizzavano una serie di appuntamenti chiedendo a dei leader di fare un tributo a un cantante che amavano. Qualche anno dopo mi è capitato di vedere un video di questo concerto e da lì è nata l’idea di fare il disco che abbiamo registrato in realtà in studio in cinque ore e mezza. Ci siamo divertiti molto perché amiamo tutti la musica di Stevie e perché fa parte del nostro background. Fin lì è stato facile, però poi il difficile è venuto quando dovevi andare a toccare delle melodie praticamente perfette, poi io non avevo la voce ed il testo ma la mia tromba, quindi andavo a sostituire, insomma, la voce col suono, una cosa devo dire molto stimolante, impegnativa e rischiosa. Però è bello, insomma, poi me lo potevo permettere coi musicisti del mio gruppo che sono talmente ricettivi e bravi. Sia questo che quello precedente sono due dischi che mettono in luce la forza di un quartetto con dei musicisti che hanno una capacità incredibile, soprattutto nella sinergia che è nata e cresciuta fra di noi. Ho con me dei musicisti talmente forti che mi piace valorizzarli e sfruttarli in tutto e per tutto, anche a livello compositivo, quindi, così è anche per gli arrangiamenti.

 

Tu hai moltissime collaborazioni al tuo attivo. Quali sono quelle che hanno lasciato più il segno?

Questa è una delle domande più difficili che possano farmi. Non finisci mai di avere sorprese o comunque di essere arricchito dall’energia di qualcun altro e non per forza solo quando suoni con musicisti conosciuti e affermati, ma anche magari con dei ragazzi delle scuole di musica. Io ormai ho cinquant’anni e tengo una tromba in mano da quando ero un bambino di cinque e alla fine ogni collaborazione ti dà qualcosa di diverso ti arricchisce in maniera diversa. Poi, certamente, ci sono dei nomi e dei momenti importanti, come con la Carnegie Hall Band, Charlie Haden, gli italiani Enrico Rava ed Enrico Pieranunzi. Non posso dimenticare Sergio Cammariere che è quello che mi ha portato nel pop, o Mario Biondi con cui abbiamo fatto cose bellissime. Però, vedi, fai quattro nomi e salti gente come Nina Zilli, Simona Molinari, Gualazzi e tutti gli altri. Alla fine, fare dei nomi non ha tanto senso, le collaborazioni sono quelle che ti fanno stare bene musicalmente e non solo, in studio, sul palco e fuori, la capacità di creare sempre una connessione. Questo per me è una parte importante del lavoro del musicista, del nostro mondo, dove il lato umano entra prepotentemente in gioco.

Cosa cerchi di disegnare tu con la tua musica, col tuo jazz?

Quando si suona, si improvvisa, alla fine l’idea principale è quella di portare i propri sentimenti e le proprie emozioni, per questo ti ripeto è importante trovare un feeling umano con i musicisti anche fuori dal palco. Uno scambio che non sia solo musicale ma fondamentalmente umano, di tutti i giorni. Poi sali sul palco ed arriva la continuazione del discorso che hai iniziato prima, la musica per un musicista è il suo linguaggio, mentre altri usano le parole. Alla fine, c’è dentro l’intenzione di scambiare sempre qualcosa, di disegnare qualcosa insieme, come hai detto tu nella domanda.

Quali sono i progetti per il futuro?

Sicuramente sarò in giro ancora parecchio per concerti anche su repertori diversi, anche perché devo recuperare dei mesi persi lo scorso anno per l’incidente, ma per fortuna ora è tutto a posto, e poi inizierò a lavorare col mio quartetto al prossimo disco.