Nonostante quello che possano dire alcuni siti di gossip che parlano solamente di reality e talk show che durano 4 ore, è la serialità televisiva che sta vincendo la partita degli ascolti. Addirittura certi talk show devono durare molto per “spalmarsi” su vari slot di tempo ed avere così uno share più alto. Se poi si vedono i dati assoluti, cioè quanti telespettatori c’erano davvero si vede davvero un dato parecchio ridicolo. La “fiction” sta vincendo con produzioni che si basano sempre di più su romanzi italiani. Montalbano non è stato il primo ma sicuramente è stato negli ultimi anni il fenomeno che sta trainando questa tendenza. E’ arrivato il momento di Ricciardi, la creatura più famoso di uno dei nostri scrittori migliori Maurizio De Giovanni. Buona Lettura.
Non solo poliziotti
“Dov’era Dio per lui, quando vedeva l’immagine del dolore e ne sentiva l’eco? Toccava a lui solo dare pace a quel dolore?”
Questa frase è tratta da Il Senso del Dolore di Maurizio De Giovanni. Inutile girarci intorno stavolta, perché Percorsi Seriali si occupa proprio del personaggio che più ama di uno scrittore che gli piace moltissimo e che ha avuto la fortuna di conoscere: Luigi Alfredo Ricciardi, commissario della squadra mobile della regia questura di Napoli. Ricciardi è uno di quei personaggio per cui ho provato un colpo di fulmine assoluto, come per il poliziotto transalpino, Adamsberg, scritto da Fred Vargas. Entrambi hanno qualcosa in comune a mio avviso. Come la si potrebbe ritrovare nel poliziotto delle steppe mongole Yeruldegger scritto da Ian Manook, o nel marsigliese Fabio Montale inventato da Jean-Claude Izzo, oppure dello scontroso e affascinante inglese Cormoran Strike scritto da Robert Gailbraith – quest’ultimo è solo lo pseudonimo di J.K. Rowling, proprio la mamma di Harry Potter. Finiti i consigli di lettura torniamo a puntare i riflettori su Maurizio De Giovanni, che negli ultimi tempi in tv ha visto parecchie sue “creature” animare gli schermi delle case italiane. Dopo I Bastardi di Pizzofalcone ha da poco esordito Mina Settembre, altra sua serie interpretata da Serena Rossi – ma ci torneremo fra qualche settimana rispettando un certo calendario di uscite – ed ora era Ricciardi. All’appello mancherebbe Sara e se ce ne fosse bisogno e De Giovanni mi leggesse mi candido per lo sviluppo della sceneggiatura. Finita questa orribile questua torniamo al viso di Lino Guanciale, attore assolutamente non nuovo nel panorama della fiction italiana, di successo, scelto per interpretare il commissario che vive in questa Napoli degli anni ’30 portata sullo schermo dalla regia di Alessandro Alatri, regista italiana di bravura e mestiere.
La storia del primo episodio è quello adattata da Il Senso del Dolore, primo volume della serie: Napoli, marzo 1931, durante un inverno particolarmente rigido, un evento scuote l’opinione pubblica: il grande tenore Arnaldo Vezzi, artista di fama mondiale e amico del Duce, viene trovato cadavere nel suo camerino al Teatro San Carlo. A risolvere il caso è chiamato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi che, per l’occasione, conosce la moglie del defunto cantante, l’affascinante Livia Lucani. Il tutto è preceduto da una presentazione generale del setup dei personaggi e dal “difetto” dell’”eroe”: vedere i fantasmi delle vittime nel momento della loro morte violenta.
Storie, uomini e donne
Il casting vede facce e corpi reali nei personaggi che noi lettori abbiamo disegnato ed immaginato da soli. Gli uomini: Antonio Milo, caratterista di lungo corso, nei panni del fedele braccio destro Iannone, uomo dalla forte corporatura ma dall’animo e dall’intelligenza fine; Enrico Ianniello è Bruno Modo, il patologo legale, l’unico di cui Ricciardi si fida, professionalmente e come amico, con una testa di capelli ribelli come il suo credo antifascista. Le donne, che per il nostro commissario sono importanti: la prima è Rosa, la sua tata sin dall’infanzia, che conosce le bene le pieghe del suo dolore, interpretata da Nunzia Schiano; nel dolore c’è anche la silenziosa Lucia, la moglie Iannone, Fabrizia Sacchi, che non ha superato la morte violenta del primogenito; poi c’è l’eros ed il mistero di Livia Lucani, la vedova che entra in gioca sin dal primo episodio; dall’altra parte di Livia c’è Enrica Colombo, Maria Vera Ratti, l’amore innocente e dolce che il commissario saluta ogni notte dalla sua finestra. Credo che De Giovanni abbia avuto voce in capitolo oltre che nella sceneggiatura anche nel casting perché davvero le scelte sono buone. Poi c’è Napoli. E non è banale. Una ricchezza di allestimenti, cura e dettagli delle scenografie, fotografate da una luce fredda ed algida molto lontana da certi ritratti da luogo comune che troppo spesso si fanno di questo città meravigliosa. Merito anche dell’eccellente lavoro che il Centro di Produzione Rai partenopeo sta svolgendo in questi ultimi anni. Proprio in questa luce si vede lo sguardo dolente che hanno gli occhi del personaggio del commissario creato da De Giovanni, che ha già una bella versione a fumetti. Una città che splende cupa dal suo lungomare, passando per la maestosa Piazza del Plebiscito ed arrivando ai bassi dove Bambinella, il travestito confidente di Maione, esercita il mercimonio del suo corpo. Lo stesso tempo, da alcuni giudicato “lento” per i ritmi della fiction televisiva accresce un senso di attesa degli eventi in un’epoca, quella fascista, che celebrava la velocità, ma si muoveva con lenta e pesante violenza. Tutto, compreso il tirabaci di Lino Guanciale, tanto criticato come fosse il ratto di Elena usato per cagionare la guerra di Troia, quella più antica dell’epica, è un meccanismo fatto per durare e conquistare. A mio avviso Ricciardi è l’ennesimo punto a favore della strategia televisiva Rai centrato su prodotti di adattamento. Strategia che si prepara a dar l’addio a Montalbano, che ormai è molto più importante di Don Matteo. E non è poco! Gli ascolti sono stati ottimi ed anche le impression registrate dagli hashtag lanciati sui social. Quello che bisogna comprendere è sempre la differenza dei linguaggi, fra libro, cinema, tv, fumetto e quel che sia. Percorsi Seriali si prepara a parlare di queste differenze e dei suoi incroci, più avanti nel tempo. Per ora aspetta il secondo episodio di Ricciardi.
Gli altri sguardi
Si chiama Cormoran Strike, ha la faccia di Tom Burke, uno di quegli attori con il viso scontroso che piacciono tanto alle donne, certamente non uno di quelli che vedreste a trasmissioni stile GFVIP, ed è la versione televisiva del poliziotto creato dalla mamma di Harry Potter, anche se stavolta si faceva chiamare Richard Gailbraith. Prodotto dalla BBC è davvero un’ottima serie che andrebbe la pena di recuperare. Anche la serie racconta le vicende di Jean Baptiste Adamsberg, commissario dell’Anticrimine di Parigi, dai metodi non convenzionali, va recuperata. Lui insieme alla sua squadra, si addentra in una rete di omicidi che lo costringeranno a fare i conti con il proprio trascorso. Il soggetto è della stessa autrice dei romanzi Fred Vargas, pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau, e a dirigere il progetto c’è una vera star del libro come Emanuele Carrere.