Ogni volta che c’è un adattamento, che sia da un romanzo, un fumetto, un film, un murale, una scritta in WC di Pechino, arriva sempre quello che dice “eh ma così non si può!” Il termine adattamento dovrebbe far capire che trasporre una narrazione da un media ad un altro è cosa complessa, perché i linguaggi cambiano. Negli ultimi anni le cose stanno cambiando. I narratori stanno prendendo la via dell’ISPIRATO o del LIBERAMENTE TRATTO. Sono formule che permettono una libertà che gli appassionati, che sembrano una sorta di Tribunale del popolo, mescolato con Santa Inquisizione, senza dimenticare il Consiglio della Sharia Islamica e anche un po’ di Tribunale speciale per i crimini contro la Stato Fascista, non vorrebbero mai concedere. Netflix ha prodotto questa nuova versione del Lupin di Leblanc. Sta sbriciolando gli ascolti, ma sicuramente a qualcuno farà storcere la bocca.
Va bene Lupin. Ok ad un nuovo adattamento delle avventure del ladro gentiluomo scritte da Maurice Leblanc all’inizio del novecento e che hanno avuto schiere di appassionati in tutti il mondo. C’è un però. Ci sono parecchie persone, fior di spettatori in tutto il mondo che quando sentono questo nome francese non pensano alla Francia, ma al Giappone! Noi cresciuti a furia di latte, biscotti ed anime se sentiamo Lupin pensiamo al capolavoro di Monkey Punch di fine anni 60 che ha preso in versione animata e alla sua splendida banda composta da Jigen, Goemon, la bella Fujiko alle prese con l’ispettore Zenigata! E allora che si fa? Si smette di fare qualsiasi cosa? Tutt’altro! Questa è la bellezza dell’adattamento: una nuova sfida! Così guardiamo con piacere se questo attore poco più che quarantenne, Omar Sy, nato in un paesino vicino Parigi da una cameriera della Mauritania e da un operaio senegalese, quarto di otto figli, che nella vita al massimo poteva aspirare a prendere un diploma di scuola superiore, e che invece è riuscito ad imporsi con bravura nel mondo dello spettacolo, riuscirà in un’impresa importante e leggendaria. Proprio come quella di Arsenio Lupin.
Per Assane Diop, questo è il nome del personaggio interpretato da Omar Sy, Lupin non è solo il protagonista di storie che ama. Molto di più. Affascinato da quella lettura, dapprima decide di essere un vero gentiluomo con il gentil sesso, e successivamente, dopo una serie di terribili ingiustizie di natura razziale, anche in tutto il resto diventando un vero ladro di spessore, abile nella truffa e nei travestimenti, per vendicarsi degli aguzzini della sua famiglia. L’adattamento si pone in maniera intelligente come alcune volte sta succedendo negli ultimi anni. Ormai si sta uscendo dalla logica del “remake”, cioè rifare qualcosa che ha davvero significato moltissimo per tanti appassionati che compongono tanti pubblici nel mondo, ma pensare ad una sorta di “ispirazione”, di base per una nuova narrazione. Non si tratta di essere più o meno capaci bensì di sottrarsi alla logica del confronto che non si basa tanto sull’oggettività, ma su una fortissima componente emotiva! Oltre a noi che siamo cresciuti con gli anime di Lupin III c’è una generazione che invece ha amato moltissimo la serie, che fu una coproduzione con moltissimi paesi europei, interpretata da Georges Descrières, realizzata all’inizio degli anni settanta e che vedeva un Arsenio Lupin classico con cilindro e bastone, vero prototipo del ladro-gentiluomo che addirittura riusciva a farla in barba a celebri investigatori come Herlock Sholmés – non è un errore di battitura, ma il titolo della seconda raccolta di storie scritte da Leblanc.
Noi vediamo Omar Sy che entra nel Louvre di notte. Non come ladro però, ma come addetto alle pulizie. La sua attenzione di posa su un gioiello prezioso: il collier di Maria Antonietta. Va detto che questo gioiello ha una sua vita propria molto ricca. Parliamo dello scandalo della collana, una truffa accaduta in Francia negli anni ’80 del secolo XVIII, perpetrata dalla contessa Jeanne de Saint-Rémy de Valois ai danni della regina Maria Antonietta e del cardinale di Rohan. Questo per gli spettatori francesi accresce ancora di più i motivi d’interesse, fra l’altro esistono vari libri e film sull’argomento. Però quello che interessa ad Assane non è il gioiello per il gioiello, il furto come fonte di ricchezza o il furto come prova di abilità. No. Per il protagonista della serie prodotta dalla francese Gaumont l’obiettivo e la riabilitazione del padre. Cambia tutto. La sceneggiatura e l’ideazione sono di George Kay e François Uzan, nonché diretta, tra gli altri, da Louis Leterrier, che aveva già esplorato il genere “heist” nel 2013 con Now You See Me. Il termine heist indica tecnicamente un sottogenere del crime che racconta la preparazione e l’esecuzione di un furto nei particolari. Sono heist o detti anche “caper” I Soliti Ignoti e La Casa di Carta.
La determinazione di Assane nel riabilitare l’onore del padre è tale da spingerlo costantemente oltre i suoi limiti e nell’affrontare faccia a faccia chi lo ostacola. Gli episodi offrono così un mix di emozioni contrastanti. Lupin non è solo intrattenimento, perché nulla è davvero come appare all’occhio dello spettatore. Una condizione destinata a ripetersi più volte nel corso delle prime cinque puntate. L’imprevedibilità è, forse, la vera antagonista del personaggio principale, in grado di prevedere in anticipo ogni mossa sulla scacchiera. Chi si aspetterebbe, però, che il poliziotto Guédira, ruolo affidato a Soufiane Guerrab, è un altro lettore dei romanzi di Lupin e un collezionista degli indizi seminati da Assane? La buona interpretazione di Omar Sy, che può risultare antipatico forse a Salvini e alla Le Pen, arricchisce un’ottima sceneggiatura. Un Lupin davvero inafferrabile e, ovviamente, al passo coi tempi, in scia a quanto ‘profetizzato’ durante le avventure, in partenza su carta, della sua versione fumettistica e anime a cura del compianto Monkey Punch. Il mito di Lupin sembra così rivivere dalle strade di Parigi fino alla Normandia proprio laddove fu ambientato il racconto Arsenio “Lupin E Il Segreto Della Guglia” che è la chiave del finale che…e no! Niente spoiler please.
Ladri, truffatori e criminali in gruppo: il genere heist
Ladri, truffatori, spacciatori, assassini e compagnia cantando. Oltre che nelle cronache ne sono pieni anche le nostre narrazioni, a dimostrazione che tutto dipende da come lo si racconta. Oltre a La Casa di Carta ci sono due titoli che voglio segnalare. Uno è Hustle – I Signori della truffa dove un gruppo di truffatori inglesi decide di lavorare insieme per derubare i ricchi e i potenti. La serie ha avuto ben otto stagioni ed è veramente godibile. Poi c’è Sneaky Pete, gioiellino di Amazon con Giovanni Ribisi, Bryan Cranston da Breaking Bad, e Marin Ireland che fu pluripremiata per questo ruolo. Marius è un truffatore che cerca di dimenticare la sua vecchia vita assumendo l’identità del suo compagno di cella, Pete. Nonostante la famiglia di quest’ultimo non sospetti nulla, l’imbroglione deve evitare che le sue bugie gli si ritorcano contro.