“Senza cambiamento mente e cervello marciscono.” Questa frase per me è un mantra. La trovate in un bellissimo libro di Bruce Chatwin che si chiama Anatomia dell’irrequietezza. Un libro che si trova fra le preferenze di molte marketer nonostante Chatwin fosse quanto ci possa essere più lontano da un uomo di marketing. Era un fotografo, un camminatore, un filosofo. Un irrequieto. La parola cambiamento è qualcosa che riempie lo spazio continuamente. La diciamo anche noi. Troppo spesso. A me sembra che la maggior parte della gente aspetti sembra il CAMBIAMENTO come fosse Gesù Bambino la notte di Natale, come la rivoluzione che deve arrivare e non arriva. Però domani…Naturalmente la colpa poi è sempre di qualcun altro.
Gli irrequieti non pensano al cambiamento. Devono cambiare. Lo devono fare perché altrimenti muoiono. Come gli squali. Tutti hanno in mente la musica del film Lo Squalo di Spielberg, anno 1975. Un ritmo crescente che sale di ritmo in maniera incessante. Proprio come il procedere dello squalo. Lo squalo se si ferma smette di respirare. Lo squalo se si ferma muore. Gli irrequieti non pensano alla grande rivoluzione che deve arrivare. Cercano di farla. Spostano continuamente le cose dentro casa. Alcuni di loro li vedono che fanno lunghe passeggiate in cerca di una “centratura”. Si avete letto bene. La centratura è una operazione per equilibrare le masse di un pezzo rotante attorno all’asse di rotazione. Gli irrequieti cercano questo. Sempre. Non sono neanche sicuri di riuscirci, ma devono farlo.
Charles Bukowski, poeta e scrittori di livello incredibile, che troppo spesso viene ricordato come uomo volgare solo perché parlava di scopare, puttane e corse dei cavalli, ha scritto una delle più belle frasi sulla felicità: “Non avevo mai provato cosa fosse la felicità: sono esattamente nel posto dove voglio essere.” Questa è la vera felicità per un irrequieto. Trovarsi dove si vuole essere. Per farlo però bisogna capire dove si vuole essere.
Questa è la cosa più difficile. Invece di provarci, di centrarci, è molto più facile cercare colpevoli, fabbricare escamotage per dare le responsabilità a qualcun altro, chiunque sia, tanto la lista è sempre lunghissima, dai poteri forti agli alieni e a chi per loro.
“L’incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c’è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati.”
Questa che sembra una banalità è di Carl Gustav Jung. Noi cambiamo continuamente. Noi pretendiamo di essere in un modo ma molto spesso è solo un racconto che costruiamo. E anche poco funzionante. Uso il termine pretendere perché ha un’assonanza con l’omologo inglese to pretend che dà un’idea di recitazione, di interpretazione. Oggi gli specchi in cui pretendere ciò che siamo sono moltiplicati in maniera esponenziale ed è difficile riuscire a capire la vera essenza di noi stessi. Invece di provare a vedere cosa davvero ci compone, quali sono le cose essenziali per noi, perdiamo tempo in ridicole pantomime su complotti che davvero farebbero pochi ascolti. Eppure poi pretendiamo anche un premio per questa interpretazione.
“Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno.”
Questa frase è di Antonio Gramsci, uno degli italiani migliori degli ultimi 130 anni. Gramsci era un irrequieto. Uno splendido irrequieto. So che solo per aver scritto questo post e aver lodato Gramsci mi prenderò qualche critica, ma in fondo non m’interessa. Anche io sono un irrequieto. Sono nato con una malformazione, con un problema al cervello. Un problema che è stato scoperto grazie ad un grave tumore cerebrale. Bizzarro vero? Eppure è così.
Spesso mi ritrovo in comportamenti antipatici e fastidiosi. Sono dei vecchi cliché venuti in oltre 40 anni di vita. Alcuni medici mi hanno detto che a malapena avrei potuto camminare. E invece ho fatto oltre. Credo di aver cercato la mia centratura. L’ho trovata? In alcuni momenti penso di si. Quei momenti in cui sento la vicinanza di mia moglie. Come Gramsci cerco di rinnovarmi ogni giorno. Voglio sfuggire i luoghi comuni. Benedico la mia irrequietezza e non la smetto di aspettare una grande rivoluzione che non verrà mai se non comincio dal fare la raccolta differenziata e dal trattare bene le persone che mi sono accanto. Benedico la mia irrequietezza che mi farà ritrovare la mia essenza nei diecimila specchi della nostra vita ipermediale, che è ricchezza e non maledizione come pretendono di dire proprio usando i canali ipermediali!
Forse la ricerca della centratura è già una centratura. Soprattutto in certi posti vicino al mare.