“Non è il Blog, non sono i social, così come non sono le promozioni a pagamento: se vuoi che acquistino i tuoi prodotti o ti contattino per la tua professionalità devi cercare di ottenere persone che parlino bene di te.”
Così iniziava una delle ultime newsletter dell’amico Skande, fra i migliori esperti del marketing oggi in Italian che commentava un fondamentale e autorevole studio di McKinsey, fra le più autorevoli società di consulenza nel mondo. Il rapporto continua affermando che la metà delle decisioni di acquisto si basa sul passaparola. E’ una novità? No. E’ la conferma quello che molti operatori del marketing e della comunicazione stanno dicendo da parecchio: la corsa al like, l’accumulo e la conta di Mi Piace, Cuoricini e di per sé abbastanza inutile. Attenzione che ho sottolineato di per sé.
Non siamo ancora al 1929 e non c’è bisogno di buttarsi da grattacieli web e social, c’è solamente da capire quello che vuole dire tutto questo.
“Le opportunità derivate dal perseguire l’eccellenza nel marketing del passaparola sono enormi e possono fornire un vantaggio competitivo sostenibile e significativo che solo pochi altri approcci di marketing possono eguagliare. Eppure molti marketer lo evitano”. Questo dice McKinsey sottolineando implicitamente il ruolo di trigger che i social hanno nel mondo contemporaneo e soprattutto fra le persone. E ripetiamolo: persone, cioè quelli che poi concludono gli acquisti.
Torniamo al problema che bisogna convertire, non in senso religioso e fideistico, i like, che sono manifestazioni di interesse e attenzione, in acquisti.
Come?
Partendo dal Brand, che non è il logo, il disegnino carino che identifica qualcosa e basta. La Nike non è solamente il famoso baffo, ma è molto, molto, è ancora molto di più. E’ un insieme di storie e valori.
Va fatto un passaggio in più per me.
Qualcuno utilizzando l’ennesima estensione di Bauman, il teorico della società liquida aveva parlato di Brand Liquido, nel senso di non del tutto fisso.
In un mediascape sempre più in forte e costante evoluzione noi dobbiamo andare ancora più:
Il BRAND è BIOLOGICO. Dobbiamo vedere il brand come un organismo vivente che riesce ad interpretare ed anche anticipare le richieste dei potenziali clienti, delle potenziali audience, stabilendo una comunicazione e soddisfacendo i desideri specifici. Questa comunicazione si stabilisce partendo dalla propria identità. Questa identità è fatta di storie e valori.
La gente vuole conoscere il brand, vuole sapere chi è, cosa fa, perché, come e quando. Questo spiega il successo sulle piattaforme social di quella categorie chiamata stories! Stiamo sempre parlando del bisogno di narrazione che hanno gli esseri umani, della funzione bardica di Shakespeare.
I brand sono perciò non solo non fissi ed immutabili ma viventi!
Una belle descrizione del lavoro del marketer, che molti vedono asettico, l’ha data Chiara Gandolfi, alias Balenalab, amica e ottima professionista:
“Progetto l’identità dei brand dal punto di vista del linguaggio: nome, payoff, testi e tono di voce. Lavoro per tirare fuori identità vive e da vivere, trasformo le verità dei brand in esperienze verbali che li connettono alle persone. Mi sporco, entro, tiro fuori, unisco. Non c’è niente di astratto qui, ci sono solo persone”
L’ultima parte, quella sulla sporcarsi, sul tirare fuori ed unire, sembra il lavoro di un ginecologo e di un’ostetrica. Anche per questo il BRAND è sempre più un organismo vivente. Il lavoro che c’è dietro è tanto e non si ottiene dopo un’oretta a tavolino. Per quell’oretta ci sono voluti nove mesi di gestazione – continuo con la metafora del parto per sottolineare ancora di più il concetto di vita.
Perché un Brand è vivo e vive. Cresce, parla, risponde, invecchia e muore anche. Per questo un brand riesce ad innescare il passaparola.
Come?
Ad esempio con tre passaggi:
- Crea un motivo valido per rafforzare, fidelizzare ed ottenere la gratitudine e la riconoscenza del cliente. Rendere speciale il rapporto con un cliente.
- Ricompensa il tuo cliente per averti aiutato a generare nuovi clienti. Fallo sentire importante.
- Un cliente soddisfatto, che condivide la sua soddisfazione, va assolutamente differenziato dagli altri e messo sempre al centro di tutte le tue iniziative di marketing.
Seth Godin, grande marketer ed autore de La Mucca Viola ha scritto:
Il marketing non si basa più sulle cose che fai, ma sulle storie che racconti;
e ancora:
Le persone non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia
Il Brand deve creare con il cliente un rapporto di amicizia, un rapporto che, magari esagerando, si può definire “sentimentale“.
Però quando noi facciamo amicizia vogliamo sapere prima e dopo delle cose su questo amico. Vogliamo conoscere la sua IDENTITA’.
Troppo spesso il lavoro di marketer e comunicatori è stato visto come una congrega di complottisti, pronti ad accendere l’interruttore del 5G!
No. Qui siamo tutti degli artigiani che cercano di fare un buon lavoro. A volte poi riesco a fare dei pezzi d’arte ma non sempre.
Bisogna poi fidarsi dei proprio marketer e comunicatori. Proprio come solitamente fa uno scrittore del proprio editor. Un libro non è mai un processo finito quando viene proposto ad un editore, viene lavorato parecchio prima, se si è fortunati, arrivi su uno scaffale. Così bisogna fare con marketer e comunicatori.
Un brand è un organismo vivente, quindi cresce e ha bisogni di attenzione e come tale anche di affetto in una relazione. Questo vi sembra assurdo? Pensateci bene. Sicuramente ci sono dei marchi con cui “andate più d’accordo”, di cui avete fiducia.
Pensateci.
Buon Lavoro.