C’è stato un tempo prima delle serie tv, prima di quell’odiosa parola usata solo in questo paese che solo a sentirla fa sanguinare le orecchie, intendo “fiction”, (come se tutto quello che viene prodotto per le sale sia “cinema verità”!) un tempo prima ancora di quell’altro neologismo ingenuo coniato dai boomers, cioè la parola “telefilm”, un tempo in cui la televisione era solo quella di Stato, neanche RaiUno, ma il Primo Canale e via così. Era il tempo degli Sceneggiati. Un tempo dove a fare la televisione si cimentavano gli intellettuali. Non parlo degli Sgarbi e dei Fusaro e di altri filosofi d’accatto e di critici trasportati in condizioni critiche, ma di gente come De Filippo, Zavattini e poeti come Giuseppe Ungaretti. Lo so che non ci credete, ma era così. C’era il servizio pubblico e c’era proprio un modo diverso di fare tv per un mondo diverso!
Il 1968 è un anno spartiacque per il mondo perché prende corpo la contestazione studentesca e la protesta giovanile nel mondo. In quell’anno la Rai mandò in onda una sua trasposizione dell’Odissea di Omero. Ulisse nelle sue peregrinazioni per tornare dall’amata sposa Penelope e alla natale Itaca. Se pensate che i volti degli eroi omerici siano simili a quelli visti nella versione colossal – patinata hollywoodiana di Wolfgang Petersen “Troy”, dove l’eroe greco omerico per eccellenza Achille aveva i ciuffi biondi di Brad Pitt, siete parecchio lontano. Qui Ulisse, il simbolo dell’intelligenza e della scaltrezza, colui che Dante Alighieri a malincuore mette all’Inferno nella sua Còmedia, ha il volto bruno e balcanico di Bekim Fehmiu, albanese, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Belgrado che aveva recitato con importanti attori e registi jugoslavi, europei e americani. Anche per Penelope si pensò ad un viso fortemente evocativo, oltre che ad un’attrice di grandissime capacità interpretative, è la scelta ricadde su Irene Papas, greca, molto conosciuta dal cinema italiano ed europeo, soprattutto dagli autori: uno dei suoi più grandi ammiratori era il genio di Federico Fellini. Ogni puntata veniva introdotta da alcuni versi del poema omerico letti da una voce fuori campo, la voce che era quella di Giuseppe Ungaretti, uno dei più importanti rappresentanti della poesia italiana del secondo Novecento, che viene studiato in tutte le scuole del nostro paese e non solo. La regia di questa coproduzione internazionale, di cui il nostro paese era capo-progetto, era affidata a Franco Rossi, insieme a Pietro Schiavazappa e Mario Bava.
Non è facile realizzare un’opera del genere, si dovrebbe usare il termine di impresa, anche perché il ricordo che ha lasciato in chi la vide allora e successivamente – venne ritrasmessa in orari differenti varie volte durante negli anni settanta – fu forte e molto positivo, tanto che viene considerato un bellissimo esempio non solo di serialità, ma proprio di trasposizione. La versione cinematografica dell’Odissea si articola, come il poema omerico, in due tronconi. Nel primo, il ritorno del reduce, l’ambientazione è Itaca, i personaggi sono Ulisse, suo figlio Telemaco, Penelope e i Proci ed è sicuramente la parte più realistica delle vicende dell’eroe omerico.
L’altro troncone si configura invece come un “grosso inserto fantastico”, raccontando tutte le varie vicissitudini, le peregrinazioni e gli ostacoli che incontra Ulisse nel suo viaggio che lui stesso racconta ad Alcinoo, re dei Feaci. Franco Rossi disse in proposito: “Per quanto riguarda la parte realistica, è stato più facile cercare attraverso un’elaborazione e uno studio di tutti i suggerimenti omerici per tentare una ricostruzione dell’ambiente dell’epoca e dei luoghi: la Grecia del 2000 a.C., Itaca. Per la parte fantastica, lì la fantasia è libera. Ci siamo basati su suggerimenti arrivati da più parti, da varie fonti letterarie e saggistiche per ricostruire uno scenario più storicamente attendibile”. Il concetto di realismo e storicamente attendibile non he hanno comunque sminuito la forte fascinazione dell’opera né del risultato ottenuto. Ulisse è uno di quelle icone che sono andati oltre la stessa letteratura e l’immaginario di ogni tempo, riuscendo a disancorarsi dall’opera stessa. All’inizio la scelta di Franco Rossi non fu compresa pienamente, ma a posteriori fu molto felice. Uno dei motivi forti era che oltre che alle sue capacità di regia Rossi era un incredibile direttore del doppiaggio e del suono, lo fu per Fellini ed anche per produzioni internazionali come Ritorno al Futuro, requisito molto importante visto che il cast era multilingue e soprattutto c’era una forte importanza del suono. La sceneggiatura venne affidata ad un lavoro collettivo, come capita quasi sempre nelle grandi produzioni, inoltre si scelse di non far parlare gli attori in versi. Fu una scelta spiegata dal delegato di produzione Rai Vittorio Bonicelli per aumentarne il realismo narrativo: “No, non parlano in versi. […] Ma, se Ulisse lancia una freccia, è una vera freccia che lancia; Se Ulisse incontra una maga, è una maga. Ma è una maga nella dimensione di chi ha scritto il poema, circa 3000 anni fa. Alla fine tutto ciò che risulta sullo schermo è autentico e vero!” Oggi è completamente disponibile sulla piattaforma di Raiplay, cavallo compreso.