Dracma: la sfida del teatro contemporaneo

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“Qual è l’uomo più felice, colui che ha sfidato la tempesta della vita ed ha vissuto o chi è rimasto saldamente a terra ed è semplicemente esistito?” Questa citazione di uno scrittore straordinario come Hunter S. Thompson, conosciuto nel mondo almeno per il film Paura e Delirio a Las Vegas con Johnny Depp, mi viene in mente dopo che ho terminato la conversazione con Andrea Naso, direttore della compagnia teatrale DRACMA che ha sede a Polistena e che nel 2022 ha avuto dal Ministero della Cultura il riconoscimento come Organismo di Programmazione Teatrale. La sfida che Andrea ed il suo equipaggio portano avanti è quella del teatro contemporaneo, oltre i classici, ma anche oltre quello vernacolare e dialettale, che a volte sembra essere l’unico esistente a certe latitudini. Una sfida emozionante che vede per il 2023 un cartellone ricchissimo di spettacoli di altissimo livello con nomi come importanti del teatro italiano e giovanissimi artisti già affermati si stanno avvicendando con spettacoli riconosciuti e apprezzati dalla critica nazionale e dal grande pubblico. Sul palcoscenico di Polistena trovano spazio Premi Ubu (il riconoscimento più importante del teatro italiano) come Mariano Dammacco e Serena Balivo (“La buona educazione”, in programma il 31 marzo); il Premio Verso Sud 2022 della giovane drammaturga e regista calabrese Elvira Scorza (“Tutta colpa di Ugo”, il 15 aprile). E non mancano i nomi storici, conosciuti e apprezzati dal grande pubblico, come Gianmarco Tognazzi (“L’onesto fantasma”, il 25 febbraio), Peppe Barra (“Non c’è niente da ridere”, il 24 marzo) e “mostri sacri” del teatro nazionale come Massimo Verdastro (“Eros e Priapo – Il libro delle furie”). Basterebbe solo questo per dare più attenzione a Dracma ma a loro non basta.

E un bel po’ di tempo che voi state portando avanti la sfida del teatro contemporaneo, vero?

Sfida è il termine giusto e la portiamo avanti da quando siamo nati come compagnia. Il riconoscimento del Ministero l’abbiamo accolto con soddisfazione, quasi con commozione, perché avere risonanza su scala nazionale quando sei a Polistena sembra un miracolo. Come attore e regista di teatro lavorando in certi territori ti rendi conto da subito che, ancor più in Calabria, la necessità più urgente, è quella di formare il pubblico e lo formi attraverso gli spettacoli teatrali differenti rispetto a quelli che ci sono stati precedentemente, attraverso la programmazione,  attraverso i laboratori, attraverso quindi la didattica. E noi abbiamo fatto entrambe le cose sulla programmazione, abbiamo insistito tutti gli anni anche senza soldi. Ora come organismo di programmazione e con le residenze teatrali, un po’ economia, un sostegno, siamo sempre riusciti a fare cartelloni dignitosi con programmazione alternativa rispetto a quello che si vede in giro in Calabria. Quest’anno molti colleghi mi hanno detto da tutta in Italia che la nostra è una programmazione che ormai neanche nella grande città si riesce a vedere.

 

Mi colpisce il vostro teatro che si unisce alla performance unendo ed utilizzando tanti linguaggi diversi. Mi sembra una scelta fortemente voluta e consapevole, vero?

La diversità, il sincretismo, le contaminazioni come dicevamo prima sono fondamentali, perché La diversità è una cosa fondamentale nella vita. Certo, il teatro è parola, ma non solo, è usare linguaggi differenti ci aiuta a recuperare una parte di pubblico che precedentemente abbiamo perso, che sono i giovani. Dobbiamo usare i loro linguaggi per cambiare la narrazione e raccontargli il mondo contemporaneo, anche col coinvolgimento attivo nella performance. Noi abbiamo fatto pure questo. Cioè il pubblico in diverse operazioni nostre. Quest’anno sono stati e saranno ancora nei prossimi spettacoli. Sarà coinvolto attivamente nella performance e questo adesso attrae tantissimo, affascina e questo l’ho fatto anche con la speranza di avvicinare il mondo della scuola con laboratori per giovani ma anche giovanissimi. A volte però ci scontriamo con mentalità del passato, nonostante abbiano anche gli strumenti legislativi, come la Carte delle Arti,  non vogliono neanche provare esperienze come queste che invece sono di crescita importante per noi, ma soprattutto per i ragazzi, per comprendere la contemporaneità.

 

La narrazione della contemporaneità è il tema fondamentale, ma anche la contaminazione. Spesso ci si rinchiude nel proprio guscio mentre so che voi con le residenze ed altri progetti siete disposti a lasciarvi “contaminare”. Questo mi sembra importante perché per Dracma l’importante non è Stare al Sud, ma Essere al Sud.

Hai inquadrato perfettamente la situazione. Noi siamo tutti, in Dracma persone, artisti e professionisti di ritorno che abbiamo fatto esperienze fuori e abbiamo sentito il bisogno, la necessità di tornare, a narrare la nostra terra, la Calabria è presente in tutte le nostre produzioni, è fortemente presente. “Le residenze” sono uno strumento importante: gli artisti vengono qui e si inseriscono, vivono e si lasciano contagiare e contaminano la loro ricerca artistica con quello che hanno preso qui. Inoltre stiamo lavorando per costituire delle borse per degli scrittori di teatro con Stati Uniti e Canada, rivolte ad italiani di seconda-terza generazione che poi verranno qui per una residenza, quindi finanziati, allo scopo di scrivere un testo teatrale da produrre.

Shakespeare diceva che tutto il mondo è un palcoscenico, ma qui un palcoscenico diventa la porta per tutto il mondo. Io credo che il bardo immortale amerebbe gli sforzi ed il lavoro che Andrea Naso ed i suoi fanno per “contaminare” la Calabria con il resto del mondo, per raccontare la sua identità contemporanea con linguaggi e narrazioni che mostrino quello che c’è ed ancora non si riesce a raccontare.