SHOGUN: COL GIAPPONE SIAMO VICINI AL CAPOLAVORO

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Shōgun è una produzione che mira alla perfezione e ci avvicina molto lasciando un’impronta su ogni spettatore anche quelli che non sono tanto amanti dell’estremo oriente. Versione aggiornata del romanzo omonimo di James Clavell prodotta da Fx e distribuita in Italia da Disney+, la miniserie è un’appassionante ed epica combinazione di avventura, azione e politica con un tocco di romance che non guasta mai. Una narrazione maestosa accosta con ispirato ardire le scene di violenza più cruente a quelle di lirismo più toccanti per raccontare la cultura, la filosofia e la storia del Giappone feudale del XVII secolo.

Temeraria e pacatamente composta al tempo stesso, Shōgun introduce sé stessa con la falsa premessa di un’avventura picaresca: il suo protagonista, John Blackthorne (Cosmo Jarvis) è un marinaio inglese scaltro in cerca di bottini in viaggio sulla nave mercantile armata olandese Erasmus. Il destino gli offre un futuro totalmente inaspettato quando, alla deriva sulle sponde del villaggio giapponese Anjiro con la sua ciurma, viene preso prigioniero dal sadico Kashigi Yabushige (Tadanobu Asano), affiliato del saggio daimyō Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada). Blackthorne, subito ribattezzato “anjin” (pilota) per la sua occupazione sulla nave, si confronta con la dilagante presenza dei portoghesi cattolici, furbi e influenti. Toranaga, intuendo l’importanza di avere dalla sua un europeo protestante a conoscenza di fatti e della cultura occidentali, lo coinvolge nei suoi intrighi politici, che lo vedono rivaleggiare con gli altri signori a cui è affidato il governo di Edo. Tra costoro figura Ishido Kazunari (Takehiro Hira), l’acerrimo avversario che mira a spodestarlo, timoroso che Toranaga prenda il potere diventando il predestinato Shōgun, il generale protettore del paese. Blackthorne, coadiuvato dalla nobile Lady Mariko (Anna Sawaii), la traduttrice di fede cattolica incaricata di introdurlo alla cultura locale, si adatta incredibilmente in fretta a usi e costumi locali, rimanendo profondamente colpito dal senso dell’onore che pervade i signori, i samurai e le loro compagne che lo circondano, di contro alla mancanza di valori con cui è cresciuto. Rispetto al celebre adattamento del 1980 del romanzo di Clavell, che vedeva al posto di Sanada e Jarvis Toshiro Mifune e Richard Chamberlain, i produttori di questa versione, Justin Marks e Rachel Kondo, concentrano l’osservazione, fornita dal punto di vista di Blackthorne, sui personaggi dello scaltro e acuto signore Toranaga che ne ha fatto la sua pedina riluttante, e su Mariko, la nobildonna per la quale nutre un amore impossibile. Quella di Shōgun è una panoramica suggestiva e approfondita sulla cultura nipponica di un’epoca dove una morte onorevole era più importante della vita, dove un sistema complicato e sublime di codici informava uno stile di vita tanto nobilmente condotto da rendere ciascuna esistenza l’esemplare messa in atto di una filosofia maestosamente rigida che vedeva la sua massima espressione nel senso del dovere, nel sacrificio e nella feticizzazione della morte eroica. Il kaizoku (pirata) Blackthorne, rimane affascinato dall’interpretazione di shukumei (destino) che domina la condotta delle persone con cui viene a contatto. Specialmente Mariko, purissima manifestazione di questa filosofia che tocca la sua vetta in un dialogo emozionante e di algido lirismo tra i due culminante nella spiegazione dello stato mentale dello “scomparire dentro sé stessi”.

La Sawaii, che già ha brillato in Pachinko e in Monarch: Legacy of Monsters fornisce una splendida interpretazione della pacata donna amata da Blackthorne. Tirando le somme, Shōgun è una serie strutturata ed equilibrata, emozionante e intellettuale, uno dei pochi successi annunciati recenti con un cast prestigioso e di un ingente budget che non delude. Composta da un totale di dieci puntate, Shogun è un’imponente produzione televisiva di quelle diventate possibili solo dopo il successo di Game of Thrones: un cast ampissimo, in questo caso quasi esclusivamente giapponese, un budget importante – si parla di 250 milioni di dollari ma è già la serie internazionale più costosa di sempre per il network – e una star di livello mondiale, Hiroyuki Sanada, come produttore dietro le quinte e co-protagonista nello schermo. Sanada ha indirizzato i produttori verso un tipo di narrazione teso a evitare gli errori commessi da Hollywood con le storie giapponesi, ha svelato che per lui era indispensabile che attori giapponesi venissero ingaggiati per ruoli giapponesi nello show. Hiroyuki Sanada è ormai una garanzia, specialmente se chiamato ad indossare armatura da samurai e katana. Nei panni di Toranaga, Sanada è un gigante che irradia una calma regalità e un’immensa forza interiore. Nel cast si distinguono anche l’eccentrico Tadanobu Asano di Ichi the Killer e Zatoichi (è anche nei film su Thor), nei panni dell’intrigante Yabushige, e la giovane Moeka Hoshi in quelli della vedova Usami Fuji. Particolarmente riuscita è poi la rappresentazione del rapporto tra Blackthorne e Lady Mariko, tutta basata sulla centralità della lingua, del parlato, e del valore che le parole hanno per contenere (provare a comprendere) il significato del mondo.