La Creatura di Gyeongseong: un horror-melò che arriva sulla cima dell’onda coreana.

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Dalla Corea con Orrore, ecco che arriva La Creatura di Gyeongseong su Netflix, forte di un’attesa non da nulla per la speranza di trovarsi di fronte ad un altro gustoso prodotto di quella scuola cinematografica, che nell’ultimo decennio ha portato rinnovamento e creatività a piene mani. Questo mix di genere ambientato nella Corea del 1945, è tanto creativo quanto accessibile, degno erede di altri show e film coreani che abbiamo amato follemente nel passato, proprio come Parasite di Bong Joon-Ho, che ha vinto nel 2019 ben quattro oscar. Lo citiamo non solo per il suo valore ma perché ancora scossi dal suicidio di uno dei suoi protagonisti, Lee Sun-kyun, pare perché accusato di consumo di stupefacenti. Ancora una volta la pressione sociale ha colpito ancora – oltre la quella governativa – e c’è ancora chi crede che le storie dello schermo, e dei social – diciamolo – siano una realtà afferente la vita di tutti noi e di tutti i giorni. Torniamo al mostro. Anzi ai mostri.

La Creatura di Gyeongseong è ambientato nell’allora capitale della Corea occupata dai soldati giapponesi nel 1945, oggi meglio nota a tutti come Seul. Erano tempi difficili, per la diffusa povertà, l’incertezza della guerra, ma soprattutto il pugno di ferro con cui il Giappone trattava i cittadini coreani. Ed è in un contesto del genere che facciamo la conoscenza di Jang Tae-sang (Park Seo-jun), un dandy arrivista, affascinante e furbissimo, per quanto a volte fin troppo audace. Padrone del banco dei pegni più importante della città, è come altri insospettito da ciò che succede nell’Ospedale giapponese, dove moltissime persone sono scomparse senza far più ritorno. Proprio per far luce su questo mistero, Jang infine deciderà di avvalersi dell’abilità dei “segugi”, detective di strada nemici dell’occupante giapponese, tra cui brilla l’abilissima e affascinante Yoon Chae-ok (Han So-hee). Messa insieme una sorta di banda, i due cercheranno di infiltrarsi nella base. Non possono immaginare che da tempo gli scienziati ed i militari giapponesi stiano conducendo esperimenti terrificanti nel paese, e che ora ciò che hanno ottenuto è un mostro, sulla cui natura e poteri, non è ancora chiaro quale siano limiti e possibilità.

La Creatura di Gyeongseong porta la firma di Kang Eun-kyung, veterano del cinema e televisione coreani, mentre invece per Jeong Dong-yun, che dirigerà la seconda parte della serei, è la prima, vera, occasione di primo piano. Eppure, l’insieme riesce ad essere intrigante, capace di spaziare verso qualsiasi atmosfera, di omaggiare i grandi maestri del passato.

Allo stesso modo, La Creatura di Gyeongseong sa porsi come un racconto innovativo per ciò che riguarda la già feconda produzione horror e di genere coreana. Per quanto privo di un budget faraonico, non delude neppure dal punto di vista visivo, con riuscitissimi omaggi a La Cosa di John Carpenter e i vari epigoni che negli anni ’80 e ’90, resero il body horror un genere a dir poco iconico, soprattutto per la ricchezza tematica. Rimane forse qualche riserva sulla volontà di avere una costante alternanza di tono, di unirsi al melò ove possibile, ma ciò non avviene mai con malagrazia, divenendo così un contenitore trasversale davvero interessante e da vedere.

La Creatura di Gyeongseong abbraccia in tutto e per tutto il tema del doppio e lo fa anche stilisticamente. C’è un alternarsi continuo tra giorno e notte, il sopra e il sotto, quasi come volesse ricreare il contrasto tra Terra ed Ade, Inferno e mondo terreno. Questa suggestione viene alimentata anche da una fotografia spesso dai colori pastello, quando si tratta di seguire Jang, Yoon e tutti gli altri, piccoli furfanti o idealisti decisi a vederci chiaro su ciò che sta succedendo nella base giapponese. Poi ecco che si va in profondità, negli inferi creati dalle menti malate di ufficiali e ricercatori nipponici, attorno a cui la serie crea un recupero della memoria della famigerata Unità 731, che si rese responsabile di ogni possibile efferatezza in tutta l’Asia e il Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale, nei confronti di più di 3000 persone, in nome di una sperimentazione in campo batteriologico e chimico che qui, crea infine una mostruosità quasi biblica.

La Creatura con cui abbiamo a che fare è familiare come iter di nascita, riporta in mente molto il mondo videoludico di Resident Evil, ma anche un anime giapponese meraviglioso come Neon Genesis Evangelion, con i suoi mostri. Non si ferma, però, ed ecco che Carpenter, Cronenberg e pure Lovecraft fanno capolino per chi li conosce. Tuttavia, La Creatura di Gyeongseong è anche capace di stupirci con i suoi personaggi, visto che tutti, anche i secondari, hanno una storia, un movente, un motivo per entrare dentro quel centro esperimenti, che diventerà teatro di un orrore di altissima caratura. Naturalmente la Creatura non è il vero mostro, lo sappiamo bene: lo sono gli uomini, come nel più classico dei racconti dell’orrore moderno, ed in questo la serie si connette molto anche al Frankenstein di Mary Shelley, il prometeo moderno, come recita il titolo completo del film.

Permane, alla fine della visione, anche una sensazione di grande disagio, perché al netto della fantasia, eventi del genere per anni in Asia, sotto l’egida giapponese, furono la segreta ma drammatica normalità, rimasta purtroppo impunita. Diretto con mano sicura anche nelle scene d’azione, ha nei due protagonisti principali anche una elegante variazione ed assieme omaggio ai cliché del genere adventure e del noir. Nonostante il ritmo, più lento rispetto ai nostri standard, e a certe scelte un po’ prevedibili, siamo di fronte ad un prodotto da vedere assolutamente. In attesa della seconda parte.