Lezioni di chimica e Lezioni di femminismo

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Anche se siamo da qualche giorno nel 2024 è bene voltarsi ancora all’anno passato per vedere quelle serie tv che abbiamo, diciamo, “perso”, oppure che ci siamo attardati a guardare con gli occhi occupati da altre valide – o anche meno – produzioni. Su Apple TV+ si può, consideratelo quasi un must se amate le serie drama e siete interessati ai personaggi femminili ben costruiti, recuperare “Lezioni di chimica”, miniserie tv di 8 episodi con protagonista Brie Larson, attrice Premio Oscar nel 2015 per Room. La serie è tratta dall’omonimo romanzo d’esordio scritto nel 2022 dall’allora sessantacinquenne Bonnie Garmus, ed è ambientata negli Stati Uniti degli anni ’50 e ’60.

Elizabeth Zott (Brie Larson) è una tecnica di laboratorio all’istituto di ricerca Hastings. Non ha il dottorato (per un motivo che sarà spiegato), ed è una donna, quindi, sebbene sia una chimica brillante viene costantemente denigrata e trattata con sdegno dai colleghi uomini. Un giorno Elizabeth si introduce nel laboratorio di Calvin Evans (Lewis Pullman, già visto in Outer Range e Press Play), chimico tanto bravo – è grazie ai suoi premi che l’Hastings si tiene a galla – quanto misantropo, e sottrae dei becher per usarli nei suoi esperimenti. Calvin la scopre e la affronta, ma poi ci mette poco a rendersi conto di avere di fronte a sé una collega estremamente valida. I due iniziano a collaborare su un progetto di “abiogenesi” (la scienza che studia l’origine della vita) che si concentra sulla possibilità che la vita abbia origine dal DNA, ma dai flash forward che vediamo fin dall’inizio del primo episodio scopriamo che il futuro di Elizabeth sarà in tv, come conduttrice di uno show intitolato “Cena alle sei” (prodotto da un personaggio interpretato da Kevin Sussman, ovvero Stuart di The Big Bang Theory) in cui insegna alle donne come applicare le leggi della chimica in cucina. E qui ci fermiamo per non rivelare troppo.

Elizabeth non sorride, non ammicca, non seduce, “osa” indossare i pantaloni anche in pubblico e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Praticamente, tutto l’opposto di ciò che la società americana (e anche italiana) si attendeva in quegli anni da una donna, specialmente se lavorava in tv. E ogni volta che non abbassa la testa, ogni volta che si ribella al maschilismo imperante, ogni volta che non si fa relegare nel ruolo di donnina timorata e accondiscendente, viene spontaneo applaudirla, apprezzare il suo coraggio e dire “vai così Elizabeth!”.

Elizabeth non è mai, innanzitutto, nel luogo a lei congeniale o “adatto”: il mondo accademico non è ancora in grado di favorire le competenze di una studiosa di chimica, perciò impossibilitata a metterle a frutto in una ricerca dagli esiti rivoluzionari. È qui che Elizabeth si innamorerà, con fatica, con compromesso, dell’unico collega – il chimico Calvin Evans (Lewis Pullman) – che, riconoscendone le capacità, dovrà perciò riconoscere il gender gap in anticipo rispetto a tutti, e quindi mettendo in discussione per primo, e tragicamente, il suo posizionamento sociale. È da questo primo luogo del racconto che la serie è in grado, grazie a una scrittura brillante, di muoversi liberamente – dal punto di vista sociale, trasversalmente a quello temporale e a quello spaziale – anche su due altri livelli: il punto di vista femminile e quello maschile.

A differenza di altri prodotti dove, mettendo al centro il femminile troppe volte si ripropone un punto di vista del tutto maschile o traviato dalla precondizione di un personaggio attivo e di un personaggio passivo, in Lezioni di chimica la focalizzazione sul femminile diventa uno strumento per modellare il maschile, per esplorarlo. E contemporaneamente il femminile emerge dal maschile, dovendo abbattere barriere note – lavorative, relazionali, famigliari – accedendo anche ad altre sfumature solitamente dicotomiche e qui, finalmente, fluide (in primis scienza versus religione, ma anche privato e pubblico, personale e professionale). Queste migrazioni spaziali, che porteranno la protagonista dalla cattedra universitaria al bancone di una cucina televisiva, sono garantite dalla scelta temporale: siamo negli anni Cinquanta. E anche no: siamo nel prima, in un passato che ha definito determinati stereotipi, e nel dopo, nel nostro presente dove ancora gli stereotipi agiscono sulla costruzione di racconti letterari o audiovisivi. In ognuno dei terreni calpestati da questi personaggi di finzione ritroviamo un tempo del tutto reale, non realistico. I colori pastello che caratterizzano il decennio, la regia che non lascia nulla al caso, una sceneggiatura che non vuole stupire ma che osserva oggettivamente l’evolversi, nel secolo scorso e attuale, di una consapevolezza sociale e individuale, sono strumenti atti a rappresentare il vero soggetto di questo racconto. No, non si tratta di una “donna forte”, né tantomeno di un “uomo in crisi”; l’unico interessante e finalmente accettato protagonista dei nostri è il cambiamento.

La storia di questa serie è pregna di momenti drammatici, e ciò che a nostro avviso è il principale punto di forza di Lezioni di chimica sono appunto gli insegnamenti che si possono trarre dalle vicende e dalle parole della sua protagonista, che lotta e combatte per una società più giusta senza cedere ai compromessi e a qualunque abuso di potere. Insomma, Lezioni di chimica è l’ennesima grande serie di Apple TV+.