THE BUCCANEERS: MOLTO RUMORE PER INSTAGRAM?

Spread the love

 

Dall’Inghilterra all’America per poi tornare di nuovo nel Regno Unito: è questa la strada percorsa dalla nuova serie di Apple TV+, The Buccaneers, che ha tutta l’aria di essere un novello Bridgerton per la piattaforma streaming di Cupertino… Ma sarà davvero così? Non ci resta che scoprirlo.

The Buccaneers doveva essere il diciottesimo romanzo per Edith Wharton, tra le più grandi autrici di sempre e prima donna a ricevere il Premio Pulitzer nel 1921 con quel capolavoro che fu “L’Età dell’Innocenza”, divenuto un classico della cinematografia contemporanea dopo l’adattamento di Martin Scorsese e con un trio di star come Daniel Day Lewis, Michel Pfeiffer e Winona Ryder. Da non dimenticare anche un altro successo della Wharton, cioè Ethan From, divenuto anche questo una pellicola di successo diretta da John Madden, con Liam Neeson e Patricia Arquette.  Purtroppo, l’autrice morì poco prima di terminar The Bucaneers, ma delle diverse edizioni postume, Apple Tv+ ha creato una serie tv, che strizza l’occhio a Bridgerton ma cerca anche di superare questo limite recuperando elementi preziosi della narrativa di allora. Certamente non ci si deve aspettare una fedeltà ai canoni del period drama del diciannovesimo secolo né ai canoni più stretti della letteratura dell’epoca, piuttosto il tentativo di rincorrere una formula, quella di Bridgerton, che mescola più teen movie e love drama, con molta xtravaganza come direbbe qualche culture della sceneggiatura americana.
New York, 1870. Conchita Closson (Alisha Boe) ha convolato a nozze con Lord Richard Marable (Josh Dylan) nobile e altolocato rampollo dell’aristocrazia inglese, mentre lei, come le sue più care amiche Jinny (Imogen Waterhouse), Lizzy (Aubri Ibrag), Mabel (Josei Toath) e Nan St. Geroge (Kristine Froseth), appartiene alla nuova, rampante, ondata che si fa spazio nell’alta società americana. Tuttavia, nel nuovo mondo le cose non sono diverse dal vecchio continente e di conseguenza le ragazze sono emarginate e devono affrontare la prospettiva di matrimoni assai poco vantaggiosi. Perché allora non seguire Conchita paradossalmente al di là dell’Oceano, in Inghilterra, dove potranno cercare matrimoni all’altezza della loro ambizione e stringere nuovi legami, sfruttando l’ambita ricchezza delle loro famiglie? Tuttavia, l’impresa è tutt’altro che semplice, vista la differenza di mentalità e la naturale indole ribelle all’etichetta inglese che le ragazze dimostrano fin dall’inizio. Nan in particolare si dimostra ben poco collaborativa in tal senso, almeno fino a quando non farà la conoscenza del giovane Theo, Duca di Tintagel (Guy Rummers). Ma se invece il vero amore fosse diverso da quello che pensa? Se il costo fosse più alto?
The Buccaneers è stata creata da Katherine Jakeways, comica e sceneggiatrice britannica qui alle prese con un progetto molto ambizioso anche visivamente. The Buccaneers come nel pieno della tradizione del genere, è esteticamente valido. Costumi, scenografie, trucco, sono di prim’ordine. Come in Bridgerton, l’ucronia che non è patrimonio solo della sci-fi, si fa largo a passo di marcia, con un cast inclusivo al massimo con buona pace del realismo storico. Ma anche le interazioni sono rese sotto una luce moderna, il che alla lunga può onestamente togliere coerenza all’insieme. Non è una novità ma già basta per effettuare una prima scrematura a livello di pubblico: se hai amato L’Età dell’Innocenza di Scorsese, Orgoglio e Pregiudizio, Downton Abbey è difficile che ti possa piacere The Buccaneers. Al contrario se sei fan de La Regina Carlotta, Emily in Paris o la già citata Bridgerton, allora questa è la serie che fa per te.
Partiamo da un presupposto: The Buccaneers mira con precisione chirurgica al pubblico femminile, senza guardarsi indietro, soprattutto quello più giovane. Il che è la sua forza o un limite, dipende dai punti di vista, dal momento che è un fiorire di corteggiamenti, sguardi appassionati, dialoghi frizzanti e buone maniere che nascondono coltellate. Niente di nuovo sotto il sole. Riesce a dare un’idea della complessità di quell’ambiente, così come dello stridere tra visione americana e visione inglese, ma lo fa in modo onestamente a volte spiccio e anche troppo libero.

Molto brava la Froseth, che riesce a darci ciò che parte del cast non riesce sempre a plasmare: un personaggio trasversale. Buona la sua chimica con Rummers e Guy di Matthew Broome. In lei, nello sviluppo del suo personaggio e nelle interazioni tra quelli di Christina Hendricks, Adam James Fenella Woolgar e Simone Kirby si scorge molto non solo della semantica della Warthon, ma anche della Austen e della Alcott. Peccato che però poi tutto vada a cozzare con la modernità di sguardo scelta, coerentemente con il pubblico di riferimento. La descrizione con occhi femminili della realtà di un mondo dove le donne sono belle bambole senza una reale capacità decisionale non è poi molto innovativa e avvincente. Ciò che manca è la volontà di compiere un affondo feroce e andare oltre il dovuto omaggio al glamour, la dimensione patinata da Gossip Girl versione diciannovesimo secolo. Qui, però, come per Bridgerton, che è molto più divertente sotto certi aspetti, contano i bei fusti e le belle ragazze appassionate, i begli abiti e l’illusione di trovarsi in un passato non poi così male. Il mondo del 2023 mascherato da quello di fine ‘800? Ovvio. Tutto per cercare di essere instagrammabile per la Z Generation. Un’occasione sprecata? Non so, direi più tanto rumor per nulla, citando i classici.