BODIES: Un gioiello su Netflix assolutamente non solo da Nerd

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Fatevi questo regalo, innamoratevi di Bodies, perdetevi nei suoi cunicoli, nei suoi misteri, nel suo racconto affascinante e ambizioso. Fatelo perché di serie così belle, se pur con qualche imperfezione, non se ne vedono spesso e quando si ha davanti agli occhi un gioiellino, bisogna gustarselo dall’inizio alla fine.

Di serie così non se ne vedevano da tempo. Di storie in grado di accattivare così tanto, di trascinarci all’interno di un mondo di finzione pieno di misteri, colpi di scena, risvolti di trama così inaspettati da lasciarci senza parole. Serie costruite su più piani narrativi dove ogni piccolo dettaglio fa la differenza ed è in grado di collegare personaggi di diverse epoche. Storie dove passato, presente e futuro si mescolano per creare un tempo fluido, malleabile, reale ma allo stesso tempo immaginario. Era dai tempi di Dark e di 1899 che Netflix non creava un thriller psicologico di questo spessore, dove la distopia si mescola con il crime e dove nulla è davvero come sembra. Con Bodies, la nuova serie tratta dalla graphic novel di Si Spencer, Netflix è riuscita a farci tornare ai vecchi tempi del mondo seriale, quelli di Lost, di Dark, di Doctor Who, quelli in cui le serie tv a disposizione del pubblico erano poche ma tutte di altissima qualità e dove si era talmente catturati dalla storia da non poterne fare più a meno.

La serie è un po’ da nerd, ma non così nerd da richiedere un alto livello di nerditudine. Si può prendere la serie come un giallo e tollerarne serenamente l’eccentricità. Qualcuno è morto. Qualcuno è colpevole di questa morte. E probabilmente non è andata come avreste previsto.

Alla regia di Bodies ci sono il regista tedesco Marco Kreutzpaintner e la regista cinese Haolu Wang, una delle menti dietro il capolavoro Doctor Who e il lavoro che fanno con questo thriller distopico è non solo ottimo ma quasi eccezionale, se non fosse per qualche errore, non di trama, ma di ritmo a volte, che gli si perdona, anche se non si è sci-fi addicted di grande livello. Bodies racconta una storia ambientata in quattro epoche diverse. Abbiamo quattro detective, quattro linee temporali e un cadavere. Tutto qui? No! Dietro a quello che sembra un semplice omicidio a cui dovere trovare un colpevole si nasconde una storia fatta di viaggi nel tempo, futuri immaginari, psicologia, riflessioni sulla vita, sull’immortalità e un insieme di pezzi di puzzle mescolati da mettere insieme per creare un quadro complesso, avvincente, a tratti da brivido ma davvero spettacolare. Puzzle poi è una parola che ben descrive l’”oggetto”. Puzzle 3d o addirittura 4d.

La serie inizia nel presente, quando Shahara Hasan (Amaka Okafor), una poliziotta di Londra impegnata in un inseguimento a piedi durante una manifestazione di estrema destra, incappa in un cadavere a Longharvest Lane. Nel 1941, nella Londra devastata dalle bombe, un detective (Jacob Fortune-Lloyd’s Whiteman) riceve una misteriosa chiamata che lo indirizza a Longharvest Lane per ricevere un incarico. Lì, mentre infuria un acquazzone torrenziale, trova un cadavere. Nel 1890, un detective di Whitechapel (Hillinghead, interpretato da Kyle Soller) viene convocato in un vicolo di Longharvest Lane, dove trova – anche lui – un cadavere.

Per tutti è lo stesso cadavere, nudo. Ha una ferita da arma da fuoco all’occhio, ma non c’è traccia del proiettile. E ha uno strano segno, un glifo direbbero i cultori, tatuato sul polso. Nel futuro, nel 2053 in una Londra apparentemente controllata da un “comandante” che dice solo banalità (il grande Stephen Graham), l’elegante auto elettrica di una detective (Maplewood, intepretata da Shira Haas) va in tilt nei pressi di Longharvest Lane, dove troverà – ebbene sì – lo stesso cadavere.

 

Si tratta quindi di quattro detective su quattro diverse linee temporali, e di un cadavere. A collegarli una setta apocalittica, una tragedia indicibile avvenuta nel 2023 e un futuro in cui il progresso tecnologico e l’uguaglianza utopica si accompagnano a una forma di autocrazia che raramente è benigna.

Bodies. Shira Haas as DC Maplewood. Cr. Matt Towers/Netflix © 2023.

Ogni episodio di Bodies diventa una calamita per lo spettatore che viene lasciato con sempre più indizi ma allo stesso tempo sempre più vuoti da colmare in una storia che coinvolge, spaventa, emoziona ma, soprattutto, fa riflettere sulla vita e sui suoi valori più importanti. E ogni personaggio, in qualsiasi epoca si trovi è in grado di regalarsi al pubblico, di mostrarsi su più strati psicologici creando un racconto dove ciò che conta non è solo una trama ben studiata e i suoi colpi di scena ma anche l’evoluzione del personaggio, la sua struttura interiore fatta di paure, insicurezze, fragilità che viene mostrata con grande umanità e verità.

Bodies è una di quelle serie che arrivano di rado sulle piattaforme di streaming ma che, ancora prima del loro debutto, emanano una luce propria, un’aura di magia che poi, quando ci si immerge nella loro visione, viene sprigionata e diventa reale. I primi quattro episodi sono i più travolgenti e fanno entrare in una storia che, andando avanti, mostrerà qualche piccolo difetto ma non per questo perderà di qualità.

Se siete dei cultori dei paradossi dei viaggi nel tempo, probabilmente già a metà serie immaginerete dove la storia vada a parare. Ma anche se non siete appassionati, la serie riesce ad essere sempre chiara pur tessendo una trama frammentata e complicata. Quando Bodies si addentra nelle parti più assurde della storia, avrete abbastanza a cuore i personaggi e i loro sentimenti da rispondere alla domanda più importante – “I pezzi funzionano tutti?” – con una risposta conciliante: “Abbastanza”.