FUBAR: anche Schwarzy dentro una serie tv. Ma basta?

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Cosa vi viene in quando si dice la “prima volta”? Del resto, c’è sempre una prima volta per tutti e per tutto e non solo per il primo rapporto sessuale come sicuramente qualcuno ha pensato. Nel caso di Schwarzy, al secolo Arnold Schwarzenegger, il percorso professionale è costellato da tante prime volte. Ci sono quelle come bodybuilder tra gli anni Settanta e Ottanta che lo hanno portato a conquistare i titoli di Mister Olympia, Universo e Mondo. C’è quella nell’ormai lontano 1970, quando con lo pseudonimo di Arnold Strong nel film Ercole a New York prese ufficialmente il via la carriera cinematografica che lo ha reso famoso a livello planetario e una figura di riferimento dello star system hollywoodiano. E poi c’è quella nella politica che lo porterà sino all’elezione come 38° Governatore della California, carica che rivestirà per due mandati. Nel mezzo ovviamente la vita privata e tantissimi altri impegni su più fronti, a cominciare dalle innumerevoli iniziative a favore dei disabili e dell’ambiente. Eppure, anche se pare non si sia fatto mancare davvero nulla, qualcosa all’appello mancava e quel qualcosa riguarda il mestiere della recitazione, che, come è risaputo, può avere diverse espressioni a seconda della sua destinazione e fruizione. Quel qualcosa è la serialità televisiva. Si chiama Fubar ed è in onda su Netflix. Già, dopo centinaia di film per il grande schermo, alla veneranda età di 75 anni, Arnold Schwarzenegger ha deciso di misurarsi finalmente con il piccolo schermo. L’opportunità è arrivata con il progetto Fubar, la serie in otto episodi (da 50 minuti circa cadauno) creata da Nick Santora, disponibile dal 25 maggio 2023 su Netflix, con la grande N che nel frattempo lo ha pure nominato Chief Action Officer per promuovere lo show e tutti i progetti action messi in cantiere dalla piattaforma statunitense. La stessa che nelle prossime settimane accoglierà in catalogo anche una docu-serie incentrata sulla sua vita dal titolo Arnold. Un percorso che sembra ripercorrere quello di Stallone con Tulsa King su Paramount ed il reality sulla sua famiglia sulla stessa piattaforma.

Qui Arnold, interpreta Luke Brunner, un super agente della CIA in giro per il mondo e sull’orlo della pensione. La serie inizia quando Luke completa la sua ultima missione ad Anversa, compila la sua documentazione e appende al chiodo i suoi vari strumenti d’agente. Ma non puoi semplicemente andare in pensione se sei un super agente della CIA. Quindi, quando il suo capo Dot (Barbara Eve Harris), gli presenta un secondo ultimo incarico – un incarico che solo un tipo come Luke Brunner può gestire – lui accetta. E seguendo il suo codice morale, Luke non ha scelta. C’è un agente sul campo in Guyana in pericolo e la cui copertura potrebbe saltare, e spetta a Luke tirare fuori il suo collega prima che venga scoperto e ucciso.

Ma, colpo di scena immancabile, quell’agente è Emma (Monica Barbaro), la figlia di Luke, che è entrata nella CIA anni fa senza che nessuno lo sapesse. Lei sarebbe il loro agente migliore se suo padre non avesse già quel titolo. L’incontro sul campo coglie Emma e Luke di sorpresa, e compone la maggior parte della trama del primo episodio di “FUBAR”, mentre la coppia fatica ad uscire dal paese e sale in cima alla lista dei bersagli del trafficante d’armi e terrorista Boro Polonia (Gabriel Luna). Scopriamo che Boro è il figlio di un pazzo paramilitare che Luke ha fatto fuori decenni prima. Poiché Luke è un uomo di coscienza, ha pagato segretamente per far andare Boro nelle scuole di alto livello, ottimista che un’educazione di prim’ordine più l’esposizione a culture e persone provenienti da tutto il mondo, l’avrebbero messo su una strada migliore. Lezione imparata: l’ottimismo è per i perdenti. Boro è centrale in tutte le trame di “FUBAR”, ma la serie riguarda Luke ed Emma e il loro conflitto generazionale come padre e figlia. Luke ha molte opinioni su cosa Emma dovrebbe fare con la sua vita, incluso non stare con il suo attuale fidanzato, Carter (Jay Baruchel), un insegnante d’asilo nerd e dolce, che ama Emma con ogni molecola del suo corpo. Emma, a sua volta, ha anni di rancore accumulato per il fatto che Luke era sempre in “viaggio d’affari” durante la sua infanzia. Nel frattempo, Dot si aspetta che lavorino insieme per rintracciare Boro e alla fine metterlo fuori gioco. Se Boro guida la trama, allora la disfunzione dei Brunner guida l’umorismo, trasformando “FUBAR” in una sitcom con combattimenti intermittenti e inseguimenti per spezzare le gag comiche. Santora sa che il pubblico principale di Schwarzenegger è probabilmente composto da padri amanti del genere azione anni ’90, quindi costruisce saggiamente la serie con quel target in mente. Ed è normale che tutto questo suoni come un nuovo True Lies di James Cameron, anche se non dovete aspettarvi il risultato di quella bella action comedy riuscita. Al netto di un intrattenimento che soddisfa i palati non particolarmente esigenti, ossia disposti ad accontentarsi di quello che passa il convento e che atleticamente Schwarzenegger è in grado ancora di garantire sul piano action, Fubar si trascina tra alti e bassi come il suo protagonista, un agente segreto sul viale del tramonto interpretato da un settantenne che anche se arrugginito e invecchiato non ha nessuna intenzione di abbandonare le scene. Lo fa con il suo inseparabile sigaro chilometrico e con tutto il campionario di spari, inseguimenti, detonazioni e scazzottate che il buon Schwarzy ha deciso per l’occasione di rispolverare. Viene da ripensare nostalgicamente a un altro suo film degli anni Novanta, ossia a Last Action Hero. Ma quelli erano altri tempi e l’operazione nostalgia non sempre ottiene i risultati desiderati.