Stamattina, visto che in questi giorni non sto dormendo molto, ne approfitto per dire qualcosa sulle dichiarazioni fatte da Pietro Castellitto, figlio dell’attore/regista Sergio e della scrittrice Margaret Mazzantini. Da un’intervista a Sette è rimbalzata ovunque una solo ed unica frase, estrapolata e – per la natura del processo – decontestualizzata, che è diventata il titolo di molte brevi news su un mare di siti portali di informazione, blog e anche tanti media mainstream. La frase in questione è “CHI E’ CRESCIUTO A ROMA NORD HA FATTO IL VIETNAM”. Naturalmente si è scatenato un caos feroce forse peggio della questione di Stefano Fresi e dello spot promozionale sul parmigiano e Renatino. Anche quella una questione che è andata oltre il ridicolo.
Ci sono, però, parecchie cose che si dimenticano in questa faccenda.
O che non si vogliono vedere.
TACCANELLE BOOSTER ED IL MOSTRO DI ROMA NORD
PS. LA VERSIONE CHE STATE LEGGENDO E’ STATA CORRETTO. ERANO LE 5 DEL MATTINO E VISTA L’INSONNIA HO VOLUTO SCRIVERE. POI OGGI DOPO ESSERE ANDATO A PRANZO CON MIA MAMMA PER FESTEGGIARE LA DOSE BOOSTER DEL VACCINO HO RIPRESO IL POST IN MANO.
LE TACCANELLE ALLA SCOGLIERA FANNO RIFLETTERE. ANCHE SE MANGIATE ALL’INIZIO DELL’APPIA ANTICA E NON A ROMA NORD, DOVE COMUNQUE CI SONO OTTIMI RISTORANTI ASIATICI, SPECIE A BALDUINA.
MA CHE HA DETTO CASTELLITTO?
Il titolo non rispecchia affatto l’intera dichiarazione che non è neanche tutta l’intervista: “un mondo tremendamente delicato e crepuscolare. Un mondo dove i valori basilari dell’esistenza – voglia di potenza, di bellezza, di soldi e successo – sono ancora in voga. Dinamiche indicate come negative dal mio mondo di provenienza e da buona parte della società”. Poi Castellitto racconta ancora: “A scuola venni cacciato per aver sputato nel diario di una compagna. Lei mi tirò il cancellino sullo zaino, io le presi il diario, non sapendo ancora quanto fosse importante il diario per le ragazze” a quel punto ha raccontato di essere stato chiamato in presidenza dove ad attenderlo c’erano preside, vicepreside e professori disposti in semicerchio: “Negai di essere stato io, ma guardando molti crime mi prese la paranoia che avrebbero fatto fare il test del dna dello sputo, quindi precisai: “Io però quel diario l’ho toccato”.
Non ci siamo. Non mi sembra che il titolo che è stato fatto rispecchi le dichiarazioni che vengono dopo. Un classico titolo per prendere like, fatto male, che mostra quanto sia in crisi il giornalismo – poi non si lamentassero che i giornali non si leggono. Lo dico perché studio il linguaggio dei media, carta stampata compresa, collaboro con i giornali e ho imparato da tanti giornalisti cosa significa fare un titolo. Mi sembra tanto il meccanismo mostrato dal film Sbatti il mostro in Prima Pagina di Marco Bellocchio del 1972 con Gian Maria Volontè.
A mio avviso vista la ferocia dei commenti in rete la stragrande maggioranza delle gente o si è fermata al titolo o ha letto solo i commenti degli altri. D’altronde ormai è andato oltre anche il “gioco” televisivo di prendere i tweet più divertenti dei social. Un gioco che ha preso la mano e chi lo usava in maniera intelligente, ma sta scadendo nello stesso meccanismo ideologico dei finti influencer del GF che però contano su un esercito di chatbot prezzolati per aumentare le loro posizioni negli algoritmi.
Torniamo al MOSTRO DI ROMA NORD. Certo il ragazzo, Castellitto, non deve fare i conti per arrivare alla fine del mese come magari molte famiglie in altre zone della capitale. Però è anche vero che il resto della capitale o di altre zone d’Italia non stanno come i profughi in mezzo alla neve dietro il filo spinato fra Bielorussia e Polonia.
Dico bene?
NO, NON DICO BENE.
Ho applicato una semplificazione terribile di situazioni difficili in un paragone estremizzato che magari ha anche del vero, però è SEMPLIFICAZIONE, RIDUZIONE di Complessità e Difficoltà. Si chiama POPULISMO! Lo stesso populismo che molti attacchi feroci criticano ad altri che sono avversi alla loro parte politica.
Scusate ma leggendo solo l’intera dichiarazione di Pietro Castellitto vi sembra che sia cresciuto in un ambiente sano? La ferocia che ho letto sembra non perdonargli il fatto di aver avuto una vita facile per i soldi di famiglia e la carriera da attore. Ok. Io sono di Roma e sono cresciuto fra San Giovanni, Garbatella ed Eur. Lontano da Roma Nord. Un altro mondo si può dire, perché Roma sono decenni che non è più una città ma una conurbazione, l’insieme di quasi 7 città differenti, come affermano recentissimi studi di architettura ed antropologia. Conosco e frequento persone ed amici di Roma Nord. Economicamente tranquilli e benestanti. Conto casi di suicidio e depressione psichiatrica.
DA ROMA A NORD A RUVO DI PUGLIA
Ho notato che i commenti più feroci usati con gli hashtag #RomaNord e #Castellitto erano di persone che cercavano di consolidare i loro account su twitter. In termini di marketing la loro BRAND POSITION. Non credo consapevolmente come meccanismo, però l’intenzione c’è.
Recentemente a Ruvo di Puglia un ragazzo di 14 anni si è suicidato dopo aver preso un brutto voto. Tragico. Una cosa che lascia senza fiato.
E che facciamo ora? Diamo la colpa alla scuola, all’insegnante, alla famiglia, ai genitori, ai social? Io non posso neanche immaginare cosa ha significato per chi conosceva quel ragazzo il suo gesto. E meno che mai per l’insegnante che gli ha messo quel voto!
Perché naturalmente è scattato la solita caccia al responsabile, il processo, la caccia al nemico tipico di certi partiti politici italiani, ma non solo, specialmente di destra, ma non solo. Perché parlare di riduzione delle tasse in un paese dove da almeno 15 anni le nuove forme di lavoro sono contratti “atipici” e le partite iva non arrivano a fine mese e solo chi ha uno stipendio fisso può ottenere un mutuo per comprare casa non mi sembra un atto di lesa maestà!
Stiamo assistendo ad un meccanismo che è l’iperbole di tantissime trasmissioni tv nate molto prima dei social!
Torniamo alla tragedia di Ruvo di Puglia. Parlando con alcuni psicologi hanno evidenziato come da 40 anni gli schermi siano diventati un surrogato dei rapporti umani, dalla televisione agli smartphone. Un surrogato di genitori, famiglia e amici. E’ stata una lenta escalation che ha distrutto il senso di comunità specie negli ultimi 15 anni dove si vive in una competizione sempre più forzata e feroce. Tutto passa per una solitudine sempre più forte e la visibilità diventa l’unico modo per dimostrare la propria esistenza. E’ sano? Non mi sembra. Da molto tempo moltissimi operatori psichiatrici chiedono un aumento di presidi d’aiuto psichiatrico sul territorio. Ci sono leggi e fondi stanziati, ma spesso gli enti locali non li attivano.
Però anche questo ragionamento va integrato con un’altra informazione: la maggior parte dei ragazzi, una buona parte già alle elementari sarebbe propensa ad accettare un aiuto in quel senso, per poter parlare ed avere un supporto . La maggior parte delle famiglie non ne vuole sapere. E allora non basta dire che è sempre colpa della politica e basta, oppure dei social! Siamo soli ed impauriti, come ha mostrato anche Zerocalcare nella sua serie su Netflix ed invece di affrontare la questione ce la prendiamo col mondo in una apoteosi complottista che ci rende più incazzati e più feroci. Come dice Jung è più facile giudicare che pensare.
ODIO QUINDI ESISTO
Io su questo blog e sui canali social ho raccontato e racconto la mia malattia. Di critiche feroci, fino alle minacce ne ho avute e ne ho, e posso raccontare anche quelle subite da una cara amica, che vive una situazione molto difficile, che ha ricevute insulti e minacce di morte perché una rockstar del giornalismo italiano ha estrapolato una sua dichiarazione sui social da un discorso più ampio. Naturalmente chi fa così è sempre quello che più di tutti cita quella sola frase di Umberto Eco, che lo stesso semiologo torinese rettificò e completo per ben due volte. Ma a loro non interessa.
Comunque adesso parlo di me. Molte critiche mi vengono addosso perché in qualche selfie pubblicato – non ne faccio tanti perché non li amo molto anche perché non vengo bene – non si vede la sofferenza fisica. Vero. Sono anche in sovrappeso di una quindicina di chili. Inoltre dicono che “ragiono troppo bene” e sono intelligente per uno che ha avuto un tumore al cervello. Insomma bodyshaming e bullismo.
Io nella mia vita sono arrivato ad oltre 200 chili. Ho sofferto moltissimo, specialmente con me stesso. Avevo un rapporto di ossessione-dipendenza col cibo. Sono andato in psico-terapia ed ho affrontato diversi interventi chirurgici, fra cui un bypass intestinale, una pratica invasiva, che mi ha permesso di tornare ad un peso normale.
Poi, chi conosce la mia storia lo sa, non è stato tutto rose e fiori. Vivevo ancora di rancore ed ossessione, nonostante avessi molti amici e molte persone che mi amavano. Perché la ferocia maggiormente la rivolgevo contro me stesso. Maggiormente ma non solo. Un giorno di marzo sono svenuto. Ho scoperto il tumore al cervello, le metastasi, i mesi in ospedale, le lesioni che ho ancora, ed il disturbo neuropsichiatrico con cui sono nato o che si è sviluppato a pochi anni di età. LE MIE OSSESSIONI HANNO UNA NATURA ORGANICA. Non è carattere. IO PERO’ DA CHI MI HA MINACCIATO ED INSULTATO NON HO MAI RICEVUTO UNA PAROLA DI SCUSE. So chi sono e li vedo ancora che sono lì in rete che predicano ferocia. Sono in rete oggi ma prima sarebbero stati in tv, sui giornali, per strada, fra gruppi di persone. Il loro odio non ha molto effetto su di me. Ho passato molto tempo a maledirmi perché ero sopravvissuto e a desiderare di essere morto. Oggi sono felice di riuscire ancora a respirare in una giornata di sole o di pioggia, di sentire il vento che viene dal mare dritto in faccia, e di essere tornato a Roma dopo due interi anni di assenza per problemi di Covid e altre cose. A Roma la mia città.
CHI PERDE NON ESISTE
Queste persone che si comportano così Vivono con un principio mostruoso: ODIO QUINDI ESISTO. IL MIO ODIO E’ L’UNICA COSA CHE MI RENDE VISIBILE. Provate a guardare sul serio i meccanismi di molti programmi televisivi degli ultimi 30 anni e vi accorgerete di quanto la competizione è diventata sempre più cattiva ed esasperata.
CHI PERDE NON PERDE. CHI PERDE NON ESISTE.
Ognuno ha il suo Vietnam, non esiste il giusto o lo sbagliato, è il suo. Io non mi permetto di giudicare. Castellitto ha usato una frase infelice, non proprio adatta, ma l’uso che ne è stato fatto non dipende da lui, ma da noi. Invece di creare nemici ed emettere sentenze, cercare di comprendere, di capire i motivi, potrebbe aiutare. Soprattutto noi.