Stranger Things: overdose 80!

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Netflix rilascia Stranger Things e noi torniamo tutti ragazzini. Una serie tv in 8 parti dove s’incontra tutta l’epica nerd, da D&D a Tolkien, da E.T. di Spielberg a Grosso guaio a Chinatown di Carpenter, passando per qualche horror dei primi di Wes Craven, passando per tantissimi riferimenti. Io sono riusciti a vederli un paio di volte prima di scrivere  e ogni volta se ne trovano tantissmi che risalgono dalle sinapsi e dalle dita per i tiri di dadi fatti quando si giocava ai giochi ruolo – c’è chi gioca ancora. Il tutto confezionato dai Duffer Brothers, che hanno scritto alcuni episodi di una serie tv a mio avviso fallita, Wayward Pines, ma che stavolta hanno dato sfogo a uno stupendo calderone emotivo ludico che trascina dentro.

C’è il ritorno di Wynona Ryder, che iniziava la sua carriera sul finire degli anni ’80 con Beetlejuice. Poi ci sono le biciclette, sembrano proprio quelle di E.T., c’è una sequenza degli amici che camminano sui binari di un treno ed è l’immagine di Stand by me di Rob Reiner, tratta dal romanzo omonimo di Stephen King. Un consiglio, non guardatelo doppiato, perché si perdono molte cose, se non sapete l’inglese usate i sottotitoli, perché la ragazzina, una sorta di esperimento di laboratorio che si 11, con tanto di tatuaggio su un braccio, in italiano viene chiamata Undi (!!!), mentre in inglese diventa EL. Si capisce che la cosa non funziona.
Veniamo alla storia. Siamo a Hawkins, una fantomatica cittadina dell’Indiana che farà intorno ai 40.000 abitanti. Qui cresce un gruppo di ragazzini, frequentano le medie, che si vede chiaramente che saranno i futuri nerd: non sono popolari e gli piace la scienza e i giochi di ruolo. Siamo nel 1983, non c’è ancora stato lo shock da computer, soprattutto nei centri più piccoli, quindi è un florilegio di walkie-talkie e ricetrasmittenti, più conosciuti come  “baracchini”. In pochi anni gli home-computer avrebbero invaso le case di mezzo mondo. Dopo un’intera giornata passato a giocare insieme i ragazzi montano in sella alle loro bici, si dividono e poi uno di loro scompare. Qualche ora dopo appare invece una ragazzina dalla testa rasata che sul braccio ha tatuato il numero 11.  Non sappiamo se sia un’aliena oppure da dove venga, c’è il sospetto che tutto si nasconde nel titolo: stranger non è un comparativo, ma sta per straniero e sconosciuto. In realtà si tratta di una dimensione parallela, studiata da un fantomatico ente per l’energia, c’entra sempre il governo, come in ogni trama che si rispetti, visto che il fantomatico governo federale è sempre stato visto come “stranger thing”. Il cattivo, che è quello che ha tenuto 11 nei laboratori, ha i capelli platino bianchi, quasi a rappresentare lo scienziato pazzo, mentre sempre più un burocrate cattivo, che vuole ricercare un’arma contro i russi – siamo in piena guerra fredda. Ha il viso di Matthew Modine, una che è stato attore feticcio per Kubrick, Parker e Altman, praticamente la major league del cinema americano.
La trama mette in gioco altri personaggi, grazie al fratello e alla sorella di due dei ragazzini, questo perché negli Stati Uniti non potevi non parlare della “popolarità” nelle scuole, tema fondamentale che aiuterebbe a capire anche la politica delle elezioni. Però si riprendono le citazioni, quelle da IT, dai Goonies, da Carrie, pensate a 11 col vestitino rosa, anche da Elephant col personaggio di Jonathan Byers e la sua macchina fotografica. Alla fine siamo in un contest dove si cercano richiami e citazioni, non solo degli anni 80, come se i fratelli Duffer volessero mettere tutto e anche di più. Se la storia nella fase centrale perde un po’ di mordente, sul finale risale, grazie anche al personaggio dello sceriffo Hopper, David Harbour già visto in Newsroom.
Il Sottosopra, cioè l’altra dimensione, è uno specchio nero in cui abbiamo lasciato i mostri, i nostri fantasmi, i nostri incubi, che comunque stanno tentando di tornare anche nel nostro mondo, a mio avviso qui rivedo l’intenzione di Neil Gaiman nel romanzo Neverwhere, ma è solo un sapore, un’idea rispetto alla complessità del romanzo dello scrittore inglese.
Come finisce? Sapete come si dice: “tutti i salmi finiscono in gloria”, ma qui c’è un portone aperto alla seconda stagione. In rete circolano i rumours non su fare un sequel, ma quando andrà in onda! Stranger Things è costruito per avere una seconda stagione, quello che dobbiamo chiederci non è tanto la storia, ma quali saranno i riferimenti a cui attingere.