“Riporre la propria salvezza su qualcuno che non sia noi stessi è il più sicuro mezzo di correre alla propria perdita.” Le parole di Simone de Beauvoir mi servono da guida per iniziare a parlare di Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, lo spin-off tratto dall’universo di Tolkien, uno di quegli universi narrativi fantasy più amati di cui abbiamo parlato la precedentemente in occasione del lancio di House of the Dragon, spin-off di GOT-Game of Thrones. Lo so che in parecchi diranno “ma è solo una serie!” e magari hanno anche ragione, però quando si affrontano le cose io cerco di mettere onestà intellettuale, quel valore che se fosse coltivato, promosso ed usato da più persone garantirebbe, forse, una vita migliore nel mondo. E poi Tolkien e le sue opere sono di interesse per un paio di miliardi di persone. Ancora sicuri che sia da sottovalutare?
Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere è una serie tv, la prima, basata sulla saga fantasy di J.R.R. Tolkien Il Signore degli Anelli, non so se la più letta ma fra le più seguite quasi con uno spirito religioso, vista anche la complessità che possiede. Scritta da J.D. Payne e Patrick McKay e ambientata centinaia di anni prima delle avventure di Frodo e della Compagnia dell’Anello, l’adattamento porta per la prima volta sullo schermo le eroiche leggende della mitica Seconda Era della Terra di Mezzo. Siamo in un’era lontana in cui grandi poteri furono forgiati – anelli compresi – regni ascesero alla gloria e caddero in rovina, eroi furono messi alla prova e uno dei più grandi cattivi usciti dalla penna di Tolkien, Sauron, minacciò di far sprofondare tutto il mondo nell’oscurità. Partendo da un momento di relativa pace, seguiamo un gruppo di personaggi – alcuni già noti, altri nuovi – mentre si apprestano a fronteggiare il lungamente temuto ritorno del male nella Terra di Mezzo. Dalle più oscure profondità delle Montagne Nebbiose, alle maestose foreste della capitale elfica di Lindon, all’isola mozzafiato del regno di Númenor, fino agli angoli più remoti della mappa, questi regni e personaggi costruiranno un’eredità che sopravvivrà ben oltre il loro tempo. Morfydd Clark (His Dark Materials) interpreta una giovane Galadriel, comandante degli Eserciti del Nord e portatrice di uno degli Anelli del Potere, mentre Robert Aramayo (Il Trono di Spade) è il mezzelfo Elrond, il futuro fondatore del regno elfico di Gran Burrone e qui ritratto come un leader ambizioso. A loro si aggiungono Owain Arthur con il ruolo di Durin IV, principe del brulicante regno nanico di Khazad-dûm; Sophia Nomvete della principessa nana Disa; Ismael Cruz Córdova (Berlin Station) dell’elfo silvano Arondir; Nazanin Boniadi di Bronwyn, una guaritrice e madre single di Tirharad che con quest’ultimo condivide un amore proibito; Charlie Vickers (I Medici) di Halbrand, un umano in fuga dal proprio passato il cui destino è intrecciato con quello di Galadriel; Maxim Baldry (Strike Back) di Isildur, un navigatore destinato a diventare un guerriero e un re; Charles Edwards (The Crown) del fabbro elfico Celebrimbor; Lenny Henry (The Witcher: Blood Origin), Markella Kavenagh (Picnic at Hanging Rock) e Megan Richards degli hobbit Sadoc, Nori e Poppy; e Benjamin Walker (Jessica Jones) di Gil-galad, l’Alto Re elfico che governa il regno di Lindon.
Prima che il progetto iniziasse l’idea era quella di fare una serie tv da un altro importante caposaldo della produzione di Tolkien, Il Silmarillion, ma gli eredi hanno negati i diritti. La prima stagione de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere è stata girata in Nuova Zelanda, negli stessi luoghi dei film diretti da Peter Jackson. Successivamente, Amazon ha trasferito l’intera produzione nel Regno Unito, apparentemente per motivi economici, anche perché parliamo della serie tv con più alto budget. Lo stesso Peter Jackson è stato avvicinato da Amazon per discutere di un suo possibile coinvolgimento nel progetto. La trattativa o presunta tale non ha portato ad alcun risultato, sebbene il regista abbia detto poi che lui e i suoi partner di produzione avrebbero provato a leggere le sceneggiature, fornendo eventualmente le proprie note e, se necessario, il loro aiuto. In seguito, J.D. Payne e Patrick McKay sono stati assunti per scrivere la serie. Una scelta abbastanza improbabile.
Adesso dopo tantissimi particolari andiamo alle prime due puntate. Per me è un “che guardo dopo?”. Se guardo il panorama delle recensioni e giudizi passiamo da 0 a 10, bocciature dai fideisti di Tolkien agli entusiasti per la serie. Per me invece è un prodotto – dirò una parola che odio – carino. Bravi gli interpreti, specie Morfydd Clark nei panni di Galadriel, bella la regia e la fotografia. Assolutamente, però manca il meccanismo narrativo, cioè manca quello che sono riusciti a fare Jackson e la Boyens, sua moglie per la saga cinematografica. Non sto assolutamente dicendo che nessun altro oltre Jackson fosse in grado di realizzare un meccanismo narrativo all’altezza, ma la sua mancanza si sente e non si giustifica con una bella fotografia e dall’interpretazione. E’ un prodotto dove, per ora non è stato costruito il “cosa-come”. Quando io ho una materia narrativa – e che materia narrativa! – devo decidere da questo maremagnum “cosa” raccontare e “come” raccontarlo. Quello che sta riuscendo ad House of Dragon non sta riuscendo a Gli Anelli del Potere. Questo non vuol dire che sia da buttare. Si tratta di un prodotto che vedrò fino alla fine, ma che non diventa per me un appuntamento imprescindibile. Un peccato visto che sono un fan di Tolkien sin da ragazzo.
Spin-off, mica roba da ridere
Molto spesso non si capisce l’importanza di uno spin-off. Diciamo subito che una delle serie che ha segnato la storia della tv, e che oggi attraverso tre generazioni, è uno spin-ogg. Mork&Mindy è uno spin-off di Happy Days, dove l’alieno Robin Williams appariva ogni tanto. Better Call Saul, che oggi riceve giustamente tanti tributi e complimenti per come quanto è cresciuta, viene da un caposaldo del nostro tempo come Breaking Bad. Nel settore delle sit-com io consiglio di recuperare un gioiello come Frasier, le avventure di uno psichiatra radiofonico a New York, personaggio che era nel cast di un’altra pietra miliare della tv come Cin Cin. Da non perdere è The Good Fight, tratto da The Good Wife. Ben costruito e recitato che non fa mancare l’impronta forte che aveva dato Julianna Margulies nelle serie originale.