Capire. E’ una parola! Una battuta, neanche di gran livello che sottolinea quanto davvero questa sia una delle attività più importanti e quindi più difficili degli esseri. Umani? No, degli esseri viventi! Tutto ciò che esiste entra in relazione, in rapporto con altro, quindi deve capire e capirsi. Siamo pieni di fraintendimenti. Einstein disse: Si può dire che l’eterno mistero del mondo sia la sua comprensibilità. Il fatto che sia comprensibile è un miracolo. Capire e comprendere sono la sfida che abbiamo di fronte tutti i giorni, in ogni ambito. E che stiamo perdendo.
La perdiamo quando ci mettiamo a gridare per ogni misera e singola stronzata che ci sembra il più grave furto dell’universo mentre accanto sta succedendo veramente di peggio. Siamo proprio quelli che guardano il dito e non la luna. Perchè? Perché capire è difficile. Non difficile nel senso che serva chissà che scienza o preparazione, laurea, master o altro. Proprio il contrario.
Ieri ho raccontato del gufo che mi è entrato in casa di mattina presto. Erano le 6 e stavo andando ad innaffiare le piante e a prendere il caffè. Ho sentito il rumore delle ali nelle orecchie. All’inizio era nervoso e non sapevo che fare. Sicuramente era rimasto bloccato. Ho chiuso le porte e finalmente dopo un decina di minuti ha riguadagnato la via di fuga. Però io per 30 secondi l’ho fissato in quelle sue pupille gialle e mi ha perso di vedere paura, smarrimento, il desiderio di poter tornare da chi lo stesse cercando o aspettando. Alla fine c’è riuscito. Ci siamo riusciti. Sicuramente entrambi soddisfatti perché avevamo ottenuto il massimo risultato! In un certo senso abbiamo collaborato. Non mi sto dipingendo come un novello San Francesco d’Assisi, sto dicendo un’altra cosa: perché prima di gridare allo scandalo non ci fermiamo a guardare le cose.
Certe adesso qualcuno penserà al solito sermone sui migranti e tutto il resto. Molto di più! Perché le incomprensioni succedono prima di tutto con noi stessi e con le persone che ci stanno più vicino! Succedono perché non facciamo il minimo passo verso l’altro chiunque esso sia! Siamo abituati alla violenza nei rapporti, si parte da quella verbale e si arriva a quella fisica. Non ci vuole poi molti.
La malattia ha azzerato la mia memoria e con essa anche molte capacità. Io mi sono sentito un’analfabeta sentimentale per certi versi ed è terribile. Cosa vuol dire? Significa proprio “non capire” un gesto, né la sua portata. Significa non capire i sottintesi, le occhiate, il linguaggio del corpo e tutto quello che si accumula in tanti anni di esperienza.
Nel mio profilo Fb ho postato una splendida citazione di Diane Arbus, grande fotografa, che recita:
“L’amore comporta una combinazione peculiare insondabile di comprensione e di equivoco.”
Noi viviamo continuamente su questa linea d’ombra ed è lì che risieda la bellezza stessa del linguaggio. La sensazione che dà il momento della comprensione, del disvelamento, in cui riusciamo a comporre le intenzioni ed il significato di qualcosa. E’ un processo difficile che diamo per scontato, che ci sembra naturale. Però è lo stesso di quando studiate un’altra lingua e poi siete in grado di capirla, oppure di quando imparate meglio alcune funzioni del vostro nuovo giocattolo tecnologico, oppure di quando riuscite a vedere il sorriso sulla bocca di chi amate quando gli fate una tenerezza.
Ci sono momenti in cui invece nessuno vi può capire, perché non ci riuscite nemmeno voi. Lo so perché capitano anche a me. Capitano quei momenti in cui fatico tantissimo a decifrare le sensazioni che provo ed è uno schianto continuo perché non sai più come rapportarti con l’esterno! E allora appari duro, scostante, antipatico e anche molto peggio. In quei casi siamo dall’altra parte della linea, nei territori dell’equivoco e invece di gridare e prendermela col mondo intero preferisco ascoltarmi, preferisco provare ad entrare in contatto con me.
Un’altra frase che amo è di Picasso, pittore che adoro, ho un poster di lui in spiaggia con degli altri amici, era un’artista anche nella vita. La frase è: Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere.
Comprendere mi piace più di capire, perché mi dà l’idea di aprire le braccia, di accogliere, di non chiudersi. Basterebbe darci un’occhiata allo specchio a volte e vedere come ci muoviamo quando diamo pesanti giudizi su questione di cui davvero non sappiamo nulla se non quello che qualcuno ha letto da un altro che ha visto su Facebook. E questa sarebbe l’età dell’informazione! Magari se non fossimo così pigri potremmo davvero “comprendere” noi e gli altri.
Virgilio, quel poeta latino che ancora tutto il mondo studia, diceva: Si può essere stanchi di tutto, ma non di capire.
Alcuni chiederanno: perché? Perché viviamo! Perché non siamo esseri singoli in un universo. E anche se fossimo l’ultimo essere umano, non siamo mai soli, ci sono sempre alberi ed animali. Non siamo mai soli. Mai! Per questo dedicare tempo e risorse alla comprensione è necessario.
George Orwell disse: Forse non si desiderava tanto essere amati, quanto essere capiti.
Essere capiti vuol dire avere serenità, vuol dire avere tempo. Per poter provare a vivere. E ad amare. Ma il primo passo è comprendere se stessi, accettarsi ed abbracciarsi. Basta con il rancore, basta con la rabbia, basta con il giudizio verso di noi e gli altri. Soprattutto quelli che ci stanno più vicino, perché molto spesso nel giudicare gli altri senza appello non facciamo altro che puntare il dito contro aspetti di noi che odiamo e che non abbia il coraggio di dire. A volte anche noi ci sentiamo analfabeti sentimentali in una terra straniera che è il nostro io. Che fare? Chiedere aiuto. Chissà che può succedere. Magari ritrovare se stessi in una calda serata d’agosto. Quello è un passo.