Tom McCarthy e Gregg Araki alla regia di 13
Netflix si sta dando parecchio da fare e non solo per i Defenders. Ha rilasciato una nuova serie dal titolo 13 Reasons Why. La serie è tratta da un libro scritto da Jay Asher sugli adolescenti alle superiori alle prese coi difficili temi del bullismo, del cyberbullismo e della violenza sessuale. 13 episodi più un speciale alla fine di circa 30 minuti che parla dell’argomento, pesante e delicato, dando anche indicazioni sui possibili programmi di aiuto. Il risultato è ottimo, anche se richiede tempo e attenzione. Alcuni episodi sono stati girati da due registi di culto: Tom McCarthy, oscar per la sceneggiatura di Spotlight nel 2015, e Gregg Araki (Doom Generation e Mysterious Skin). Tra i produttori la giovane popstar Selena Gomez. Andando avanti c’è il rischio spoiler.E che c’entra una musicassetta? C’entra, visto che 7 cassette sono il testamento della protagonista che poi si suicida. Jay Asher ha scritto il libro una decina di anni fa quando i social network non avevano il peso di oggi, ecco perchè sceneggiatori e produttori lo hanno ambientato ai giorni nostri. Ho scritto che chiunque vorrà parlare di giovani in futuro dovrà confontarsi con 13 e lo ribadisco. Perchè? C’è il bullismo, il sesso, la violenza, il branco, sia maschile che femminile, ma soprattutto la spinta feroce al conformismo. Soprattutto non ci sono soluzioni facili e scorciatoie.
La protagonista nei panni di Hannah Baker è la ventenne australiana Katherine Langford, brava in un ruolo che a volte entra nella retorica, ma sa tirarsene fuori. L’altro protagonista, Clay Jensen, è Dylan Minette, ragazzo introverso e innamorato di Hannah, che arriverà anche ad incolparsi del suicidio della ragazza. Non è così. Perché i colpevoli sono tutti: il branco dei ragazzi che la considerano una “facile”, anche se non è vero e millantano di rapporti sessuali, le amiche – sarebbe meglio dire simili – perché di amicizie vere qui non ce ne sono, la scuola che non riesce mai ad intervenire, i genitori, distratti dai loro problemi, Hannah stessa, che non si confida con nessuno. Soprattutto il ragazzo che alla fine la stupra. Come sempre di buona famiglia.
Eppure Hannah è una ragazza come tante, molto carina, ma che fa le stesse cose di tante ragazze della sua età, prova a studiare, a scrivere poesie, sperimenta nuove cose, si interessa di ragazzi, dà anche un bacio ad una sua amica, la curiosità c’è sempre, insomma alla fine è una ragazza normale. Quando si usa un aggettivo come normale capisco possa far paura perché a quell’età regna la confusione e la voglia di sperimentare, ma se si oltrepassa una certa linea si viene marchiati. Hannah esce con un ragazzo della squadra di basket che le fa una foto sullo scivolo mentre sta scendendo. Un suo amico la posta a tutti i suoi contatti social e così viene considerata una “facile”, una che ci sta, anche se non è vero.
Non tutti i ragazzi hanno vita facile, sia il protagonista Clay, ma anche altri come Alex, che alla fine tenterà il suicidio, vivono la loro vita come un fallimento, cosa oggettivamente inverosimile visto che sono solo all’inizio della loro esistenza. Eppure chiunque sia stato un adolescente ha vissuto quella pressione e i social non l’hanno inventata, casomai l’hanno solamente aumentata. Eppure questo disagio aumentato diventa sempre più forte e nessuno riesce a trovare una risposta adeguata. Manca un’educazione sentimentale adeguata ai ragazzi, ma manca una preparazione altrettanto adeguata agli adulti che sono a contatto con loro. Si vive anche in un mondo che oramai non si pone neanche più il problema, con adulti che fingono di essere adolescenti.
La serie tv pare sia più forte del libro (non l’ho letto), dove il suicidio non viene mostrato, mentre in una puntata si vede la scena, straziante, in cui Hannah si immerge vestita nella vasca da bagno piena e poi con una lametta si incide con violenza le vene in senso verticale, il taglio più efficace. Poi entra la madre e la trova morta. Tutto questo viene raccontato da Hannah nelle cassette. Ambientarlo oggi significa cercare di indagare il fenomeno social, credo sia giusto, le cassette sono un retaggio, però vuol dire anche avere uno sguardo attento alla contemporaneità.
Secondo molti forum la serie indaga la psicologia dei personaggi meglio del libro ed è più crudele in certi passaggi, sono due le ragazze stuprate durante le puntate e dalla stessa persona. Alcuni dicono che hanno esagerato. Perchè? Non è forse vero che la violenza fa parte della nostra vita? Ne faceva parte anche prima, ma credo che vada mostrata nella sua crudezza, soprattutto emotiva, comunque non è mai raccapricciante nelle puntate, è fastidiosa, angosciante, ma non è mai fine a se stessa. Lo ha capito Selena Gomez, popstar di fama mondiale, le cui foto vengono hackerate in maniera pornografica, lo sa e ha deciso di essere uno dei produttori della serie e di essere testimonial per uno dei programmi di aiuto per adolescenti che ne sono derivati.
La Gomez, quando il progetto di 13 Reasons Why era solo un film, era stata scelta come interprete di Hannah, poi si è virato alla serie tv, ma lei è voluto rimanere nella produzione. Ci sono due suoi brani nella colonna sonora, che per il resto è un bellissimo tributo agli anni ’80, soprattutto new wave e punk. Quando si sente Killing Moon di Echo and the bunnymen un brivido passa sulla schiena, come per Love will tear us apart dei Joy Division e The Stand degli Alarm. Grandi pezzi ben scelti per i momenti della narrazione.
Non vado avanti nel parlare della trama perchè non è giusto, dico solo che all’inizio ho stupidamente snobbato la serie, che cresce invece per tutto il suo percorso arrivando al vertice finale in maniera esatta. 13 disturba ed è giusto che sia così, perchè vuol dire che l’argomento ci tocca. Siamo stati tutti adolescenti, con i nostri fastidi, i nostri dolori, forse siamo stati più fortunati di altri perchè abbiamo avuto anche le nostre gioie, eppure è davvero un età difficile. L’ultima cosa è la preghiera di non fare una seconda stagione, come lo scrittore vorrebbe, non ha senso.