Frank Underwood è sicuramente un candidato alle presidenziali americane 2016 più credibile rispetto a Donald Trump, come lo sarebbe la first lady Claire Underwood rispetto a Hillary Clinton. Attenzione non sto parlando di due grandi attori come Kevin Spacey e Robin Wright, ma proprio dei due personaggi usciti fuori dalla serie tv House of cards imperniata sulle vite della coppia presidenziale, gli Underwood, in crisi dalla fine della terza stagione, e ora separata in casa. Diciamo così. La quarta stagione è cominciata. Promette bene, ma ho imparato a diffidare delle promesse, come di certi articoli che tentano di mettere in cattiva luce la serialità televisiva.
Questo è il trailer che preferisco, soprattutto per questa distanza cercata fra le immagini e il discorso, che ancora una volta sottolinea, come se ce ne fosse ancora bisogno, ma pare di si, quanto il contrasto sia un elemento essenziale della narrazione. Contrasto su tutto, pensieri e parole, verità e menzogna, marito e moglie, ecc. Io una passione per la lunga serialità, non solo televisiva, eppure nel paradigma della produzione contemporanea è quella che meglio esprime il concetto di serialità. Per questo devo aprire una digressione.
L’altro giorno ho letto un post in merito pubblicato da L’inkiesta scritto da Andrea Coccia, che si intitolava Altro che nuova letteratura, le serie tv sono già finite. Se volete seguite il link, non è male, ma è contraddittorio. Scusate la digressione, ma ho bisogno di precisare alcuni punti. Nel nostro paese, ricco di creatività, spunti, riflessioni e compagnia cantando non abbiamo avuto una tradizione del romanzo ottocentesco, vedi feuilleton, come in Francia, Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Inoltre anche per motivazioni politiche c’è una pletora di intellettuali che odia tutto ciò che è legato alla televisivione, credendo che ancora Silvio Berlusconi sia vestito come Paperone e faccia il bagno negli euro. Linko un altro articolo, sempre de L’Inkiesta che dice: Il disastro Mediaset Premium e il triste declino delle tv di Berlusconi. Nonostante i proclami sulla distruzione della tv e sul successo totale senza precedenti del web questo non è avvenuto. Quello che è avvenuto è la vittoria dello schermo e lo dicevamo, io e i miei maestri e compagni di studio già agli inizi degli anni ’90. Un’ultima cosa: perché un libro è sempre meglio di una serie o di un documentario? Come direbbe Stanis di Boris: questo è molto italiano.
Torniamo agli Underwood. Non ho amato la terza stagione, però credo che questa separazione sia una delle poche strategie narrative possibili, forse la migliore, anche se poi viene mantenuta un’apparente unità della coppia. Non è da qui che gli Underwood provano una certa antipatia fra di loro, ma sono anche i custodi dei loro segreti più intimi. Alcuni commentatori politici a stelle e strisce hanno dichiarato che preferirebbero Frank Underwood a Donald Trump, e Underwood è anche repubblicano! Però Frank è un vero animale politico, forse il suo profilo potrebbe far pensare più a Bill Clinton, anche perchè Underwood è molto imitato.
Questo “siparietto” di Obama dovrebbe aiutare a capire l’importanza che una serie sul presidente USA ha per gli americani e su quanto conti la dimensione dello spettacolo nella politica americana, soprattutto in queste elezioni del 2016. Un sondaggio fatto alla fine del 2014 riportava che il presidente americano più amato è stato Ronald Reagan. Fra quindici anni diranno Barack Obama, ma non potevano perché era in carica. Potrebbero anche dire Frank Underwood
La campagna mediatica di lancio fatto di video e meme come se fosse davvero in corsa per le presidenziali è stata molto intelligente e pone l’accento sulla dimensione personale del candidato nelle democrazie anglosassoni, ma oramai anche in Europa e nel resto del mondo – Matteo Renzi è un figlio spurio di Frank, anche se lui potrebbe negarlo.
Interessante l’ingresso nel cast, come regular, di Neve Campbell, resta ancora da vedere, ma fa parte di quel fronte femminile che vuole dare del filo da torcere a Kevin Spacey. Prima c’era Kate Mara, poi uccisa sotto la metro, anche se in realtà fu una scelta dell’attrice quella di uscire dalla serie per essere la donna invisibile dell’ultima versione de I Fantastici 4 – una delle scelte più infelici visto il flop del film. Dello stesso fronte fa parte la suocera di Frank cioè la mamma di Claire, texana, anche qui ci sarebbe da dire su quanto conti il texas in chiave repubblicana e soprattutto anti – partito democratico. Non so se potrebbero arruolare Jackie Sharp, interpretata da Molly Parker, che aveva interpretato un cult dell’HBO come Deadwood, l’epopea western che nel 2017 tornerà in un film per il grande schermo.
Non sappiamo se alla fine Frank vincerà o meno, non è facile da dire, siamo ancora alle primarie, sembra un caso, ma non lo è. Chiudo facendo vedere un altro video con il miglior monologo di Underwood, a cui piace davvero parlare in macchina.