Sono finalmente riuscito a vedere l’ultima puntata di Leftovers – Svaniti nel nulla, il finale di serie. Una bellissima puntata che ha visto ritrovarsi i due protagonisti Kevin Garvey, interpretato da Justin Theroux, e Nora Durst, interpretata dalla bravissima Carrie Coon. Non aspettatevi una quarta stagione perché non ci sarà ed è giusto così, perché la conclusione è davvero incredibile, oltre le aspettative della serie tratta dal libro omonimo di Tom Perrotta, che insieme a Damon Lindelof, è il produttore esecutivo. Per chi non lo ricordasse Lindelof è l’enfant prodige che ha inventato e portato avanti una serie di culto come Lost.
Questo è il quarto post che scrivo su Leftovers, ho iniziato parlando della prima stagione e poi anche delle seconda chiamando la serie L’apocalisse lenta. Alcuni l’hanno trovata noiosa, altri l’hanno insultata, molti altri non l’hanno capita. Quale che sia la vostra opinione, che io rispetto, devo dire che io l’ho amato, anche più del libro e la presenza del suo scrittore come produttore esecutivo rende bene come l’evoluzione fosse condivisa, soprattutto quella dei personaggi.
Alla fine ognuno ha la sua risposta sui Leftovers, su questi residui. Io sono per la versione di Carrie Coon, cioè se è vero che noi abbiamo perso delle persone care, scomparse in un’altra dimensione, in quella dimensione hanno perso quasi tutti. Qui si gioca con la fisica, ma basta almeno leggero la pagina di wikipedia sulla m-theory, che combina la teoria delle superstringhe, per capire non che sia reale, ma che è possibile. Certo in un mondo di antivaccinisti è difficile far capire certe cose, però Leftovers non è l’unica serie che parla di superstringhe e multiverso, però tanto è sempre più facile credere a un complotto qualsiasi.
Torniamo alla serie. Oltre alla scrittura ci sono degli attori che in questa stagione si sono davvero superati, come Christopher Eccleston, il primo Doctor Who dell’era contemporanea, Scott Glenn, uno che ha lavorato con Altman e Coppola, e Ann Dowd, che ha lavorato per molte serie tv di successo e che qui era il capo dei Colpevoli Sopravvisuti. Ben diretti su delle ottime sceneggiature, soprattutto per i colpi di scena. Certo non è stata una serie facile, ma non era stata annunciata in questa maniera. Io penso che oggi le serie tv siano entrate in un campo dove sia possibile sperimentare narrativamente, soprattutto grazie alla diffusione delle piattaforme di streaming online. Qualcuno ha scritto che Sense 8, bella serie di Netflix, è stata chiusa perché era difficile. Però potevano aggiungere che costava 9 milioni di dollari a puntata e gli ascolti non erano tali da giustificare l’investimento, recitava il comunicato Netflix.
Comunque le ultime tre puntate di questa stagione sono state stupefacenti, soprattutto la penultima con la dialettica dove Kevin Garvey torna nell’alter ego dell’altra dimensione e deve uccidere il presidente degli Stati Uniti. Il presidente è sempre Kevin Garvey, solo che ha la barba. I missili nucleari vengono lanciati verso la Russia, l’attacco procurerà una rappresaglia e la successiva fine della vita sulla terra. I due, a sinistra nella foto, la vedranno, e l’immagine di loro che vedono i missili partire mi ha ricordato Fight Club, quando Edward Norton e Helena Bonham Carter guardano i palazzi crollare. Nel film c’era un desiderio di ricominciare dopo l’apocalisse, qui c’è solo il desiderio dell’apocalisse, soprattutto ben riassunto dalle parole di Scott Glenn quando suo figlio ritorna alla sua dimensione: And Now What? Quando ti levano la profezia, il complotto, tutte le stronzate sugli antivaccinisti e il terrapiattismo, cosa ti rimane?
L’ultima puntata è il finale perfetto di questo percorso in tre stagioni, quando Nora espone a Kevin quanto gli è successo e lui le dice che le crede. Lì sta la concezione dell’amore, tutta basata sulla fiducia, l’amore nel senso più largo possibile. La serie alla fine trattava di come dare una risposta al vuoto che si crea quando le persone a cui teniamo ci lasciano e la mente umana crea di tutto pur di trovare una risposta per lei soddisfacente. C’è una frase di Leftovers che sembra spiegare tutto: A volte una bugia è una verità futura che ancora non è stata inquadrata.
Adesso vi lascio con il video con cui Lindelof e Perrotta spiegano i loro punti di vista.