Su Sky sta andando in onda la seconda stagione di Wayward Pines, che lo scorsa anno era accreditato come titolo forte. La delusione è stata più forte – perdonate la ripetizione – nonostante il cast fosse di alto livello e dietro ci fosse uno come Shyamalan (Il Sesto Senso), che doveva rimediare ad alcuni insuccessi. Non pochi. La Fox aveva deciso di chiudere la serie, ma nessuno sa bene il motivo per cui si è deciso di mandare in produzione una nuova stagione. Shyamalan è ora uno dei produttori esecutivi, ma non più il solo artefice. Risultato? Ancora una bocciatura e stavolta speriamo senza appello.
Il promo forse è la parte migliore, ma non ne ero convinto neanche la prima volta che l’ho visto. Il protagonista non è più Matt Dillon che si era sacrificato alla fine della prima stagione, però ogni tanto si rivede qualche vecchia conoscenza, da Toby Jones a Melissa Leo, ma non durano molto. Jason Patric è invece il nuovo attore principale, un medico che viene convinto alle Hawai dallo sceriffo Terrence Howard – si, si rivede anche lui – dove era con la moglie per cercare una soluzione ad una crisi coniugale. C’è anche Carla Gugino dalla prima stagione, ma forse per un barlume di lucidità decide di autoeliminarsi dal cast.
Stavolta la storia si incentra sulla prima generazione dei nati a Wayward Pines, circa duemila anni dopo che l’uomo ha distrutto l’ambiente, anche se lo scenario del paese dell’Idaho non sembra contaminato. poi ci sono gli Aby o Abby, praticamente le aberrazioni genetiche che popolano il mondo fuori da Wayward Pines, che non si capisce come siano venuti fuori, magari verrà spiegato, però mi sono bastate tre puntate per sfiancare la mia pazienza. Si rivede Ben, il figlio di Matt Dillon, che viene inserito all’interno della prima generazione di Wayward anche se non è nato lì. Questo è uno dei tanti buchi di sceneggiatura che presenta il racconto. La serie proprio non convince, ma non potrebbe essere diversamente visto che oltre Shyamalan c’è Chad Hodge, l’artefice di The Playboy Club, una serie che ripercorre le vicende del primo club con le conigliette della rivista di Hugh Hefner. Anche quella era abbastanza inutile, ma almeno c’erano atmosfere che ricordavano Mad Men. Ma è tutto l’impianto che non convince. Esempio: quando Melissa Leo viene riaccolta, dopo l’esilio, nessuno si chiede come abbia fatto a sopravvivere visto che nella cittadina c’è una forte scarsità di vivere e il raccolto ancora non c’è stato? Lo stesso raccolto viene avviato, espressione molto particolare, in una puntata e in quella dopo, già le strade sono piene di cibo. Capisco che sono passati duemila anni, ma il progresso di Wayward Pines è parecchio fermo! Capisco che possano sembrare cose da nerd, ma qui manca un po’ di sano rispetto per lo spettatore. Alla fine mi chiedo perché fare una seconda stagione, ma neanche me lo chiedo visto che sta quasi per chiudere.