Questa foto è l’ultimo fotogramma di 1992, la serie evento di quest’anno di Sky Italia realizzata da Wildside. Non è vera, come non è vero che lo slogan FORZA ITALIA l’abbia inventato Berlusconi o qualcuno degli uomini di Publitalia, o ancora Dell’Utri. C’era un uomo della pubblicità in quegli anni, si chiamava Marco Mignani, credo che il suo nome non dica nulla se non agli esperti del settore, ma fu lui a inventare lo slogan all’interno di uno spot elettorale per la campagna del 1987. Il partito era la Democrazia Cristiana.
Se avete la pazienza di vedere lo spot potete notare il tentativo di restyling che la “balena bianca” cercava di fare perché le cose scricchiolavano da parecchio. Io ho avuto la fortuna di avere Mignani tra i miei professori di Teorie e tecniche del linguaggio pubblicitario avendo frequentato Scienze della comunicazione, cosa di cui non mi vergogno, e devo dire che aveva dei colpi di genio. Lui e la sua agenzia sono quelli di Milano da bere e Dieci piani di morbidezza, dei claim che hanno fatto storia.
Parto da qui per parlare di 1992, dal suo personaggio principale non riuscito, Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi, proprio quello di “da un’idea di Stefano Accorsi“, con cui la campagna marketing di Sky ha contuso i testicoli dei suoi abbonati e non. Perché Notte è troppo! Il genio, ex comunista movimentista a Bologna, l’uomo con la battuta pronta, l’ultima parola, il cinismo estremo, tutte le donne, una figlia che poi andrà a Non è la Rai, e che finirà per uccidere un uomo che lo ricatta. La sua scrittura è troppo pretenziosa e lui non risulta affascinante o antipatico, fa venir voglia di cambiare canale. Complice anche Stefano Accorsi stesso, che nell’immaginario collettivo è il ragazzo del “tu gust is megl che uan” del maxibon. Leonardo Notte non è Frank Underwood e Stefano Accorsi non è Kevin Spacey. Errore di casting. Errore che diventa valanga quando la sua linea narrativa incrocia quella del buco nero del senso, ovvero Tea Falco. L’attrice, protagonista dell’ultimo film di Bertolucci, è diventata un caso sul web, attaccata a ripetizione, poi difesa dalla madre e dal fidanzato. Una bella ragazza, ma non so se capace di recitare, perché francamente non si capisce quello che dice – poi si lamentavano del napoletano di Gomorra! Matteo Bordone ha scritto un post provocatorio – credo – difendendo Tea Falco e prendendosela col buon italiano degli altri attori. Neanche piace la recitazione poggiata, come si dice in gergo, al pari di quella bofonchiata, ma qui siamo proprio all’incomprensione che diventa incomunicabilità. Vederli insieme, Falco e Accorsi, è spiacevole, per la serie stessa.
Pensare che la linea sul sangue infetto e un’azienda coinvolta nella sanità corrotta,poteva funzionare bene, però lei, figlia di un imprenditore che poi si suicida – o lo suicida la mafia – non la fa decollare, anzi.
C’è la linea del leghista e della ballerina, forse quella che ho preferito, con Guido Caprino, bravo, e Miriam Leone, una sorpresa. La storia è resa più convincente anche perché c’è la presenza di Gaetano Nobile, vecchio democristiano, che vive all’appartamento di sopra, che coinvolge il leghista Bosco, ex militare in Iraq.Nobile, interpretato da Gianfelice Imparato, ottimo caratterista, che davvero rende un ritratto convincente della nomenklatura democristiana. Interessante anche la sua fine: il Parlamento darà l’autorizzazione a procedere per un reato che non ha commesso, ma incastrato da un compagno di partito, un classico regolamento di conti.
All’interno del Palazzo di Giustizia di Milano, risalito tristemente alle cronache una decina di giorni fa, quello su cui si doveva fare di più era Luca Pastore, interpretato da Domenico Diele, dove era necessario, a mio avviso, uno sviluppo più corposo, visto che è un protagonista, certe passaggi con il personaggio di Tea Falco – sempre lei – andavano calibrate meglio. I magistrati sono contenuti, non siamo in una serie di tipo giudiziario, con i finale dove si festeggia quello che sarà l”inizio della decadenza reale dell’ultimo re socialista, uso il termine dal titolo di un libro di Roy Lewis.
Si poteva fare meglio, anche in scrittura, ma soprattutto nel casting. Stamattina sentivo un programma in radio dove si diceva che se sbagli il protagonista ammazzi il film. Non è del tutto vero per me, ma comunque è come tagliarsi le vene.
Mi chiedo però quanti tra quelli che hanno visto la serie abbiano coscienza dei fatti. Io all’epoca avevo 18 anni, quindi mi ricordo, ma i ventenni di oggi? A loro come è sembrata?
Pensando all’oggi non vedo similitudini, anche se si tende a dire che non è cambiato nulla, ma l’arrivo delle tecnologie digitali nella nostra vita ha squadernato totalmente le routine della politica, della partecipazione e del consumo.
Altra cosa. Volevamo davvero rivederla quella storia? Non si tratta solo di vicende giudiziarie, è stato il fallimento di un sistema, di un intero paese, in cui nel bene e nel male eravamo tutti coinvolti. Forse questa è la grande mancanza di 1992, non aver voluto concentrarsi sul coinvolgimento di tutti quanti, sulla corresponsabilità persino di quelli che dopo andarono a tirare le monetine a Craxi.
Qualcuno si è chiesto se ci sarà un seguito. Da quanto so si, è in preparazione e si chiamerà 1993. Altro anno per niente facile.
P.S.
Era oltre un mese e mezzo che non mettevo un post. Avrei voluto avere più di tempo, ma quando si scrive per mangiare e si vogliono fare progetti ambiziosi il tempo diventa prezioso. Lo dico per i pochi che seguono il blog. Comunque grazie per i messaggi.