Cena notturna a Tokyo
L’oriente ha sempre esercitato un fascino forte su di me, come su molti occidentali, quindi quando sentii alcune anticipazioni su una piccola serie prodotta da Netflix su una tavola calda notturna a Tokyo ero davvero molto curioso. Aveva letto che era uno degli adattamenti di uno dei manga più celebri degli ultimi anni, i fumetti giapponesi sono una fonte inesaurabile per l’universo audiovisivo nipponico e non solo, ma non avrei pensato che le storie di gente normale che capita in una “tavola calda” notturna a Tokyo potessero avere tanto successo. E invece…
Kaoru Kobayashi è l’attore che interpreta il cuoco, nonchè padrone del Meshiya, la piccola tavolta calda che apre a mezzanotte e chiude verso le sette del mattino. Lui lavora in notturna. Ognuna delle dieci puntate ha il nome di un piatto che viene cucinato, ma non c’è un vero menù, uno entra, si siede e chiede e il padrone, a seconda degli ingredienti a sua disposizione cucina. Non si vede sushi, il pesce si sa costa, poi il pesce crudo, anche il sashimi, ha bisogno di una lunga preparazione, però se chiede una frittata di riso, del ramen, del tofu all’uovo, lui saprà servirvi. Naturalmente vi ritroverete a parlare con un sottobosco di varia umanità, come sempre è composto il popolo della notte, che non è quello dei frequentatori delle discoteche, come ci hanno fatto credere i giornalisti dei telegiornali italiani, ma di gente che va a mangiare quando stacca tardi dal lavoro, oppure nei suoi giri di lavoro, come quello del gioco d’azzardo.
Una serie del genere è basata sulle storie della gente che li racconta, che trova amicizie temporanee, personaggi ricorrenti, una serie in notturna, nonostante alcune parti siano di giorno, ma è tutto il mood che dà quell’aria notturna, oltre alla bravura del padrone della tavola calda, con la sua lunga cicatrice che gli percorre il viso, sembra un personaggio uscito da una canzone di Fabrizio De Andrè, aveva un solco lungo il viso come uan specie di sorriso. Ma Kobayashi, l’attore, non è un pescatore, è un uomo che deve averne viste e, soprattutto passate parecchie, è la metamorfosi del barista, serve cibo e non alcol, anche se birra e saké non mancano sul bancone del Meshiya. Ci sono i giocatori d’azzardo di mahjong – che non è assolutamente come quello che trovate per i computer o gli smartphone – ma una sorte di poker con le tessere, molto difficile, travestiti che chiacchierano delle loro conquiste, attori sul viale del tramonto. Tutti hanno un dolore e anche una gioia. Vogliono raccontarla. E vogliono mangiare.
Un gioiello, la prima produzione di Netflix Giappone.