Succede. Incroci per caso una serie, riconosci il protagonista, guardi la prima puntata, dopo aver visto una serie di novità che valgono poco, invece questa funziona. Guardi il secondo e funziona ancora. Pensi ora ci faccio un post, ma aspetti il terzo e allora devi scrivere. Perché il protagonista è Kiefer Sutherland, il protagonista assoluto di 24, una serie rivoluzionaria, oltre che bella, però stavolta non è in guerra col mondo, stavolta diventa il presidente degli Stati Uniti d’America. E lo diventa per caso.
Se avete visto il trailer qui sopra avrete capito la regola del “Sopravvissuto Designato”, in caso di attacco massiccio verso le istituzioni americane e relativa morte di tutti i membri del gabinetto presidenziale, il “designato” diventa il nuovo presidente. Ora Kiefer Sutherland era il designato e nel gabinetto era solo l’uomo che si occupava di edilizia e con un probabile licenziamento in arrivo. La strage arriva, non si sa bene da parte di chi, e Tom diventa presidente con molti problemi. Tom non è Jack Bauer, il personaggio simbolo di 24, che di problemi ne aveva parecchi, ma stavolta c’è una certa autocritica in questa produzione ABC. Nella foto potete vedere il cast completo. Alla sinistra di Sutherland c’è Natasha McElhone, attrice inglese, star internazionale, tanti film di qualità, soprattutto Californication in tv con David Duchovny, dall’altra parte Italia Ricci, che interpreta la consgliera particolare del presidente, lavora con Kirkman da molti anni. Accanto a lei Kal Penn, che alcuni potrebbero ricordare come attore in alcuni film sui college americani, ma che qui è uno degli spin doctor presidenziali, poi Maggie Q, agente dell’FBI, che indaga sulla strage al campidoglio e che si sta convincendo che esista una pista interna e che le prove siano state manipolate e in fondo il capo di gabinetto, un vero politico che sa destreggiarsi. Alla destra del presidente, dopo la first lady, Garrett La Monica, capo della sicurezza, e poi Leo, il primogenito. Membro mancante è il membro del congresso Virginia Madsen, che sembra aiutare, per ora, Kirkman, ma alla fine si scopre avere delle mire presidenziali.
La serie è partita bene, anche se ha lasciato un po’ di spettatori per strada, ma meno di quelli che si potesse immaginare – almeno per quanto mi riguarda. Kirkman è infatti non titubante, ma è uno che prima di dichiarare guerra a qualcuno vuole essere sicuro che sia il nemico giusto. Non usciamo da quella che viene chiamata ideologia americana, ma la lezione sulle false giustificazioni per la guerra in Iraq forse sono acquisite. I nemici interni ci sono, come un generale, il che fa vedere l’influenza del complesso militare-industriale sulla vita politica di Washington. La serie anche se muove delle critiche mostra rispetto verso il sistema americano, quello non si discute e non colpisce che sia stata mandata in onda proprio in periodo elettorale.