Dopo una mattinata in SIAE mi accingo a scrivere questo post. Ieri sera è stata una bella serata, una sorta di appuntamento per rivedere un film di culto al cinema: The Big Lebowski dei fratelli Cohen, riportato in sale da The Space Movies. Il film è sicuramente uno dei migliori dei due fratelli, il più visionario – io preferisco Fargo – e sicuramente con un cast sorprendente. La nostra formazione era serrata e schierata, c’ero io, @psymonic, con @jovanz74, @Guidoxx e @chinaski_83. Il film a distanza di 16 anni, uscito nel 1998, è ancora bello, forse anche di più.
Mi ha fatto piacere vedere che c’erano molti giovani in sala, o meglio molti giovani che non l’hanno visto al cinema all’epoca, magari più attratti dal Godzilla di Emmerich. Però quell’anno ha visto dei bei film, come Paura e delirio a Las Vegas, Train de vie, Shakespeare in love, Truman Show, Salvate il soldato Ryan, per non dimenticare Gatto nero gatto bianco, Velvet Goldmine e La sottile linea rossa. Una stagione migliore rispetto alle ultime viste. Parlando fra noi alla fine Jovanz si esprimeva come questo film gli ricordasse Vineland, romanzo di Thomas Pynchon, definito lo scrittore post-moderno, qui se ne potrebbe dire, ma lasciamo stare. Comunque Vineland era un buon libro del ’90 che consiglio, come tutte le opere di Pynchon, che raccontano gli anni 80, l’America di Regan e di come sono diventati gli Stati Uniti. Forse per capirlo pienamente andrebbe riletto, o letto La società dello spettacolo di Debord – che andrebbe letto a prescindere.
Lebowski invece per capirlo bisogna aver vissuto o passato del tempo negli anni ’90, un decennio di esplosioni, di caos che si espande fino a creare dei frattali anomali, nessuno uguale all’altro, ma con una struttura ridondante.
Per capire gli anni 90 servono tante cose, ma un libro su tutti, I frutti puri impazziscono di James Clifford, antropologia meravigliosa, roba che non troverete sui social, roba che costa fatica ma che ripaga nel tempo.
Fra un morso ad un panino ed una patatina viene fuori anche la recensione di Mereghetti, critico cinematografico – categoria detestabile nella maggior parte dei suoi esempi – sul terzo Lo Hobbit. Non ho visto il film, ma non si può dire una stronzata su Tolkien che avrebbe scritto Lo Hobbit come prequel de Il Signore degli Anelli! Non lo sai, apri il tuo smartphone, un computer e un tablet e usa Google! Prima c’è il Silmarillion, poi Lo Hobbit, e poi Il Signore degli Anelli. Tipico del finto intellettuale non avere un briciolo di umiltà nel cercare un’informazione, che non è la data di un film, ma il caposaldo dell’apertura della tua recensione. Questo significa non avere rispetto per i lettori propri né tanto meno per quelli di Tolkien, che sono molti di più dei tuoi. Ma in fondo non importa. Quello che importa è aver passato una bella serata con un gran film, mentre @Guidoxx cercava un parcheggio car2go e @chinaski_83 mi raccontava che sul forum gli chiedono che caramelle vendono in un determinato cinema di Milano.
P.S. Ultimamente un lettore mi ha confidato che non capisce fino in fondo le mie “recensioni”. Mi ha fatto piacere, io non faccio recensioni, io al massimo metto qualche frammento di analisi e cerco di creare un minimo di pensiero critico.