Iniziativa importante domani a Treviso a quasi un anno dal disastro del Rana Plaza, quando crollo un edificio storico della capitale del Bangladesh che ospitava 8 fabbriche che servivano molti marchi dell’abbigliamento mondiale. Alla fine si contarono oltre 1100 vittime e oltre 2500 feriti.
Saranno due le occasioni dove si potranno incontrare gli scampati alla tragedia:
ore 14.30 Piazza Indipendenza – Treviso
ore 21.00 Casa dei Beni Comuni, Via Zermanese 4 – Treviso
Perchè Treviso? Perchè dei grandi brand mondiali che usavano quelle fabbriche alcune hanno sottoscritto l’accordo per il risarcimento, altre si rifiutano di collaborare. In testa a questo schieramento c’è Benetton.Non era solo la multinazionale veneta a servirsi del Rana Plaza, sono parecchi anni che il Bangladesh è il centro manifatturiero dell’abbigliamento mondiale, soprattutto quello in cotone. Bonmarché, the Children’s Place, El Corte Inglés, Joe Fresh, Mango,Matalan, Primark e Walmart sono altri componenti della lista, che è davvero lunga.
Come dichiara Luigi Manconi: “Il fondo, contemplato dall’accordo chiamato Arrangement, è stato istituito grazie al fondamentale lavoro congiunto di Clean Clothes Campaign, Workers Rights Consortium e dei sindacati internazionali che in questi giorni – insieme a Shila Begum, una lavoratrice bengalese sopravvissuta al crollo del Rana Plaza, e Safia Parvin, segretario generale del National Garment Worjers federation, il principale sindacato tessile del Bangladesh – stanno portando avanti una campagna di sensibilizzazione su questo tema, con un tour europeo la cui prima tappa italiana li ha portati a essere ricevuti in senato a alla commissione dei diritti umani”.
Shila Begum sarà presente domani a Treviso, soprattutto per fare pressione perchè Benetton e gli altri mantengano gli accordi presi, alcuni giornalisti di Presa Diretta, il programma di Raitre avevano mostrato come l’azienda veneta non abbia rispettato gli accordi. Molti marchi hanno invece deciso di ridurre la loro presenza in Bangladesh, come la Nike, oppure di cessare la produzione, come la Walt Disney attraverso il licensing.
Ma come si è arrivati al Bangladesh? Solamente perché il salario minimo è di 37$ al mese contro i 61 della Cambogia e 150 di alcune zone costiere cinesi. Le zone costiere sono molto ambite in questi casi visto la facilità con cui i prodotti possono essere subito caricati nei cargo. Alla fine un maglietta prodotta in Bangladesh ha un costo compreso fra 1$ e un 1,5$. Naturalmente le norme di sicurezza sul lavoro sono praticamente quasi nulle.
Ora cosa si può fare? Siete consumatori quindi potete benissimo fare pressione, con boicotaggi o mancati acquisti sui brand coinvolti, perché almeno completino le procedure di risarcimento, sapendo che tutto questo naturalmente non basta. Si dovrebbe arrivare ad una produzione che rispetto gli standard minimi di sicurezza, anche perché le differenze di prezzo sono enormi fra produzione e arrivo in un negozio. Siamo nell’era del brand allora è il momento di rendersi conto che se come cittadini abbiamo perso potere, come dicono alcuni, allora recuperiamolo come consumatori.
Tutto l’evento di domani sarà visibile in streaming su Sherwood.it