Eppure doveva essere morta. L'avevano detto in parecchi, l'avevano annunciato proclamato, come profeti invasati, predicando un futuro, quasi vulcaniano, di pace e prosperità, c'è chi ancora ci crede. La TV è ancora viva, anzi sembra che siano stati proprio i social network. Che si chiami second screen o altri, oggi Twitter, maggiormente, è occupato per la metà da commenti sugli show televisivi. Potremmo sostenerlo dando un'occhiata alle nostre TL, ma in soccorso chiamo un post del NYT, uscito dopo il season finale di Breaking Bad. Potrei citare anche le liste dei vincitori di quest'anno dei Tweet Award e della Blogfest, per sottolineare quanti di loro sono personaggi non solo con molti passaggi televisivi, ma soprattutto di quanto siano connessi allo schermo.
Non è la televisione di prima, come non è la rete di prima. Credo sia dalla fine degli anni 90 che io insisto sull'ibridità e sulla liminalità di certe zone di visione e intrattenimento, quando per un periodo l'intrattenimento è stato definito un crimine, ma si scontano i ritardi sulla comprensione del pop, tanto i soloni e le cassandre ci sono sempre, lanciano anatemi e poi camminano sui red carpet. Aggiungo anche quelli che invocano il razionalismo scientifico ma si comportano in maniera fideistica con la tecnologia, dimenticando la lezione di Pirsig in Lo Zen e l'arte di manutenzione della motocicletta. Si ricomincia anche a parlare di Auditel, mai scomparso, incrociato col traffico dei tweet e degli hashtag, cercando di fornire una panorama sempre più preciso, cosa molto difficile, in un panorama dove la molteplicità e la competitività delle fonti è al suo apice, almeno per ora.
Siamo immersi in una media-sfera totale, anche se fisicamente non siamo in prossimità di uno schermo, siamo nei social, anche se non ci siamo iscritti, perché tutto rimanda a questo universo, anche la carta stampata, che è stata la più snob in questo senso, oggi è totalmente agganciata a questo scenario. Il cambiamento è quello, come ricorda Pierluca Santoro in un suo post, quello dall'economia dell'attenzione a quella dell'intenzione.
I player devono andare a prendersi i propri fruitori, sempre nella logica del "pull" e non del "push", come si diceva nel marketing anni 90. Un fruitore decide a chi dedicare il proprio tempo, e le risorse, e la difficoltà sta nell'intercettarlo. Di qui c'è la questione di quale strategie usare. Alcuni credono ancora che sia la "quota di voce" ancora la parte più importante, eppure abbiamo visto fenomeni prendere campo senza essere così presenti, come ne abbiamo visti altri riuscire ad imporsi senza risorse economiche stanziate potenti, o fallire in presenza di grandi investimenti. Alla base di tutto questo credo ci sia il grado di pervasività che aumenta ma in un'accezione differente da prima. Così la televisione si è riguadagnata un posto di nuovo principale, perché grazie alla tecnologia dei personal media, è di nuovo ovunque.