Comprare Follower, comprare Like su Facebook sono elementi di un fenomeno che chiamo Accumulazione Social, cioè aumentare i propri contatti per mostrare di essere persone di "successo". Sappiamo tutti che il fake è in realtà nel medio-lungo periodo controproducente, eppure il fenomeno non si riduce a questo, anzi è molto di più.
Benedict Anderson nel suo splendido libro Comunità Immaginate ci dona qualcosa che può essere utile in questo ragionamento, tenendo conto che non si tratta di un libro sulla rete, ma sui nazionalismi. Anderson ragiona sulla costruzione delle conscienze nazionali durante il colonialismo e indica tre istituzioni a simboleggiare tutto ciò: il censimento, la carta geografica, il museo. Queste tre plasmarono il modo in cui «lo Stato coloniale vedeva i suoi domini» e se stesso. Le categorie censitarie avevano un carattere esclusivamente razziale, le classificazioni erano chiare ed il più possibile complete, per evitare qualunque confusione con “gli altri”. Le mappe geografiche dal 1800 in poi non furono più solo la rappresentazione di qualcosa di visibile, ma anche di confini tra varie sovranità. I musei, dal canto loro, rappresentavano invece l’eterna presenza di un popolo in un luogo, contemporaneamente all’affermarsi del concetto di “giovinezza” storica del popolo stesso. Si riteneva di essere “etnicamente” discendenti di popoli percepiti non nella loro effettiva storicità, ma come “antenati” simili a noi. Da qui si creavano le "comunità immaginate". Ora dimentichiamo il periodo storico, dimentichiamo il razzismo – per fortuna – è fermiamoci sul fatto di radunare ed organizzare elementi per costruire un'identità.
Ogni giorno si fanno check-in su 4square, ci colleghiamo con altri, vecchi e nuovi amici, scattiamo foto e le condividiamo, diciamo i programmi tv e i film, con Miso e GetGlue, che vediamo, mostriamo anche i libri che leggiamo, fra Anobii e Goodreads mettiamo anche i cibi che mangiamo – per non parlare dei nostri bagni, che una volta erano il luogo eletto alla privacy. Ogni giorno sui social noi accumuliamo. Perchè? Stiamo cercando di costruire un'identità, sempre meno fittizia, ma forse più ingannevole, di noi stessi. Orfani dell'anonimato, oramai mero ricordo dei "bei tempi andati" del web libero, costruiamo un'immagine migliore di noi, o meglio di un simulacro up to date da mostrare al resto degli altri. Altrimenti perchè io dovrei mettere intere liste dei libri che leggo o degli altri consumi più o meno culturali? Dovrebbe interessare agli altri? Se guardiamo bene le percentuali di discussioni e conversazioni che nascono da ciò si tratta di pochi decimali, di "presenze", spesso legate a fenomeni di moda, cito per esempio i libri nella top ten, stessa cosa vale per alcuni giornali ed altre lunghe liste. Alcuni vi diranno che lo fanno per dare consigli. In rete trovi tutte le informazioni che cerchi, poi non è proprio vero, ma francamente se devo comprare un libro, posso davvero leggere centinaia di recensioni di chiunque l'abbia letto? Nessuno ha così tanto tempo. Quindi o ne discuti con un amico che l'ha letto, davvero, anche in rete, ma qualcuno che conosci sul serio, oppure hai trovato un blogger di cui ti fidi. Altrimenti guardi distrattamente quante stelle gli hanno dato quelle centinaia di lettori. Vi sembra un sistema affidabile? Rischiate di trovarvi fra le mani il nuovo Moccia! Contenti voi.
Siamo di fronte alla Disposofobia Social, la famosa sindrome di accumulazione o accaparramento, che vede le abitazioni riempirsi fino a scoppiare di non sa bene cosa, dalla cartaccia al soprammobile, tutto a riempire, tutto a colmare un vuoto. Un fortissimo disturbo sempre della categoria ossessivo-compulsiva, per poi comprare dei mobili Ikea da riempire. Non è uno scherzo se si veda come la rete si vada riempiendo e come addirittura si inizi a parlare di Hosting Sostenibile, come sta facendo l'amico Giovanni Scrofani, perché neanche lì lo spazio può considerarsi infinito. Certo sono problemi di ordine diverso, ma si può forse negare che anche oggi, durante una crisi devastante, non esistano disordini psicologici legati ai consumi?
L'Accumulazione Social mira ad avere una versione smart di noi stessi ma non significa per forza essere noi stessi. Probabilmente vedremo persone che hanno letto decine di migliaia di pagine in un anno, con buona pace di Don Milani e tutto il movimento per un nuovo insegnamento, come se fossero arrivati ad un traguardo olimpico! Poi arrivano i dati che indicano che oltre un terzo degli italiani non riesce a comprendere il senso di un frase di un articolo di giornale. Non c'è neanche più bisogno di possedere l'oggetto, infatti si accumulano titoli, frasi rubate da Wikipedia, su questo concordo con il mio amico Maurizio Galluzzo: "Se trovi uno scritto su Facebook più lungo di 5 righe è quasi sicuramente copiato". Soprattutto quello che mi chiedo è lo scopo. In fondo alla fine a me che Gemma Rebel Trantinelli (nome inventato) abbia letto 1Q84 di Murakami e abbia visto Servizio Pubblico cosa m'importa? Però lei sta costruendo una identità. Perchè? Perchè tutto quello che aveva intorno oggi è deserto.
Dello smarrimento però ne parlerò più avanti. Se ci riuscirò.