Zoro c’è e il #gazebo pure

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Zoro c'è e il #gazebo pure

Ieri sera è tornato Zoro. Diego Bianchi, reduce dalle fatiche della campagna elettorale, è tornato con un programma nuovo dopo aver chiuso lo scorso anno con Anno Zoro – Finale di partita 2012, un documentario al meglio del suo stile che raccoglieva un intero anno di racconto, un anno vissuto pericolosamente. Stavolta però qualcosa è cambiato, perché ha smesso di fare l'ospite e si è messo a fare il padrone di casa, senza rinnegare mai se stesso né la sua cifra stilistica. Della squadra fanno parte vari amici, l'opiniosta dell'Espresso Damilano, il chitarrista Gattomatto Angelini, Makkox, che è molto più di un Vauro elettronico, Missouri e altri come Valerio Mastandrea.
Mancava un programma del genere? Si, perchè non è la solita roba, anzi è qualcosa ch incrocia storie diverse, come Makkox che sulla lavagna elettronica gialla disegna in tempo reale commentando le varie fasi, oppure il commento musicale che sembra abolire il bisogno dell'ospite, ma a guardarlo bene è un programma in cui tutti sembrano ospiti, sembra di essere in quelle serate a casa fra vino e divani, dove si parla di tutta l'esistenza, dalla politica alla Roma, passando per avventure e disavventure personali. Tutto questo senza forzature. C'è da rodare qualcosa magari, sull'inizio, ma credo che sia dovuto principalmente all'impatto iniziale.
Il cardine è sempre Zoro con i video: si passa dall'analisi della sconfitta o meglio della non-vittoria, a Sanremo con il compagno Mengoni e il compagno Giletti, per chiudere con i comizi di Bersani e Grillo a Roma, e le differenze si vedono. Zoro usa lo stesso linguaggio, che è un pò come il destino, cinico e baro, ma che dentro ha sempre la stessa passione e la stessa testa, una sorta di pessimismo della ragione con tanta voglia di ottimismo della volontà. Vanno bene i registri che si fondono, come riuscire a parlare di un film senza averlo visto, ammettendolo giustamente, cosa che fanno in molti non fanno neanche sotto tortura.
Poi c'è il web, anzi Twitter e pure la social-tv. La classifica dei twit è stata molto divertente e ci ha dato la misura del "Primo tweet" di Schifani – ripreso anche da Marco Damilano sul suo account – e della solitudine di Matteo Salvini, che sembra non avere neanche un amico dalle sue parti. Un modo diverso di parlare di politica e social network che in questi ultimi tempi è diventato un tema schizofrenico, soprattutto con analisi e grafici che spuntavano da ogni social-coso ed erano tutti orfani dei sondaggi elettorali.
Ora non ci resta che aspettare il seguito.