Zombie sul lettino. Oppure siamo noi?

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L’immaginario è ormai occupato – ma c’è ancora tanto spazio – da figure che possiamo assimilare alla categoria del post-umano. So bene che il post-human riguarda un dibattito estetico – filosofico complesso, però noto che negli ultimi anni si sono moltiplicati i prodotti narrativi centrati sulla psicologia di supereroi, zombie e altri personaggi, che derivano dall’umano, o che hanno una lontana “parentela”. Prima o poi dovremmo farci i conti. Prendiamo la differenza fra due serie tv sugli zombie come The Walking Dead e In the flesh.
Diciamo subito che è stata la Marvel ha portare al grande pubblico la rivoluzione psicologica nel mondo dei supereroi, esplorando le difficoltà che potevano incontrare nel vivere con dei superpoteri, ad esempio Spiderman e Hulk.
doc-samsonOggi siamo su un piano diverso, oggi abbiamo gli zombie, perché uno dei temi più forti e la sopravvivenza. Negli anni 80 si parlava di come c’erano troppe persone nel mondo, la sovrappopolazione era una questione in agenda. La popolazione è aumentata ma il tema è sparito, convertito nel riscaldamento globale e nella catastrofe ecologica. Tutto è collegato comunque e solo una serie tv, geniale come Utopia, ha il coraggio di creare una cospirazione su questo fatto. Invece gli zombie. Credo da creature dell’orrore alcune serie tv stiano diventando un manuale di sopravvivenza diretto a noi. Questo è The Walking Dead, dove la sopravvivenza è legata al rapporto fra umani, sia all’interno di un gruppo, sia fra gruppi diversi – va detto che il Governatore è stato uno dei migliori villain degli ultimi anni.

In The Flesh, produzione BBC, è diverso. Molto diverso. Ci sono essere umani morti, diventati zombie, ma tramite dei medicinali riacquistano una consapevolezza di loro stessi e tramite programmi governativi, si vede che siamo nell’Europa che concepì il welfare, possono convivere con gli umani ancora vivi. Sicuramente the walking dead è più spettacolare, molto ben scritto e girato, ma gli inglesi affrontano il tema della società multiculturale e della diversità in maniera più completa. A cascata vengono fuori il razzismo, la zombiefobia e molto altro, compreso le relazioni fra zombie, meglio fra affetti da PDS (sindrome da decesso parziale), e viventi. Su questo tema questa serie è molto più ricca e anche complessa, cercando di trovare una via per una convivenza anche fra l’orgoglio dei quasi-morti e la paura degli umani. Gli inglesi non sono nuovi a serie del genere, penso a Being Human, dove convivevano un vampiro, un licantropo e un fantasma. Mentre gli americani tendono, anche per loro ideologia, al catastrofismo e ad uno scontro senza quartiere, gli europei cercando di affrontare il problema della convivenza e della relativa sopravvivenza. Anche per storia è così.

Siamo proprio noi quindi i pazienti di questo psicodramma presentato dalle serie tv, sempre opere di fantasia, forse senza neanche un obiettivo alto, però anche gli scrittori sono frutto del loro ambiente e delle loro ideologie. Quello che vorrei vedere è una serie che illustri la convivenza con le creature della rete, cosa mangia un algoritmo, oppure se un virus paga le bollette in tempo. Se post-human deve essere, che lo sia fino in fondo.