Alice Munro ha scritto: La complessità delle cose – le cose dentro le cose – sembra essere infinita. Niente è facile, intendo, niente è semplice.
Il corpo è stato sempre inteso come, limite, frontiera, dogana. A volte esaltato e a volte denigrato a secondo dei momenti e dell’andamento delle riflessioni artistiche, filosofiche e sociali. Ma se il corpo è qualcosa che mi delimita perché deve essere solo l’insieme delle carni? Perché non lo sono anche le mie parole?
Qualcuno dirà perché le parole non sono fisiche. Sicuri? Le parole dette sono suoni, fanno parte del mondo fisico, così come i nostri gesti che vengono espressi dal corpo. Oggi credo che dovremmo considerare corpo tutto l’insieme della comunicazione di una persona, delle sue capacità espressive e non solo fermarci alla lista delle sue parti anatomiche. Le parole sono il nostro corpo e lo sono anche i pensieri, questo possiamo vederlo sia in una chiave metaforica, sia in una chiave fisica visto che l’attività cerebrale è misurata e forte oggetto di studi (per mia fortuna). L’estensione del corpo e della sua definizione a mio avviso è l’ennesima dimostrazione di come la complessità sia la vera sfida del nostro tempo! In tutto questo è necessario anche cambiare l’orizzonte della nostra comunicazione schiacciata da una diarchia immagine/parola che è davvero pre-moderna. Eppure si sottolinea l’importanza dell’immagine rispetto alla parola secondo ancora quel vecchio detto che “un’immagine vale più di mille parole”. E allora il successo degli hashtag come si spiega? E l’incredibile ascesa dello storytelling e dello storymaking, protagonista della nuova rivoluzione del marketing e secondaria?