“L’ultima cosa che mi ha detto” e non si capisce quale sia

l'ultima cosa che mi ha detto
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l'ultima cosa che mi ha dettoJennifer Garner, la Sidney Bristow di Alias, una di quei thriller che hanno fatto epoca torna in una serie tv ambiziosa: L’ultima cosa che mi ha detto. La politica di Apple TV+ riguardo l’adattamento in miniserie di testi letterari di successo continua con questo libro in una modalità produttiva dove l’autrice del romanzo originario Laura Dave partecipa quale co-creator insieme a Josh Singer. La storia principale vede protagonista Hannah (Jennifer Garner), la quale si ritrova improvvisamente lasciata sola con la figliastra Bailey (Angourie Rice), dopo che il marito Owen (Nikolaj Coster-Waldau) è scomparso nel nulla in seguito a uno scandalo finanziario capace di distruggere la società in cui lavorava. Man mano che la nebbia sull’accaduto comincia a diradarsi, la donna si trova suo malgrado costretta ad accettare di aver sposato una sorta di estraneo.

 

Nel tentativo di coniugare la chiara impostazione da thriller con il dramma psicologico incentrato sul rapporto tra le due donne abbandonate, L’ultima cosa che mi ha detto ottiene il non invidiabile risultato di rendere inefficaci entrambe le “anime” del prodotto. Fin dalla presentazione dei personaggi, il tono del pilot e il ritmo della narrazione appaiono quelli di un prodotto medio destinato a soddisfare lo spettatore senza però offrirgli alcuno spunto di originalità, tanto meno tentare di solleticarne la curiosità attraverso soluzioni estetiche lontane dall’ordinario. La cosa potrebbe anche andare bene se alla fine si scegliesse una delle due vie, ma non è così. Un’ambientazione elegante ma non troppo – la storia inizia a Sausalito, cittadina della Bay Area a nord di San Francisco – con tanto di meravigliosa casa galleggiante ci dà la cornice perfetta per fare di L’ultima cosa che mi ha detto un prodotto in linea con quello che i tempi considerano chic. In questo setting si sviluppa una miniserie che possiede la tensione drammatica di una soap-opera, soprattutto nel ritmo, con i ruoli principali che passano molto più tempo al telefono di quanto dovrebbero: la progressione della trama, in particolar modo nei primi tre episodi, viene infatti eccessivamente raccontata invece che vissuta, agita dai personaggi in scena. Questo comporta una mancanza di azione che in molti momenti spazza via ogni possibilità di ottenere un ritmo avvincente, o addirittura anche soltanto convincente. Sembra di essere dentro a Boris 4 con il famoso “Lo Dimo, nun lo Famo!”

 

l'ultima cosa che mi ha dettoJennifer Garner e gli altri membri del cast si muovono così dentro un meccanismo che di efficace ha poco. Anche l’utilizzo di brevi, spesso inutili flashback per ricostruire il puzzle della vicenda risulta più un’invenzione di montaggio per agitare le acque della storia che un qualcosa di realmente necessario. La Garner ci prova e si barcamena per rendere Hannah una figura femminile con cui lo spettatore può entrare in empatia, un sforzo tanto ammirevole quanto quasi del tutto vanificato dall’assenza di spessore drammatico. Non è però di certo lei la peggiore in the L’ultima cosa che mi ha detto: lo scettro va infatti a un Nikolaj Coster-Waldau completamente fuori parte, in nessuna occasione capace di dotare il personaggio di Owen della necessaria, sfumata ambiguità. Meglio tentare di dimenticare che l’attore danese un tempo vestiva con carisma e potenza espressiva i panni di Jaime Lannister, fa male vederlo brancolare nel buio alla ricerca di un qualsiasi appiglio per rendere il suo ultimo ruolo presentabile.

La Garner alla fine offre una buona prova attoriale. La sua parte richiede una discreta dose di espressioni corrucciate, di sguardi patetici, di musetti tremolanti e lei riesce a inondarne lo schermo mantenendo la dignità. Il resto del cast, tra cui spicca anche David Morse di Dr House (ma nel cast compare brevemente anche Victor Garber, con la Garner in Alias) in una posizione chiave, è altrettanto buono, ma nel complesso L’ultima cosa che mi ha detto è costituito da un andamento troppo diluito (avrebbe funzionato meglio nei tempi più serrati del lungometraggio), con flashback confusi, che mal si adatta ai ritmi del giallo. Con un’altra regia, – Olivia Newman è molto brava a fare dello show uno splendido prodotto dal punto di vista visivo ma fallisce nel resto – in grado di puntare sul dramma familiare piuttosto che sul thriller investigativo, L’ultima cosa che mi ha detto avrebbe funzionato molto meglio

l'ultima cosa che mi ha dettoLa complessità dell’indagine e delle rivelazioni dello show non giovano al ritmo e tantomeno aumentano il livello di interesse. Le ragioni che giustificano la scomparsa di Owen e gli intrighi familiari connessi alla sua latitanza sono una buona trovata ma lo sviluppo di quella linea narrativa lascia la sensazione che la fatale minaccia che mette a repentaglio la vita del marito di Hannah non sia poi così minacciosa e nemmeno così fatale. Un epilogo assurdo e melenso rafforza la teoria, lasciando lo spettatore con il sospetto di essere stato un po’ preso in giro. A funzionare di più è la cronaca del rapporto in evoluzione tra Hananh e Bailey. La loro situazione di partenza è tipica: Hannah si sforza di farsi accettare dall’insopportabile figlia del marito, ma gli attriti, per quanto sommessi, sembrano lontani dal risolversi. Le avversità e la precarietà in cui versano le due donne le costringeranno ad avvicinarsi ed è così che The Last Thing He Told Me diventa un coinvolgente percorso di indagine sul legame madre-figlia. La storia sostiene con forza che i legami di sangue sono indissolubili ma che sono altrettanto forti quelli eletti: Hannah è la madre di Bailey a tutti gli effetti, e per la sua incolumità – che è poi il vero motore della narrazione – è disposta a sacrificare tutto il resto.

 

 

ALIAS

l'ultima cosa che mi ha dettoCi sono titoli che lasciano il segno e che diventano una sorta di marchio per l’attore protagonista. Se per Kiefer Sutherland è stato 24, per Jennifer Garner è sicuramente ALIAS. Creata da J. J. Abrams (futuro ideatore di Lost e Fringe), la serie miscela spionaggio e fantascienza. Alias è stata trasmessa in prima visione negli Stati Uniti dal 2001 da ABC. Nel corso degli anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti e nomination ai Golden Globe, agli Emmy Awards, agli Screen Actors Guild Award e ai People’s Choice Awards. Nel 2003 l’American Film Institute ha inserito Alias nella top 10 delle migliori serie televisive dell’anno, e in seguito diverse testate l’hanno proclamata uno dei miglior show televisivi di tutti i tempi. Nel 2010 il canale satellitare E! ha classificato Alias al quarto posto nella top 20 delle migliori serie televisive del ventennio 1990-2010.