The Haunting of Bly Manor: a Netflix piace gotico!

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Il gotico piace, non solo a Neflix! Ma questa passione ha origini lontane. Il mondo anglo-sassone ha un rapporto profondo stretto con il romanzo gotico ed i racconti del terrore. D’altronde se pensiamo che due dei grandi campioni del genere, cioè Edgar Alla Poe e H.P. Lovecraft, sono di nascita americana la cosa non deve stupire. Bisogna anche ricordare i tanti romanzi gotici della letteratura anglosassone che hanno dato inizio a delle figure archetipiche nel mondo fantastico e dell’horror. C’è anche un profondo rapporto fra la paura ed i bambini, come destinatari dei racconti gotici ma anche come mezzo per fare paura, come l’ultima produzione di Netflix, The Haunting of Bly Manor, seguito del paurosissimo The Haunting of Hill House.

The Haunting of Hill House

Netflix nel 2018 produsse un titolo molto interessante che ha avuto molto successo: The Haunting of Hill House. Purtroppo fu una mia mancanza, per motivi di salute, non recensire quella produzione, ma, visto che ora è uscita la seconda stagione di questa serie antologica, ho deciso di porre rimedio. Hill House è basata sull’omonimo romanzo horror di Shirley Jackson, già trasposto negli anni ’60 per il grande schermo, Hill House è la prima stagione di questa serie horror antologica scritta, prodotta e diretta da Mike Flanagan per Netflix. La storia ruota attorno agli abitanti di Hill House, una casa dall’aspetto bizzarro dove accadono fenomeni inquietanti, tra porte che si chiudono senza alcun motivo e giochi ottici inspiegabili che si ripetono con una frequenza tale da far pensare che sia infestata. Timothy Hutton e Carla Gugino vestono i panni dei coniugi Crane, i proprietari della villa, dove risiedono insieme al figlio Steven Crane, il quale ha raggiunto la fama come scrittore di fantascienza raccontando alcuni strani episodi vissuti insieme alle sorelle  proprio a Hill House. Quali oscure presenze si nascondono tra quelle mura? Descritto da Stephen King come “uno dei racconti horror migliori della fine del ventesimo secolo”, The Haunting fa leva sull’angoscia verso ciò che è misterioso, mettendo a dura prova la sicurezza della percezione umana. ‘è poco da fare: The Haunting of Hill House fa paura. E molta. Una paura sottile e tagliente, che entra sottopelle, che Flanagan costruisce con astuzia e perverso compiacimento. Sai sempre che sta per accadere qualcosa, nei momenti in cui qualcosa sta per accadere, ma i tempi e i modi sono spesso sorprendenti, dilatati, e l’ansia cresce più nell’attesa che nel momento della rivelazione, come dovrebbe sempre essere e troppo spesso non è. Ma episodio dopo episodio, personaggio dopo personaggio, Flanagan costruisce un mondo denso e inquietante, spesso labirintico e ingannevole, dentro il quale ci si perde; e scava senza pietà nelle psicologie di personaggi che raccontano cose familiari, dove per “familiari” s’intende sia relative alla loro personale vicenda di famiglia, ma comuni e conosciute a chiunque di noi, che vi si può rivedere e rispecchiare. Questo aiuta a far paura, certo, ma soprattutto è funzionale a quello che si rivela un disegno sorprendente, e che Flanagan svela solo verso la fine dell’ultima puntata della sua serie, senza che questo appaia frettoloso o posticcio. Perché The Haunting of Hill House è qualcosa di più di una semplice serie horror, e riesce a esserlo completamente proprio perché ha il coraggio di essere puramente horror.

The Haunting of Bly Manor

Ora è arrivato The Haunting of Bly Manor, secondo capitolo di questa saga antologica,The Haunting of Bly Manor, dove Mike Flanagan ha preso ispirazione da un classico della letteratura ancora più sacro e notoriamente difficile da adattare: Il giro di vite di Henry James. Flanaghan per rendere omaggio all’autore  si prende la libertà di mescolare la trama con di altri racconti dello stesso, come The Jolly Corner e The Romance of Certain Old Clothes, rendono The Haunting of Bly Manor più di una semplice rivisitazione e di un adattamento. Come dramma in costume che indossa una maschera horror gotica, la serie è di buon livello. Ci sono abbastanza twist per farci proseguire la visione dei 9 episodi, e un paio di segmenti capaci di suscitare un certo terrore all’inizio sicuramente riescono nell’intento di convincere gli spettatori a investire almeno un po’ di altro tempo nella storia per saperne di più. Se si cerca l’effetto della paura allora siamo sicuramente ad un livello più basso rispetto al primo capitolo. Nonostante la buona scrittura i flashback tendono a dilatare troppo il ritmo, soprattutto perché molto parlati, cosa che non aiuta l’effetto di terrore. La storia stessa inizia in modo abbastanza interessante, con un personaggio familiare di Hill House che arriva alle prove di un matrimonio e inizia a raccontare una storia di fantasmi. Da qui, torniamo indietro nel tempo fino al 1987, quando si svolge la narrazione principale. La brillante e allegra ragazza alla pari Dani  viene assunta dal ricco Henry Wingrave per prendersi cura dei suoi nipoti Flora  e Miles. Quando Dani arriva a Bly Manor, diventa presto evidente che non tutto è come sembra e che quelle vecchie e antiche nascondono molti segreti. Il rapporto fra passato e presente non riesce mai a trovare un giusto equilibrio e questo è un problema che affligge certi momenti di suspense. A parte questo siamo in presenza di un ottimo prodotto basato su un’operazione che esula dai caratteri del genere e quindi come tale assolutamente apprezzabile.

Penny Dreadful e dintorni

Per quello che riguarda l’horror nella serialità due titoli non possono mancare. Il primo è Penny Dreadful che tra aveva nel cast nomi importanti. Infatti, se da un lato questa serie tv horror Showtime presenta un’elevata qualità e raggruppa molti personaggi della classica letteratura horror Il cast della serie tv horror in questione è di tutto rispetto: Eva Green, dark lady perfetta, interpreta Vanessa Ives, una donna posseduta da un’entità maligna, che, insieme a Sir Malcom Murray danno la caccia alle creature soprannaturali e recluta altre persone che si uniscono alla causa. Poi The Strain. Il concetto oscilla tra l’horror più classico e la fantascienza moderna, esplorando il sottile confine che c’è tra la possibile spiegazione scientifica e gli abissi dell’ignoto. Una serie che appassiona e fa paura. Dietro c’è quel genio di Guillermo Del Toro.