Suburra: le prime cinque puntate

Spread the love

 

Suburra

Ero molto curioso di vedere la serie tratta da Suburra, libro scritto da Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, diventato negli ultimi anni il riferimento del noir criminale italiano, soprattutto per la rilettura delle reali vicende criminali nel nostro paese. Curioso anche perché è la prima produzione di Netflix, oggi molto attivo nel nostro paese. Sono dieci puntate, ne ho visto cinque, ma qualcosa mi sento già di dirla.

Ho letto delle critiche e delle obiezioni abbastanza ingenerose verso questo prodotto, che lo dico subito per me è buono, ma ha dei difetti e non di poco conto. A mio avviso non si è capito che non è contemporaneo il tempo di Suburra e non è Mafia Capitale. Si parla di un sindaco che si dimette, come fece Walter Veltroni il 13 febbraio del 2008, non completando il suo secondo mandato, era stato rieletto nel 2005. Veltroni si volle candidare per il governo nazionale nella primavera del 2008 e non doveva avere incarichi politici per farlo. Come tutti sanno, o come possano verificare anche su Internet, Veltroni perse quelle elezioni. Si aprì una stagione di vuoto nella capitale che porta alla scoperta degli affari chiamati Mafia Capitale. Torniamo alla serie.

Va detto subito che la regia della prima puntata è debole, non so perché sia stata affidata a Michele Placido, attore di grande importanza, ma personalmente non mi ha mai convinto come regista. Si vede soprattutto da quei piani che si soffermano in campo lungo, anche se l’inizio è folgorante, con la scena dell’orgia in cui è coinvolto un alto prelato, ma queste cose di solito sono struttura, anzi per meglio dire scrittura.
Bravi i protagonisti. I tre ragazzi – Aureliano, Spadino e Lele – ripropongono tre parti di Roma che da sempre mal si sopportano, ma coabitano, non nascondendo il disprezzo reciproco. Eppure poi li ritrovi insieme. Questa è la forza dello script. C’è una regola quando si scrive una sceneggiatura, soprattutto di genere criminale o noir, il personaggio non deve scegliere, deve essere costretto alla scelta. Qui Bonini, De Cataldo, insieme a Gaglianone – che ha scritto Lo chiamavano Jeeg Robot – e agli altri del gruppo scrittura ci riescono davvero bene. Funziona Suburra? Si, perché è scritto bene, secondo le regole, mostra tutta la disperazione e lo schifo di quella città, che è la mia, che è quella in cui sono nato e che amo, ma da cui me ne sono andato, senza fronzoli e senza giustificazioni. Devo dire che anche Claudia Gerini mi ha sorpreso nella sua recitazione.

Quando leggo sui social che gli autobus sono vuoti e le strade pulite allora mi rendo conto che davvero di speranza ne è rimasta poca. Se in una rappresentazione che mostra come politica, chiesa, crimine, vadano a braccetto insieme e siano lo stesso pronti ad uccidersi, mi chiedo che senso abbia proprio realizzare una rappresentazione del genere. Forse invece dovrei chiedermi perchè abbiamo lasciato la sfera delle nostre opinioni in merito ad un argomento solo ai social network, oppure perchè non possiamo fornire un opinione che sia più articolata. Critiche su Suburra si possono fare, perchè al di là del prodotto, perchè oramai si gira solamente a Roma? Perchè tutto è spesso scontato, senza possibilità di alternativa? Siamo sicuri che le fantomatiche ragioni produttive non siano in realtà un alibi che le produzioni si danno per non rischiare su una narrazione diversa?
Sollevate alcune doverose riserve ci sono elementi positivi, come la presenza delle famiglie di Sinti, comunemente zingari, che non fanno parte solo del contesto criminale capitolino e vi stupireste nel sapere quanto sono presenti in tutto il territorio nazionale. Il resto, credo ci sarà, lo aggiungerò a visione ultimata.