Social Media 2022: statistiche, Umberto Eco, haters, Houellebecq, cospirazioni, Lao Tzu, pandemia, haters, guerra e consumi

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Come ogni anno sono arrivati le rilevazioni del tempo trascorso sopra le piattaforme social nel nostro paese relative al 2021. Stavolta i dati sono quelli che mostra  Vincenzo Cosenza alias o aka, come dicono gli anglofoni, Vincos, che vi consiglio di seguire se vi interessa l’argomento digitale  e magari di leggere “Marketing Aumentato” l’ultimo dei suoi libri. Sono dati che sono già importanti ma che lo diventano sempre di più sotto tantissimi punti di visti. Sicuramente alcuni diranno che è per la pandemia, ma in realtà il tempo speso sui social media è in crescita perenne da oltre 15 anni. Se pensiamo che il primo social network fu Six Degrees lanciato nel 1997 e che Facebook di Zuckerberg vide la luce nella sua prima versione nel 2004, direi siamo di fronte ad una presenza stabile nella vita della maggior parte dei cittadini del mondo. C’è ancora chi li vuole definire novità. La questione però è che i social non sono una novità e sono qualcosa che è componente delle nostre vita, anche per voi che dite di non usarli e poi messaggiate nella chat di whatsapp.

Ricordo verso gli inizi del duemila la presentazione di un bel pamphlet dell’architetto Paolo Desideri che si chiamava La città di latta. Si raccontava di come stavano cambiando moltissime le abitudini di chi viveva nelle periferie, anche quelle delle bidonville.  Non era raro vedere agglomerati di baracche di lamiera con sopra antenne satellitari e magari all’interno tv a 40 pollici. Anche nel libro di Azar Nafisi “Leggere Lolita a Teheran” – che consiglio moltissimo – si parla di come fosse comune avere un’antenna satellitare per molti durante la guerra Iran-Iraq ed anche prima. Tutto questo a rimarcanre il fatto che gli smartphone sono presenti nelle “mani” della maggior parte degli esseri umani, anche dei tantissimi migranti che attraversano dei veri e propri esodi e percorrono rotte della morte in balia di veri e propri mercanti di uomini. Si potevano vedere molti smartphone fra i migranti detenuti nei lager libici finanziati da molti paesi europei, fra cui il nostro, e fra le decine di migliaia di migranti nei campi improvvisati in tutto l’est europeo mentre si coprivano con cartone in mezzo alla neve e cercavano di mangiare nella vana attesa di essere accolti dai paesi liberi, che invece li tenevano a distanza. La copertura mediatica è stata inferiore a quella dedicata ai mondiali di padel. Tutto questo per dire due cose: esiste un diritto alla comunicazione e lo smartphone non è un bene di lusso come qualcuno vuole continuare a credere.
Veniamo ai dati.

Il SOCIALSCAPE ITALIANO E GLOBALE

social

Nonostante i tanti rumours e le opinioni da bar, Mark Zuckerberg in Italia – e come vedremo non solo – è ancora il re dei social con la coppia Facebook ed Instagram, uniti ora nella nuova società META ed il suo progetto Metaverso,  termine coniato dallo scrittore  Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow Crash. Perché, signori miei, se volete capire la rete ed il digitale dovete tornare agli anni ’90, con la generazione X, il cyberpunk, con le BBS e con tante cose. Matrix infatti è del 1999 e non l’inizio di un movimento, bensì una trasposizione di qualcosa di molto più grande Ogni fenomeno ha sempre un inizio, non nasce all’improvviso. Un pò come la storia e la guerra. Nulla nasce per caso ed all’improvviso.
Grandissimo exploit di Telegram, anche perché è molto simile a whatsapp. Telegram ha delle potenzialità enormi non ancora sfruttate. Chissà se sarà stata la spinta dei gruppi novax e cospirazionisti ad incidere. Twitter è in calo. Nonostante sia frequentatissimo da presidente nei bunker che rilasciano più di un’intervista al giorno, politici con le magliette di dittatori,  il social network dell'”uccellino” che frequentavo da oltre 13 anni – ho vinto anche un premio in tempi non sospetti – sta perdendo peso. Stupisce il dato di Tik-Tok, il social cinese, forse quello con l’algoritmo più innovativo, che arriva al 10% circa. Mi aspettavo qualcosa in più. Stupisce perché ha una copertura mediatica in tv enorme, un po’ come quando ad un certo punto in tv c’erano solo novax e sembrava che nessuno nel nostro paese si volesse vaccinare. Youtube vince per la sua capacità di riuscire a mostrare video di qualsiasi utilità, dal come montare un amplificatore ad aiuto dei videogiocatori, per i quali il social di riferimento è Twitch, alla meditazione zen. Belli i risultati di Pinterest e Linkedin, il primo una meravigliosa banca-bacheca delle immagini, il secondo quello dei “professionisti”, che è molto cambiato. Se prima era un modo per cercare lavoro, da alcuni anni è un posto di confronto proprio sulle tematiche inerenti alla vita lavorativa e non solo. Si discute in maniera più pacata senza essere aggrediti da stalker, cospirazionisti, haters. Ci sono anche lì naturalmente, però è diventato molto più collaborativo. Una natura cambiata come quella di Instagram, che lavora molto di più sulle interazioni e sui video.

Le immagini qui sopra si riferiscono a dati globali di gennaio 2022. Il primo mostra le preferenze degli utenti verso determinati social. Ci sono nomi sconosciuti per la platea italiana, tranne gli addetti ai lavori ed i socialphile, permettermi il termine. QQ e Douyin sono cinesi, LINE è simile a whatsapp ma usato in altri paesi, Discord è una piattaforma di messagistica istantanea sempre più usata per il segmento gamers, sempre più importanti.
La seconda mostra il tempo speso dagli utenti Android. Non siamo molto lontani dal panorama, tranne dal fatto che TikTok prende sempre più forza, cosa che credo sarà il trend di quest’anno nonostante gli USA stiano cercando di impedirlo. E’ noto che esiste una guerra commerciale fra USA e Cina, che non ha nulla di ideologico come alcuni credono, visto che Huawei ed Apple sono società che hanno gli obiettivi di generare profitti. Colpisce in questi dati la scomparsa di CLUBHOUSE, il social vocale che doveva spazzare via tutti e tutto. Certamente l’apertura delle “stanze vocali” su altro social lo ha penalizzato.

ASCOLTARE I SOCIAL, ASCOLTARE GLI ALTRI

La vita è una serie di cambiamenti naturali e spontanei. Non opporre loro resistenza; questo crea solo dolore. Lascia che la realtà sia la realtà. Lascia che le cose fluiscano naturalmente in avanti come sono.
Questa frase di Lao Tzu ha circa 2500 anni e ci raccomanda di comprendere come i cambiamenti sono l’unica vera cosa stabile nell’esistenza. Quando si dice “non cambia mai nulla” è perché non si vuole guardare il mondo. Cosa c’entra coi social? Molto. Molto perché viviamo in un momento dove le teorie del complotto si sono radicalizzate attraverso i social. Attenzione non a causa dei social, ma attraverso i social, lo strumento di comunicazione più diffuso ed importante in questi ultimi 15 anni. I media tradizionali, giornali e tv, non fanno che parlare di social e citare la fantomatica civiltà dell’immagine. La citano in un momento in cui la radio è ancora forte ed è in grandissimo aumento il fenomeno podcast ed audiolibri – ho dedicato un post ai podcast parlando dei due realizzati per il decennale del naufragio della Costa Concordia – che sono una nuova forma molto congeniale agli smartphone e non solo. Nella maggior parte del tempo che noi passiamo negli spostamenti, nelle attività motorie, anche lavorando, noi “ascoltiamo”. L’ascesa dei podcast è incredibile negli ultimi anni anche in Italia e siamo ancora leggermente indietro rispetto agli altri paesi! E’ un terreno sul quale scommettere in chiave social media – tanto per cambiare mi sono messo a studiare, anche se c’è qualcuno che dice che non so fare il mio lavoro – soprattutto in Italia, vista la tradizione che abbiamo nel doppiaggio. Attenzione che non è un motivo secondario. Come non è secondario capire che sono cosa che vanno preparate e scritte. Purtroppo viviamo in una realtà in cui occuparsi di comunicazione social non è considerato un lavoro, molto spesso ci chiedono anche di riparare un pc, oppure viene considerato una cosa facile, senza difficoltà. Forse uno dei motivi è il fatto che i tanti neo-vip che fanno da concorrenti nei vari reality vengono presentati come “influencer”, una delle parole più inflazionate della storia e che non vuol dire “essere belli belli belli in modo assurdo” come direbbe Zoolander! Tutti sono convinti che influencer sia qualcosa che riguarda il settore fashion. Niente di più sbagliato nel dopo post-modernità, nella post liquidità di Baumann. Viviamo da molti in una società completamente frammentata e chi si occupa di consumi ne è fortemente consapevole! Ci sono cuochi e scrittori che hanno milioni di follower eppure il sistema dei media tradizionale, che è quello più in crisi specie in Italia, insiste in questa terribile contrapposizione. E’ successo durante la pandemia in una maniera eccessiva, quasi patologica, e sta succedendo ora con il conflitto fra Russia ed Ucraina. Si chiede di stare “o di qua o di là”, opzione che porta solamente ad accrescere il livore. C’è molto lavoro per chi si occupa di psicologia.
Nei media tradizionali, specie la stampa, c’è il non volersi rassegnare al fatto che il giornale di carta è un dinosauro. Molti giornali italiani lo stanno comprendendo e stanno realizzando dei prodotti web e mobile sempre più accessibili e competitivi. Tra l’altro visto che si parla di “transizione ecologica” non sarebbe sbagliato. Siamo nello stesso scenario di chi diceva “io solo libri di carta” ed oggi compra ebook come non ci fosse un domani. Tutto è impermanente e cambia. Per questo ogni volta che si chiede “o di qua o di là” vuol dire che non si sta ascoltando. Soprattutto non si usa l’empatia. Leggere Daniel Goleman non fa mai male.

 

Lasciamo in pace Umberto Eco leggendolo

“I social network sono un fenomeno positivo ma danno diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Ora questi imbecilli hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”

Questa è la famosa frase di Umberto Eco che viene sempre citata dai fautori degli anti-social. La disse quando fu insignito di una laurea honoris causa a Madrid. Subito dopo il semiologo e narratore fu subissato di insulti.  Lo stesso Eco pochi mesi dopo precisò che il suo bersaglio non erano tanto i frequentatori dei social, ma in generale un certo laissez-faire delle strutture scolastiche sugli strumenti in generale. Eco disse anche “Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.” Certamente il medium è il messaggio come dice sempre san McLuhan ed io da studioso di comunicazione lo ricordò nelle orazioni serali del mio pantheon personale, ma non possiamo dimenticare che i social sono composti di persone. E di parole. E le parole fanno male. Sono mattoni leggeri. A volte pesanti.

Facciamo un esempio. Parliamo di tv. Specialmente di talent e reality. Ogni tanto leggete che un programma sta andando “benissimo”, grande successo e sotto c’è scritto sui social se ne parla tantissimo. Conoscendo ed avendo lavorato nella tv vado a vedere gli ascolti e vedo dei risulti bassi o mediocri. Come mai? Semplice. Basta rivolgersi a dei professionisti che preparano dei bot per farsi che alcuni argomenti risultino più forti nel sentiment e negli algoritmi. Inoltre non è detto, chi frequenta i social lo sa, che se ne parli bene. Scordatevi anche il buon vecchio caro Oscar Wilde e leggete i suoi libri piuttosto che ripetere “basta che se ne parli”! Nell’epoca della della brand reputation, della advocacy, del customer marketing, il basta che se ne parli è una fesseria! Il 90% delle persone quando compra un oggetto legge le recensioni degli utenti. Quindi.

Quello che bisogna comprendere è che la complessità del nostro mondo è in continuo aumento, è l’entropia dell’universo – si, io ho fatto lo scientifico – e noi non facciamo eccezioni. Umberto Eco in una delle sue mitiche Bustine di Minerva – ci sono delle bellissime raccolta in merito – ne fece una che parlava di quanto dura la fine di un impero. La consiglio perché oltre a parlare di Impero Romano, Ottomano, Cinese, Asburgico, parlava anche di quello sovietico. Diceva che non si può mai evitare di calcolare le conseguenze di un gesto senza studiare la sua storia. Non aggiungo altro, anche perché uno dei motivi della mia pausa dai social è stata l’essere stato definito un pro-Putin, un “assassino con le mani sporche di sangue” e altre amenità perché ho sottolineato alcune distorsioni nel racconto di questa guerra.

Stiamo vivendo un momento di passaggio che trovo ben descritto in questo brano tratto da ANNIENTARE di Michel Houellebecq:
Da un secolo a quella parte, altri uomini erano apparsi, in numero crescente; erano ridanciani e viscidi, non avevano nemmeno la relativa innocenza della scimmia, erano guidati dalla missione infernale di rosicchiare e corrodere ogni legame, di annientare ogni cosa necessaria e umana. Sfortunatamente avevano finito per raggiungere il grande pubblico, il pubblico popolare. Il pubblico colto, influenzato da una serie di pensatori che sarebbe noioso enumerare, aveva da tempo aderito al principio della decadenza, ma questo non aveva molta importanza, quello che contava davvero ormai era il grande pubblico, che a partire dai Beatles e forse da Elvis Presley era diventato il criterio di ogni convalida, un ruolo che la classe colta, avendo fallito sul piano etico come su quello estetico, ed essendosi per di più gravemente compromessa sul piano intellettuale, non era più in grado di conservare. E dato che il grande pubblico aveva acquistato uno status di istanza di convalida universale, il suo programmatico svilimento, pensava Paul, rappresentava una pessima mossa, che poteva sfociare solo in un esito triste e violento.
E’ ben descritta la parabola delle elite, che in un certo senso non vogliono arrendersi dalla società di massa ad una società dove la comunicazione è più orizzontale e cercano di esasperarla. Non possiamo mica scordare come moltissimi addetti stampa puntino su una comunicazione aggressiva, livorosa e “cattiva”. Una vera e propria fabbrica dei nemici e degli eroi. Siamo sulla soglia di qualcosa di diverso e questo ci fa paura ed è per questo ci affidiamo a delle certezze che non esistono più e che non sappiamo come rimpiazzare. I social con la loro immediatezza diventano valvole di sfogo.
Eppure noi siamo tutti interconnessi come ben esprime il mito della rete di Indra, la dea induista della folgore: l’universo è avvolto da una rete dove tutti siamo interconnessi. Non possiamo pensare che con l’odio andremo avanti. Anche nei social.