SANPA: storie di droga e di un padre-padrone

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Non era facile parlare di una docuserie come SANPA. Quando l’altra settimana l’ho fatto dalle pagine del Quotidiano del Sud ho scelto di partire dalle parole del romanzo di Gavino Ledda e da quelle di Max Stirner. Ogni tanto qualcuno mi rimprovera che scrivo di serie tv usando cose difficili. Sono quelli che sono in tv e si stupiscono che il fumetto è arte – ogni riferimento è puramente casuale. Viviamo un tempo in cui c’è chi vuole credere e far credere a tutti i costi che la cultura sia qualcosa di cattivo e lontano. Sono le stesse persone che non capiscono la potenza della cultura, perché non sanno cosa voglia dire. E dopo questo preambolo torniamo a parlare di SANPA.

La volontà di un uomo

“Padre e padrone, se ha torto, pure ha ragione.” Questa frase è contenuta nel romanzo d’esordio uno scrittore italiano: Gavino Ledda. Il romanzo autobiografico era proprio PADRE PADRONE. Vinse il premio Viareggio, fu un bestseller, e solo due anni dopo fu di ispirazione ad un adattamento cinematografico bello e molto duro realizzato dai fratelli Taviani. Questo è il punto di partenza che io uso per parlare di SANPA, la docuserie in onda su Netflix, che oltre ad avere moltissimi spettatori, sta anche suscitando un dibattito forte ed importante su molti temi.
Prima di addentrarci nello specifico mi faccio aiutare da un’altra citazione: “Chi per sussistere deve contare sulla mancanza di volontà degli altri è un prodotto mal fatto di questi altri, come il padrone è un prodotto mal fatto dello schiavo!” Queste sono parole del filoso tedesco Max Stirner vissuto nella prima parte del 19esimo secolo, proveniente dalla sinistra hegeliana ed approdato poi ad un pensiero molto singolare ed importante sull’unicità dell’essere umano. Utilizzo queste due coordinate per far capire come parlare di SANPA non sia solo parlare del problema droga, solo  della vicenda, di Vincenzo Muccioli, solo di una parte della nostra storia recente, solo di un forte atteggiamento degli italiani, ma tutto questo è anche molto di più!
Netflix ha segnato l’inizio del 2021 in una maniera fortissima per quanto riguarda la questione culturale con due titoli: Bridgerton e Sanpa. Un’operazione che mostra il nuovo andamento della piattaforma di streaming che vuole portare nuove quote di pubblico che solitamente non sono fan della serialità. Sanpa è la storia, dalla fondazione, ascesa, discesa e caduta, della comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano fondata da Vincenzo Muccioli. E qui siamo sul padre-padrone di Gavino Ledda. Gli anni sono gli ’80, gli stessi che vedono il made in Italy ed il sistema della moda con la “Milano da bere” in piena ascesa, ma che vedono le nostre città pieni di ragazzi che vagano come degli zombie in preda agli effetti dell’eroina.

SANPA: il sogno di uno e l’incubo di molti

Oltre queste tenebre tragiche sono le contraddizioni terribilmente umane di chi ha vissuto e racconta a lasciare sgomenti. SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano, questo il titolo completo, è una docu-serie che non racconta solo fasti e nefandezze della più famosa comunità di recupero di tossicodipendenti in Italia, una comunità fondata sul dolore che veniva occultato. Racconta soprattutto miserie e virtù di persone che hanno vissuto una vita al limite, simbolo dell’esistere di ciascuno di noi. Il personaggio principale su cui verte tutto il racconto è Vincenzo Muccioli, il padre-padrone di San Patrignano, un omone tanto istintivamente buono quanto segretamente ambizioso, diventato nella percezione di certa opinione pubblica, prima il salvatore degli ultimi, poi il loro carnefice. Un uomo che è stato spiritista e dedito anche alla magia nera, con legami con alcune dei settori del grande capitale italiano come la famiglia Moratti. Non era un medico, non un terapeuta, non un educatore. Pensava che il suo spirito paterno potesse andare oltre qualunque lacuna professionale e che l’amore curasse ogni ferita.

Per i tossicodipendenti entrati in comunità è stato a volte vero, altre volte no. Quando l’amore non è bastato, la conseguenza è stata che a San Patrignano è entrata la tragedia. Ci sono tante vicende giudiziarie intorno al protagonista Muccioli, sia quelli finite in tribunale, sia quelle non finite, come il traffico di valuta all’estero ed altri reati di violenza. Però c’è poi un sistema, un sistema che pensava che la repressione dell’essere umano, fosse la soluzione per uscire dalla droga. In quel momento l’Italia non ha voluto ammettere che aveva un profondo problema con la droga, un problema che riguardava tutti quanti, non solo i “tossici” ma anche le famiglie. Ha pensato che servisse qualcun altro che se ne occupasse. “Serve un uomo forte”, quante volte abbiamo sentito questo richiamo, dai bar ai social network! Serve qualcuno che se ne occupi per noi. Serve qualcuno che nasconda il problema sotto il tappeto perché noi non lo vogliamo vedere, non vogliamo sentirlo neanche nominare. E’ il lato fascistoide degli italiani. Muccioli ha incarnato questo desiderio oscuro. La legge Iervolino Vassalli, prima legge organica sulla droga, legge che criminalizza spacciatore e consumatore ponendoli indifferentemente sullo stesso, poteva chiamarsi legge Muccioli. Lui stesso fu seriamente in predicato di diventare ministro della salute della repubblica italiana. San Patrignano aveva una sfilata di politici e vip che andavano a farsi fare foto con Muccioli che, a causa di un ego ipertrofico, adorava le luci della ribalta. I media hanno una profonda responsabilità in questo visto che hanno tratto vicende giudiziarie come fossero argomenti da televoto! Purtroppo la tossicodipendenza è un problema serio e delicato, quando si guarisce dalla dipendenza fisica, non si è guariti del tutto. Alla dipendenza fisica veniva sostituita quella da Muccioli, che diventava un padre-padrone, che sapeva ogni mossa e che aveva costituito una rete di collaboratori fidatissimi che agivano per suo conto. Sanpa è il racconto non di un sogno finito male, ma di un incubo che è stato fatto passare per sogno perché non c’è stato il coraggio di aprire gli occhi di una realtà problematica che era quella che coinvolgeva il paese.

Il documentario è vivo, per fortuna!

Il documentario è un genere che oltre alla qualità della sua costruzione narrativa dipende anche dall’interesse che si ha nei confronti dell’argomenti. Virunga è un film del 2014 scritto, prodotto e diretto da Orlando von Einsiedel. Il film si concentra sul lavoro di conservazione attuato dalle guardie forestali del Parco nazionale dei Virunga e sull’attività della società britannica Soco International, che ha iniziato a cercare petrolio all’interno del parco, riconosciuto patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, nell’aprile 2014. What Happened, Miss Simone? è un documentario del 2015 diretto da Liz Garbus sulla vita della cantante Nina Simone che è diventata un’attivista per i diritti civili e, in seguito, si è trasferita in Liberia a causa delle turbolenze degli anni ’60. Il documentario combina filmati d’archivio inediti e interviste con la figlia e gli amici di Simone.