“Dajana, ventitreenne romana, è l’unica ad aver scelto proprio il 2014. Ha un passato da directioner: “Non ero mai stata ad un concerto degli One Direction. Ero molto piccola, e loro si esibivano sempre a Milano. I miei, ovviamente, non volevano che andassi fin lì sola. Il 7 dicembre 2014, però, vennero a Roma. Li aspettai davanti agli studi di Maria De Filippi con tutta la famiglia”, continua la ragazza. “Eravamo in più di duecento, accalcati e infreddoliti, letteralmente accampati per strada. Aspettammo dalle otto di mattina alle dieci di sera. Ancora ricordo la delusione di non essere riuscita neanche a vederli entrare negli studios”.
Il primo contributo è una delle terzine più famose della Comedia di Dante, quella del canto di Paolo e Francesca, poi c’è la testimonianza che viene da un lungo reportage sulla nostalgia della Generazione Z e della Tik Tok Generation, quelli che voteranno per la prima volta a settembre 2022. Proprio loro.
Io, per ragioni di storia medica – il tumore, l’amnesia e tutto il grosso resto – ho un rapporto diverso con la “nostalgia”. Ho nostalgia di quello che ho perso, oggi, però, riesco a convivere quasi serenamente con questo trauma, però, allo stesso tempo sono molto ancorato al mio presente, grazie alla pratica delle discipline orientali. Non fa mai male guardare Altrove, non danneggia quella “costruzione sociale” che è l’identità. La cosa di cui mi accorgo è che molto spesso c’è nostalgia di qualcosa che non è. Non ho detto “non c’è”, ma proprio “non è” come non è stato.
Dice Kundera: In spagnolo, “añoranza” viene dal verbo “añorar” (“provare nostalgia”), che viene dal catalano “enyorar”, a sua volta derivato dal latino “ignorare”. Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell’ignoranza. Molto spesso se si vanno a verificare i dati ed i riscontri con quello che si evince attraverso queste narrazioni della nostalgia – perché questo sono: narrazioni – e che i fatti non suffragano i racconti. Questo è alla fine la nostalgia: un racconto, molto spesso un rimpianto, quasi sempre della giovinezza, si unisce alla paura della morte, ma soprattutto al rimpianto. Sempre il nobel Kundera scrive: La nostalgia è la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare. Una citazione che esprime il senso stesso del rimpianto. Però un altro grande poeta portoghese come Fernando Pessoa scrive: Non c’è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai state!
In greco c’è la coppia nostos/algos , ritorno e sofferenza. Qui la nostalgia travolge la memoria, la storia e diventa prima invenzione e soprattutto prigione!
Sono due le parole più pronunciata e abusate da un bel po’ di tempo: cultura e memoria, ma di cultura della memora non si parla mai. Anche qui tanta nostalgia e poco altro.
“Che cosa avete contro la nostalgia, eh? È l’unico svago che resta per chi è diffidente verso il futuro, l’unico.”
Citazione efficace da La Grande Bellezza di Sorrentino, ma incompleta. La nostalgia ha una componente fortissima di vanità, una vanità che ci fa pensare che solo noi abbiamo la “verità” delle cose – non in senso teologico (ma non è detto) – e che ci impedisce di guardare l’Altro. Il pensare di avere sempre ragione ci fa scansare il confronto, che alla base delle scelte e delle pianificazioni del futuro. Se poi le cose vanno male c’è sempre una grande scappatoia, proprio la nostalgia! Oppure dare la colpa a qualcuno o qualcosa del presente – fateci caso come i social sono diventati il capro espiatorio, anche se i social oggi abbondano di fan della nostalgia! Se ci pensiamo questo fenomeno è tipico della politica a tutti livelli. Si parla sempre di un passato glorioso che spesso non c’è mai stato e che i dati oggettivi mostrano che non esiste. Qui le storie non vengono ascoltate ma inventate e si pretende, anzi ci si autoconvince, che sono vero. La nostalgia è un Retròvirus con un suo Retrogrusto.