Donne nelle serie: L’anno delle regine

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C’è stata la Brexit, termine facile con cui si descrive il referendum che ha portato la Gran Bretagna, al di fuori dell’Unione Europea. Il 2016 però è stato anche l’anno in cui la tv britannica ha mandata in onda due miniserie sulle sue regine più amate: Victoria, sull’omonima regina, e The Crown, che racconta il regno di Elisabetta II. Con questo post continuiamo il viaggio di questo blog nelle figure femminili della serialità. Lasciamo gli Stati Uniti per arrivare in’Europa e capire come si raccontano due donne che hanno segnato la storia, lo stile e l’immaginario. Due serie che hanno a che fare con Doctor Who.

Itv produce e manda in onda la serie sulla regina Vittoria, riuscendo non solo a far vedere i punti controversi del suo regno, oltre alla grande espansione, è con lei che si crea l’impero britannico come comunemente si conosce, ma dando la dimensione del suo grande amore con il marito, il principe Alberto di Sassonia Coburgo Gotha. Lei viene ricordato come una grande “bacchettona”, una sorta di suora senza velo, quella che ha allungato le tovaglie per coprire le gambe dei tavoli, ma basta leggere qualche biografia ben accreditata per scoprire il numero di amanti che ha avuto. Era una donna che ha avuto, quasi subito, idea di cosa significasse governare e ha capito, più di molti altri uomini, il senso del suo tempo.
La protagonista è Jenna Coleman, che è stata l’ultima companion di Doctor Who, serie assolutamente cult per gli inglesi – e non solo. Ha lasciato il Tardis del Dottore proprio dopo aver accettato la proposta di questa serie – a noi fan è dispiaciuto, ma nessuno sano di mente può darle torto. E’ riuscita a dare un tono fresco al personaggio e a “svecchiarlo”, dandole un senso pratico anche nel suo rapporto con Alberto. Anche nel %image_alt%rapporto fra la Coleman e Tom Hughes – l’attore ha lavorato in altre miniserie realizzate per la stessa Itv – che interpreta il principe consorte è giusto anche nel fisico, infatti fra i due c’erano quas 30 centimetri di scarto in altezza. Colpisce anche l’interpretazione, che compensa il fisico con una timidezza che però non lo lascia in ombra, Alberto, infatti, fu realmente un attivista contro la schiavitù e credeva nel progresso. La serie è andata benissimo in termini di ascolti, un vero successo, anche se non ha brillato in termini globali, come sostengono alcuni, ma aspettiamo di vedere la seconda stagione.
Non so perchè siano state mosse certe critiche, che trovo abbastanza ingenerose, visto l’impianto scenico e il setup della sceneggiatura, ma soprattutto tutte le caratteristiche del period drama ben fatto. Perchè l’Inghilterra c’è. Come c’è quella sensazione di progresso e chiusura, di sfruttamento e libertà, tipica della potenza capitalistica e coloniale di quel tempo, c’è la capacità di aprirsi senza mai esagerare del tutto. Il cast è all’altezza, soprattutto Rufus Sewell, che interpreta Lord Melbourne, primo ministro e mentore della regina Vittoria, soprattutto nella sua fase preparatoria e nel primo periodo dopo l’incoronazione. La stagione si chiude con due eventi importanti: il primo attentato alla regina e la nascita della sua primogenita. Qui è racchiuso tutto il personaggio di una donna di carattere. Nel primo caso, mentre la corte spinge perchè lei invochi una condanna a morte per l’attentore, lei decide di rispettare il verdetto del tribunale che condanna l’attentatore al manicomio criminale a vita. Nella nascita di Vittoria, principessa reale con lo stesso nome della sovrana, è evidente l’unione fra lei è il marito, è la forza che comincia ad avere una sovrana che sarà fra le figure più imponenti della storia inglese. Di Alberto, che rivedremo nella stagione futura, anche se poi morirà di cancro allo stomaco, va ricordato anche lo sforzo organizzativo per organizzare l’esposizione universale di Londra, dedicata, com’era ovvio alla moglie, e dove sarà anche realizzato il Victoria e Albert Museum, gioiello architettonico dell’epoca. Forse si doveva dare un’idea più vorticosa degli eventi, anche se la seconda stagione spero mi smentirà, in fondo i regnanti non erano così tranquilli come sono apparsi o come la storia ufficiale ha voluto farci apparire.

Dopo Victoria realizzato da Itv, la stessa di Downton Abbey, è arrivata anche la BBC con The Crown, serie dedicata – e rinnovata – dedicata a Elisabetta II, attuale monarca inglese giunta ai 90 anni di età.
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Dalla storia moderna qui passiamo alla contemporaneità con The Crown, prodotto da BBC e Netflix. Presentata come la serie più costosa nella storia, ha tutte le caratteristiche per far parlare di sé. Creatore, sceneggiatore e produttore esecutivo è Peter Morgan. Per chi al suo nome sia rimasto incollato alla sedia o non abbia espresso nessun moto di sorpresa elenco alcuni titoli che dovrebbero svegliarvi dal torpore: L’ultimo re di Scozia, The Queen, Frost/Nixon, Rush. Bastano? Oppure siete anche voi di quelli convinti che la tv sia sempre a inseguire il cinema? Sarebbe questa la sede opportuna per parlarne ma andiamo avanti. Andiamo avanti con un cast di gran livello, Claire Foy (nella foto), attrice formatosi in teatro, interpreta in ottima maniera Elisabetta II. Non è sola. John Lithgow, uno che abbiamo visti tante di quelle volte da perdere il conto, rende un ritratto di Churchill esagerato e bello, grazie alla sua irascibilità. Sorprende anche Matt Smith, il terzo Doctor Who della contemporaneità, nel ruolo per niente facile, del principe consorte Filippo d’Edimburgo. Però, visto che parliamo di %image_alt%donne e di ruoli femminili, va assolutamente citata Vanessa Kirby (nella foto), considerata dalla critica inglese la miglore attrice, giovane, del palcoscenico del Ragno Unito, ed interpreta la principessa Margaret, sorella della regina. In The Crown, rispetto a Victoria, i ruoli familiari, sono diversi, servono per innescare lo scontro, per creare la drammaturgia, e Foy e Kirby, nonostante all’inizio vantino un rapporto unito, poi sono divise dalle vicende personale e da quelle di palazzo. Due caratteri diversi, più fredda Elisabetta, più mondana e aperta Margaret. Certo c’è da dire che Elisabetta venina dalla storia dello zio, Edoardo VIII, che abdicò in favore del fratello, Giorgio VI, per non rinunciare al suo amore per la statunitense e divorziata, con coniuge in vita, cosa proibita anche per un reale di Gran Bretagna – vicenda documentata nel bel film Il discorso del re. Nella serie sono raccontati anche questi eventi, come gli altri che hanno segnato il regno dell’attuale sovrana di Inghilterra, che nelle intenzioni voleva essere una moglie “sottomessa” – cito da lei – ma essere la guida di una nazione del genere, invischiata in processi storici molto complessi, non poteva permettere la realizzazione di tale aspettativa – sempre che di legittima si possa parlare.
Mentre Victoria si incentra sulla relazione amorosa, qui è prima il rapporto con la sorella e poi quello con Churchill ha dare impronta e forza al personaggio di Elisabetta. Non si esce dal dovere e Filippo si riscatta visto che è stato il più vicino ai figli, soprattutto a Carlo, che lo ha anche ribadito in alcune interviste nella realtà.
Se dovessi scegliere fra le due serie, per quanto abbia una simpatia per Jenna Coleman, ma The Crown è una di quelle serie che segnano la storia e l’immaginario, forse anche perchè sono vicini alla storia, alla cronaca e al gossip. Più di Victoria TheCrown ci restituisce la difficoltà del governo, anzi della parvenza del potere assoluto, dove ciò che è rimasto è il forte protocollo e la forma, dove è molto difficile, per chi ha vere responsabilità riuscire a concepire una dimensione privata.
Sarei curioso di vedere qualcosa del genere fatto su qualcuno dei Savoia, si intende qualcuno dei viventi, ma che conservi un tono distaccato, lucido e obiettivo.