Perché #Salvini ha vinto

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Premessa

Questo post non intende analizzare l’operato del politico Matteo Salvini, piuttosto si concentra sulla comunicazione, sul linguaggio e sul marketing che sono fattori incisivi ed importanti, forse anche di più sull’attività di Matteo Salvini. Proprio per questo viene lasciato il simbolo dell’hashtag.

La percezione è il potere

La nuova élite è rappresentata da chi conosce le dinamiche del digitale, ne è consapevole e le sa usare. Il nuovo potere è oligopolico, ed è un aspetto terribilmente pericoloso. Se nel mondo analogico il potere è sempre stato in mano a pochi, ma era un potere reale, oggi sono entrati in gioco dei nuovi operatori invisibili che sono in grado di influenzare la visione della realtà delle persone. Se governi l’infosfera fai credere ciò che vuoi alle persone. Il politico ha bisogno di consenso, l’azienda ha bisogno di vendere. Chi governa i processi della percezione governa tutto.

Questo è uno dei passaggi chiave di una bellissima intervista che Daniele Chieffi ha rilasciato a novembre scorso, quando è diventato Direttore comunicazione e PR – Dipartimento per l’Innovazione e la digitalizzazione della Presidenza del Consiglio. Negli anni ho avuto modo di conoscere personalmente e seguire il lavoro di Daniele e ritengo che sia uno dei professionisti italiani migliori nel campo della comunicazione. La parola che più mi colpisce in questo passaggio è PERCEZIONE. Siamo molti lontani dall’ottica dei persuasori occulti denunciati da Vance Packard alla fine degli anni Cinquanta, anche se ancora oggi c’è ancora chi crede che sia quello il metodo per cui gli utenti vengono convinti dall’industria pubblicitaria a comprare un prodotto. Non si tratta di cosa scegliere sullo scaffale di un ipermercato, perché adesso il prodotto più importante è l’informazione e di conseguenza il modello social e la politica. Inutile girarci intorno.

Sciacalli a Corso Francia

Cambiamo scenario e spostiamoci in un attimo d’inverno per le strade tortuose e molto poco illuminate della movida capitolina. Ho apprezzato molto l’appello fatto da Loredana Lipperini, storica conduttrice di Radiotre, e Massimiliano Coccia, redattore di RadioRadicale, su quello che è successo dopo la morte delle due sedicenni uccise in un incidente automobilistico a Corso Francia.

Il caso della morte delle giovani a Roma, a Corso Francia, è stata la vetta più triste di questo 2019, la profanazione della memoria di queste giovani donne con fotografie trafugate sui social, la condanna già intervenuta del guidatore, la rincorsa al luogo comune. Ma voi siete sicuri che questa strada salverà il giornalismo? Siete sicuri che rincorrere l’orrore sia il giusto modo per arginare la perdita dei lettori, di credibilità e di attenzione dei nostri concittadini? Siete consapevoli che la china intrapresa non porterà alla salvezza di qualcuno ma alla morte definitiva del giornalismo? Spesso la colpa viene ascritta ai social ma i comportamenti dentro le redazioni sono così dissimili dalle reazioni di pancia degli utenti finali?

Sono state postate da alcuni profili social le foto delle giovani vittime. Cosa inaccettabile, sia da chi l’ha fatto, sia da chi lo ha riproposto. Qui il problema non è la sicurezza stradale, le famose “stragi del sabato sera” sono calate moltissimo, qui ci sono segnali sempre più preoccupanti.

Wanted: Vogliamo un colpevole!

Il linguaggio che i social hanno assunto è quello di immediatezza, assolutezza, essere diretti senza se e senza ma, come dei deputati che vanno in Parlamento con delle t-shirt con sopra claim provocatori come fossero delle gif. La rete vuole un colpevole! Non importa chi sia, non importa cosa abbia fatto, ma voi dove dirci chi è il colpevole, il carnefice, l’assassino, il terrorista, il torturatore e tutti gli aggettivi e i sostantivi che volete. Basta che sia facile. Perché oggi non c’è spazio per la profondità. Anzi, oggi, in un mondo che è sempre più spaventosamente complesso e grande quello che è stato non sconfitto, ma bandito, cancellato, ostracizzato, è il ragionamento. Perché? Perché la cultura è noiosa! Quello che per molte generazioni è stato un valore condivisibile oggi non è solo inutile, ma è un nemico!

Fanculo la cultura! Engagement e reputation

Oggi i social sono il regno dell’engagement e della reputation. Attraverso le strategie di storytelling, uno dei tool più importanti nella cassetta degli attrezzi di un comunicatore, si sceglie quali sono gli argomenti, i temi e le storie più importanti ed utili per il proprio obiettivo. Si decide una strategia che mi porterà ad avere più risposte, più feedback e mi renderà più credibile alle audience – ma sarebbe meglio usare il concetto di “personas” – che mi interessano. Chiedetevi perché questa ricerca del colpevole si concentra su alcune vicende specifiche e non su altre. I dati sul femminicidio, fenomeno in costante aumento nel nostro paese, fanno rabbrividire, soprattutto perché le pene detentive non sono mai adeguate, anzi dagli ultimi rapporti sembra che siano più leggere. Eppure non vedo una presa di posizione forte, un’indignazione più clamorosa intorno a questo argomento. Ci sarà un motivo? Il solo chiederselo però presuppone un interrogarsi, un ragionare, un indagare, presuppone approfondire, cercare dei dati, farsi una cultura. Richiede tempo e risorse. Fanculo la cultura quando posso avere un colpevole che poi si rivela falso, come i casi di Bibbiano e del sindaco di Riace Mimmo Lucano, eppure hanno pagato tantissimo in termine di engagement e reputation!

L’odio e la violenza: l’eterna campagna elettorale e la sondaggiocrazia

La vicenda della senatrice a vita Liliana Segre è il culmine di una campagna di acredine e odio terribilmente pericolosa in un momento in cui il mondo vede il risorgere di un terrorismo del suprematismo bianco più o meno organizzato. Gli stessi esperti dell’FBI e della CIA si dicono estremamente preoccupati per questo fenomeno. Questo clima di odio e violenza che è stato uno dei cavalli di battaglia della destra sovranista, inutile nascondersi dietro un paravento perché questo fenomeno ha nomi e cognomi, come quello di Luca Morisi, lo spin doctor di Matteo Salvini, però ha radici ben più lontane. La politica del “vaffa” di Beppe Grillo ha portato al successo elettorale del Movimento Cinquestelle, anche se arrivati nella famosa “stanza dei bottoni”, espressione coniata nel 1962 dal socialista Pietro Nenni, si sono guardati in faccia e si sono detti “E adesso?”
Quindi che si fa? #Salvini è un fenomeno da perenne campagna elettorale, molto più dei suoi ex alleati cinquestelle. Ogni giorno un sondaggio, anzi più volte al giorno. Poco importa se in realtà il metodo usato, perché anche la statistica e la demoscopia sono scienze e hanno una cultura necessaria dietro, sono in realtà molto poco serie. L’obiettivo è puntare i riflettori sul fatto del giorno. Sul colpevole del giorno, che quasi sempre è qualcuno che appartiene a ceti deboli. Non importa più quale possa essere la soluzione ottimale per un problema, oppure affrontarlo in maniera razionale. Tutto si fa per poter dire che “la maggioranza degli italiani è con me” e se non è la maggioranza è una quota significativa di persone. Il numero fa la ragione, la soluzione. Se poi si chiede conto su come risolvere un problema allora si diventa quasi dei “disfattisti”, utilizzando un linguaggio da ventennio.

#Salvini la pancia e le mutande

Molto spesso si è usata l’espressione “parlare alla pancia” della gente intendendo la scelta di rivolgersi agli istinti e all’indignazione. Per me #Salvini ha fatto un passo in più: #Salvini parla alle mutande degli italiani. C’è qualcosa che riguarda la sessualità nel sovranismo in generale e in quello italiano in particolare. Salvini d’altronde non si presenta come il bravo padre di famiglia, che magari si concede qualche scappatella. Per niente! Salvini si presenta come uno di quegli scapoloni a cui piace divertirsi, le immagini estive al Papeete di Riccione sono esemplari in questo senso. Dalla fine della sua relazione con la showgirl Elisa Isoardi si è parlato sempre di meno dell’attuale fidanzato, ma il punto non è questo. Già dalla fondazione della Lega Umberto Bossi tuonava con il motto “La Lega ce l’ha duro!” da cui il termine giornalistico cielodurismo. La destra di stampo fascista, o se preferite sovranista ed autoritaria, e non solo ha sempre fatto della sessualità un vanto, anche per questo le posizioni su femminicidi e questioni femminili sono sempre state timidissime o quasi assenti, nonostante l’altra vera leader del sovranismo nostrano, Giorgia Meloni. Anche il voler difendere apparentemente le tradizioni, come la non richiesta ed inutile battaglia sul presepe, il rifiuto verso qualsiasi forma di rispetto verso culture diverse, non sono altro che un messaggio che nasconde il “Difendiamo le nostre donne”, un richiamo quasi tribale che trova sponda in alcuni settori della popolazione. La tradizione diventa un ombrello sotto cui mettere tutto e il contrario di tutto basta stare sotto la luce dei riflettori. Poi se sbaglia si perdona. Caso clamoroso è quello dei Nutella Biscuits e delle nocciole italiane, che comunque ha fatto vedere non poche crepe nella famosa Bestia, come viene chiamata la macchina di propaganda di #Salvini. Anche aver assunto il soprannome di Capitano non è altro che una figura retorica che ricorda sempre un certo richiamo all’uomo forte e alla sessualità che dal ruolo ne deriva.

Le promesse di internet

Quando iniziò la grande rivoluzione digitale, che un po’ coincise storicamente anche con l’abbattimento del muro di Berlino, sembrava davvero poter portare più democrazia. C’era questa enorme speranza. Io sono ancora convinto che possa il più grande strumento di diffusione delle idee e della democrazia su questo pianeta, ma non è sufficiente. Il fallimento è quello di aver creduto che tutto avrebbe seguito un suo corso spontaneo. Viviamo in un enorme collezione di nozioni che a volte non sono collegate e non portano ad approfondire un argomento. Non ci interroghiamo su cosa sia il sapere, ma solo sulle nozioni, che sono solo una patina, una gelatina gnoseologica, anche perché la cultura annoia! Questa dinamica alla fine ci rende molto meno liberi e molto meno democratici. In questo momento il potere ce l’ha chi è in grado di gestire queste dinamiche, e in questo senso c’è meno democrazia.

Ma la politica decide tutto questo o lo decide?

Rispondo in maniera diretta: lo subisce, lo cavalca ma ne è totalmente succube. La fine dell’esperienza del governo Lega M5S ne è la testimonianza. Inoltre, ogni volta che si chiedono i dati dell’orribile stato in cui versa il paese, in cui si chiede conto della dimensione oggettiva, della realtà, si vede che le cose non stanno come vengono presentata, però l’engagement sale e la reputation aumenta. Poi quando vengono fuori scandali che riguardano esponenti della destra sovranista si condanna, ma i riflettori si spostano altrove, magari su eventi sporadici che però sono in grado di catalizzare l’attenzione della gente. La paura è quello che ci governa, l’ossessione del nemico, pensiamo al terrorismo negli ultimi venti anni.  Oggi la politica ha perso totalmente il suo ruolo di guida della società e l’unica cosa che riesce a fare non è governare ma chiedere consenso. Il consenso è un mix di engagement e reputation che serve agli storyteller, ma cosa sia la politica oggi è ancora tutto da scrivere. Siamo ancora troppo legati a categorie novecentesche di cui ci dovremmo liberare al più preso.

Il Futuro Adesso

Tutto questo non significa rassegnazione, anzi io credo che #Salvini si possa battere e ribaltare, ma occorre un grande lavoro. Se vi interessa lo illustrerò in un prossimo post, di certo non posso e non voglio che questa situazione vada avanti e bisogna farlo ora, perché il futuro è adesso.