Pennyworth: ma che tipo il maggiordomo di Batman!

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Lawrence Ferlinghetti, poeta beat straordinario, l’uomo che creò prima la libreria City Lights a San Francisco, punto di ritrovo di quel movimento letterario fra i più famosi ed importanti del secolo scorso, e poi della Antologia che li radunò insieme, coniò questo verso bellissimo: ““Osa essere un guerrigliero poetico non-violento, un antieroe.” C’è qualcosa di fortemente poetico nel Cavaliere Oscuro di Gotham, si proprio Batmam, ma certamente non possiamo definirlo non-poetico. E beat meno che mai.

Se l’altra volta ci siamo occupati della Marvel, stavolta passiamo a quello che è l’universo della sua rivale, la DC Comics, occupandoci di Batman. Non andiamo a Gotham però, ma ci mettiamo sulle tracce delle origini della famiglia del cavaliere oscuro. Già è stato tratto uno spin-off che prende il nome proprio dalla città dove è ambientato il fumetto creato da Bon Kane, invece stavolta voliamo dall’altra parte dell’oceano, nella vecchia Inghilterra, per uno spin-off non ufficiale dove però si possono vedere i signori Wayne, proprio i genitori di Batman, conoscersi, incontrare un giovane Lucius Fox, colui che sarà il CEO della Wayne Enterprise e l’amico che sviluppa le diavolerie dell’uomo di Gotham, e soprattutto Alfred Pennyworth, il maggiordomo di casa Wayne. Proprio Pennyworth è il titolo di questa serie che va in onda su Starz Play, servizio della piattaforma Amazon Prime, e che è giunto alla sua seconda stagione riuscendo a conquistare ancora più spettatori ed appassionati. Avvertenza: non aspettatevi supereroi, qui non ci sono proprio. Qui si fa a pugni, si spara, si lotta, fra night club, ladri, ballerine, donne-spie e guerrigliere, femme fatale, sexy shop, in un Inghilterra degli anni sessanta, vittima di un colpo di stato fascista, dove la sua maestà vive in segreto con il suo governo in esilio, e dove i processi sono molto sommari e le vittime condannate a morte ed eviscerate in pubblico. Oltre che non-violenta la giustizia non è per nulla poetica! Pennyworth è un’ucronia, una versione alternativa della storia come ne abbiamo esplorate un bel numero qui dalle colonne di Percorsi Seriali. Sicuramente ricorderete The Man in the High Castle, tratto dal capolavoro di Philip Dick. La serie è prodotta da Bruno Heller e Danny Cannon di Gotham anch’esso più un’ucronia legata al cavaliere oscuro piuttosto che uno spin-off vero e proprio (le regole dei generi non sono robetta signori miei!) Pennyworth è quindi un origin story, le origine di uno dei supereroi più conosciuti del mondo.
Appena congedato dopo una carriera militare decennale, Alfred Penny worth, veterano ventiseienne convive con i traumi della guerra e cerca di farsi una vita come titolare di un’agenzia di sicurezza, che traffica anche con la malavita locale, aiutato anche da un paio di vecchi compagni d’armi. Nel frattempo, sbarca il lunario come buttafuori di un club per adulti e frequenta una delle ballerine del locale, Esme. La serie descrive il primo incontro tra l’inglese e Thomas Wayne, qui agente segreto della Cia che spera di sventare – con l’aiuto proprio dell’ex soldato – i piani della cospirazione che ha rovesciato il governo britannico. Le premesse sono sufficienti per destare l’interesse ed intrigano, specialmente se amate il tocco british. Heller, che come scrittore sa il fatto suo, sfrutta questa insana passione sviluppata dagli americani – e non solo . grazie al canale statunitense Pbs, che ha lanciato serie britanniche di straordinario successo negli Usa e nel mondo come Downton Abbey e Sherlock – e come dargli toro – instillando negli spettatori americani un debole per l’accento e le atmosfere britanniche. Superato il primo impaccio, la serie procede a un buon ritmo altalenando situazioni surreali a scene d’azione, momenti catartici a risse da pub, intrighi a inaspettate risoluzioni, momenti di tensione ad attimi dilatati di umorismo in pieno stile british. Il risultato è uno show godibile senza troppe pretese che tutto sommato merita un’occasione in particolar modo se siete appassionati di storie di spionaggio e di ambientazioni vittoriane; se invece siete alla ricerca di un programma sui supereroi resterete delusi, perché a parte lo spunto narrativo e un’atmosfera cupa che ben richiama certe suggestioni care al mondo di Batman, la serie ha poco a che vedere con questi temi. All’inizio non è stato ben accolto ma cast artistico e casti tecnico hanno dato un ottimo brava sapendo conquistare il pubblico nonostante le diverse incongruenze e sbavature. La Londra di Pennyworth è esattamente come persiste nell’immaginario dello straniero che ha sognata di vivere nella Swinging London: popolata di donne dalla cadenza posh e dal look da cartolina, immersa nella musica e nella nebbia. Per tutti gli altri che non subiscono il fascino di Albione, non solo perché guardano le serie doppiate, Pennyworth offre una spy story violenta dai toni adulti, tutta incentrata sul protagonista interpretato dal bravo Jack Bannon (I Medici), ex membro della Sas (Corpo speciale dell’esercito) nella prima stagione. Nella seconda le cose cambiano notevolmente. Mentre la prima è comunque piacevole, la seconda veda il livello alzarsi, soprattutto nei personaggi secondari, specie quelli femminili. I toni sono esagerati, grotteschi, tipici del linguaggio del fumetto e dei generi. Sicuramente una sorpresa molto piacevole, soprattutto se si entra nell’ingranaggio dell’ambientazione di questa Swinging London dove dei criptofascisti depongono la regina, il tutto condito da atmosfere molto meno borghesi di altri corrispettivi made in USA.

 

Welcome to Ucronia!

Le Ucronie non sono solo in tv e al cinema, ma nei libri. Ripetiamo che La Svastica sul Sole di Philip Dick è un capolavoro del novecento. Però c’è anche altro. Fatherland di Robert Harris è un gran bel romanzo che riprende l’idea dei nazisti vincitori della seconda guerra mondiale ed invasori degli USA. Poco conosciuto, purtroppo, è  Il Sindacato dei Poliziotti Yiddish, dove Micheal Chabon confeziona un’ingegnosa ucronia in giallo. Dopo il 1945 è l’Alaska, e non Israele, a diventare la patria degli ebrei. In “Alyeska” ora si parla yiddish, e per le strade di Sitka, la capitale, si sfidano gangster ortodossi e rabbini in attesa del nuovo Messia. E poi c’è 1Q84, romanzo ucronico di Murakami, lo scrittore giapponese fra i più amati al mondo. SI parla di un anno immaginario di una storia parallela del mondo – una storia che per piccoli dettagli diverge da quella del 1984 reale.