Peaky Blinders: non vederlo è un errore

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Peaky Blinders. Tutti commettiamo errori, il mio è stato quello di guardare in maniera distratta i primi due episodi di questa serie. Errore. Da un mese ho ricominciato a vederla perché stava per iniziare la terza stagione, che ora volge alla conclusione. Inoltre le migliori che seguivo erano oramai alla fine.
Com’è Peaky Blinders? Straordinaria. Esattamente fuori dall’ordinario, da quello che c’è in giro, il conferma – come se ce ne fosse ancora bisogno – che gli inglesi oggi fanno le serie migliori in circolazione, soprattutto se volete vedere qualcosa di diverso, grazie alla qualità dell’ingrediente principale di una serie: la scrittura.

Steven Knight è l’ideatore della serie, ha una scrittura che trasuda attenzione per il particolare. Mettiamoci pure una buona regia, professionale, con una fotografia che fa risaltare le diversità degli ambienti e dei personaggi, una colonna sonora pazzesca direttamente dal meglio degli anni ’90 tipo Nick Cave, P.J. Harvey, gli Stone Roses e altri – fra cui anche l’ultimissimo Bowie -, il viso freddo di Cillian Murphy e un bell’insieme di attori che sanno stare sullo schermo. Che manca? Nulla. Neanche gli ascolti, visto che nel Regno Unito la serie prodotta dalla BBC va molto bene e riscuote successo, tanto che è stata rinnovata per una quarta e una quinta stagione.

Steven Knight ha al suo attivo due belle sceneggiature per il cinema (Piccoli affari sporchi di Frears e La promessa dell’assassino di Cronenberg), altre buone e degne di nota, più il cult Locke, anche come regista, con protagonista Tom Hardy, che è anche uno degli attori della seconda stagione di PB e ha un cameo nella terza. I due inoltre sono già tornati a lavorare insieme, per la miniserie Taboo, un progetto ideato da Hardy con il padre. Leggenda, o realtà, vuole che Knight sia uno degli ideatori del quiz originale Chi vuol essere milionario?, questo per far capire che anche le persone intelligenti possono fare tv – su questo ci ritorniamo alla fine del post.

Nel 2013 arriva Peaky Blinders, che è il nome di un tipo di cappello che permette di nascondere la propria faccia, è quello che portano i protagonisti, che sono una banda di reduci della prima guerra mondiale, siamo negli anni ’20 a Birmingham, piena città industriale. I PB però sono di origine irlandese, ci saranno anche delle vicende con l’IRA nella seconda stagione, e possono vantare amicizie molto influenti costruite in tanti anni di onestà malavita, non dimentichiamo che Tommy Shelby, il protagonista ha delle origini zingare, un modo per svelare anche tutto il razzismo presente nella società inglese dell’epoca e non solo. Per le prime due stagioni grande antagonista è l’ispettore Chester Campbell, ben interpretato da Sam Neill, che avrà un ruolo di ripulire la città, ma poi diventerà un personaggio dei servizi segreti britannici. Ci sono dei mezzi anche intrighi internazionali, perché “uno spettro si aggira per l’Europa” e vengono richieste armi dalla monarchi georgiana contro i bolscevichi russi.

Ma di che si occupano i PB? Protezione, corse di cavalli, poi diventerà un’attività legale, fornire alcol negli stati uniti, cocaina, armi, rapine e tutto quello che ci può essere di illegale per l’epoca, non molto diverso dal giorno d’oggi. Però sono una famiglia. Molto grande, con tutti i loro screzi, dissapori, odi, alleanze temporanee e sotterranee, insomma tutto quello che succede in qualsiasi famiglia. Certo c’è l’intenzione dalla seconda stagione in poi di entrare in una sfera più legale del business, un po’ come i Corleone nella saga de Il Padrino e come loro stanno spostando interessi negli Stati Uniti. Però prima ci sono da regolari dei conti, soprattutto in vista della consegna delle armi ai georgiani, ci sono anche i cosacchi, proprio quelli che nell’immaginario dovevano abbeverare i cavalli a piazza San Pietro. Poi c’è un gruppo segreto, definiamolo, per puro comodo, una super massoneria, fatta di parlamentari, prelati e militari che vogliono manovrare i destini europei. A loro si oppone Churchill, c’era sempre in queste storie. Manca solo una puntata alla chiusura di questa stagione, dove di cose ne son successe, ma bocca cucita altrimenti iniziamo con le accuse di spoiler, una polemica inutile per me, perché non conta il risultato di una narrazione ma come ci si arriva:

Se penso a PB mi vengono in mente Sons Of Anarchy, non per le moto, ma per la fortissima adesione al gruppo di appartenenza, inoltre c’è lo stile, l’attenzione ai particolari e sembra di essere dentro Downton Abbey. Entrambe due grandi serie terminate, di cui personalmente sento la mancanza, PB ha l’elemento del crimine che rende i legami molto forti, oltre che l’etnicità e i segreti. La condivisione di un segreto è importante nell’ambito di una narrazione e non deve essere rivelato alla prima possibilità, cosa che invece nelle storie televisive italiane succede troppo spesso. Poi i Peaky Blinders sono esistiti sul serio ed erano una banda criminale degli anni 20, senza avere le ricchezze ed il successo che le serie vanta.

Ultimamente c’è stata un po’ di polemica sulle serie tv, uno sceneggiatore ha scritto un articolo dicendo alla fine le serie tv sono tutte uguali. Io non la penso così.
Credo che per trovare qualcosa di diverso, divertente, buono bisogna sforzarsi. Se si è abituati al panorama italiano che, a parte qualche eccezione, è abbastanza scadente, oppure se il massimo che si riesce a vedere al livello internazionale è Il Trono di Spade, che dopo le prime due stagioni non ha più offerto grandi sussulti, oppure si è vittime delle produzioni dello Shondaland System, che comunque sono sempre fatte bene, ma ripetitive, seriali fino all’eccesso e non si dà ascolto a piccoli consigli da sperduti avamposti come questo blog, non ci può lamentare. Peaky Blinders è uno di quei prodotti di gran livello.