Il giorni dei morti di Pier Paolo Pasolini

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Il titolo di questo post Pasolini segue idealmente  quello scritto su Sean Connery per la sua morte. Ogni anno questo non è semplicemente il giorno della commemorazione dei defunti, almeno non lo è per chi ha amato, o almeno incontrato la figura di Pier Paolo Pasolini, uno degli intellettuali più importanti del secolo scorso e non solo del nostro paese. Si è sempre detto scomodo per la sua omosessualità, ma la verità è che quello che è brillante in Pasolini è la sua ricerca della verità come forma di vita. Pasolini non si è mai nascosto.

Non si è mai nascosto come intellettuale, come analista delle dinamiche del potere e della politica, come scrittore, come regista e come poeta. La vicenda della sua morte è stata raccontata dalla giornalista, scrittrice ed amica Simona Zecchi, che dopo il bellissimo Pasolini – Massacro di un Poeta. Proprio il 5 novembre uscirà un nuovo volume ancora più completo dal titolo L’Inchiesta Spezzata di Pier Paolo Pasolini, edito da Ponte Alle Grazie.

 

Ogni tanto qualcuno mi chiedo da dove partire per conoscere Pasolini, come iniziare un percorso. Sembra facile vista l’enorme mole di materiale che c’ha lasciato e che sono anche visualizzabili in rete. Certamente non si può lasciare e tralasciare nulla. Bisogna solo essere consapevoli che stiamo parlando di un intellettuale corsaro, proprio come si intitola un bellissima antologia dei suoi articoli – Scritti Corsari – che raccoglie moltissime riflessioni sull’evoluzione della società, ma anche sulla cultura.
In questo breve video Pasolini fa una riflessioni sulla famiglia tradizionali e sul conformismo della società di massa che ha degli echi ancora oggi.

 

 

 

 

Però Pasolini è stato anche un regista che è riuscito ad usare la poesia non solo per dipingere le borgate, come molti hanno detto, ma la vita stessa. Proprio quest’anno è venuto a mancare anche, a settembre scorso, Enrique Irazoqui, l’attore spagnolo che Pasolini scelse per interpretare Gesù ne Il Vangelo Secondo Matteo, una delle più bella trasposizione mai realizzate sulla figura del Cristo. Pasolini è un uomo che ha compreso che il mondo è complesso e ha avuto la forza ed il coraggio di affrontare questa complessità ammettendo a volte anche la sua debolezza.

Il video successivo è l’ultima parte, poco più di 4 minuti, di Cosa sono le Nuvole, un cortometraggio – siamo in un periodo in cui i cortometraggi sono tornati molto di moda – che era inserito in Capriccio all’Italiana. Oltre Pasolini c’erano registi del calibro di Monicelli e Bolognini. Su Youtube trovate anche le precedenti.
In questo estratto riconoscerete Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Domenico Modugno, Ninetto Davoli e Totò.

Non voglio rinunciare al Pasolini poeta, perché le sue parole riescono a cantare la vita mentre cantava Roma, la città che lui ha amata e ha capito meglio di chiunque altro, nella sua grandezza e nella sua miseria. Per Pasolini però Roma è il teatro della vita, il palcoscenico dei suoi conflitti interiori ed esteriori.
Questa è tratta dalla raccolta Le Ceneri di Gramsci. Vi lascio con le sue parole sperando di aver reso un giusto omaggio a quest’uomo, ma consapevole che è impossibile.

 

 

Il pianto della scavatrice

I

Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia

il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato

della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,

scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche

le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d’esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri

piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti

agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare

ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri – in tuta o coi calzoni

di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori

chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.

Stupenda e misera città,
che m’hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,

le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa

delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato

con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d’estate;

a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire

che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono

fratelli proprio nell’avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi

vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare

esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognuno, era il mondo.

Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra

muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette

lassù, un po’ di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell’estate.
Trastevere, in un odore di paglia

di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide

risuonano d’incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
– sotto festoni di luci ormai sole –

verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l’anima era invasa

quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.