THE OFFICE: il lavoro non è mai stato così divertente

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Ieri dai miei profili personali di Facebook e Twitter ho scritto un parere su LOL-Chi RIde è Fuori, la nuova trasmissione comica, ripresa da un format giapponese, in onda su Amazon Prime. Ho detto che visto che si tratta di una gara dove vince chi non ride potevano chiamare me visto che dopo un paio di puntate non è riuscito a strapparmi una risata, nonostante ci siano dei comici che mi piacciono e stimo moltissimo! Non lo avessi mai detto! Mi sono trovato una fila di gente che mi ha ripetuto continuamente “E’ impossibile!” oppure “A me ha fatto ridere!” Ho pensato che Frank Matano ha parecchi cugini e Mara Maionchi parecchi nipoti altrimenti non capiscono perché delle persone se la prendono per una considerazione personale. C’è però una cosa, sempre su Amazon Prime, che a me ha fatto ridere davvero: THE OFFICE. Forse una delle sitcom migliori mai realizzata.

“L’abbiamo sempre fatto così.” “Non sapevo che fosse urgente.” “Non è di mia competenza.” “Nessuno mi ha dato l’O.K.” “Sto aspettando l’O.K.” “Come facevo a saperlo, secondo voi?” “Lavoro suo, non mio.” “Aspettiamo che torni il capo e sentiamo lui.” “Non ci capita spesso di fare errori.” “Non sapevo che fosse importante.” “Ho tanta di quella roba da fare che non riesco proprio a fare anche questo.” “Pensavo di averlo detto.” “Non sono stato assunto per questo.”

Nonostante lo smart working imposto da oltre un anno a causo delle misure anti-covid chiunque abbia lavorato in un ufficio ha sentito almeno una volta nella sua vita una di queste frasi. E, francamente, penso che alcune le abbia sentito anche durante il lavoro in remoto. Questo breve elenco, che potrebbe essere arricchito dalle esperienze personali di chiunque tanto da formare delle vere e proprie enciclopedie, è opera di Arthur Bloch, l’autore de Le Leggi di Murphy, libro che nel millennio scorso ha avuto un successo planetario. Ci serve per introdurre la serie di cui parliamo oggi che è un vero e proprio cult e non solo per il sottoscritto: THE OFFICEAmazon Prime Video sta intelligentemente riprogrammando la serie dandole una nuova vita e gli ascolti sono di nuovo alle stelle. Sono passati 15 dalla prima messa in onda di questa serie sulla NBC eppure non sembra invecchiata minimamente. Anzi. In origine la serie era inglese ed era stata creata da Ricky Gervais, brillante autore britannico. Furono solo due le stagioni di discreto successo, ma nulla di più. Fu lì che Greg Daniels, che sarà anche creatore di successi come Parks and Recreation e King of the Hill, fiutò che si poteva ottenere molto di più. The Office americano non è un adattamento ma un vero e proprio sviluppo di un’idea, tanto che il britannico Ricky Gervais entrò nel gruppo degli autori. The Office è una di quelle serie che da 9 su 10 dove il nonsense regna sovrano, soprattutto nella vita di un ufficio. Perché la vita di un ufficio è piena di nonsense, aneddoti, storie, disastri e quant’altro. Lo sanno tutti quelli che ci hanno lavorato e tutti gli amici, i parenti ed affini, visto che le storie da ufficio sono sempre stati argomenti di discussione alle riunioni per le occasioni festive. (Non dimentichiamo che la Pasqua è prossima molto prossima). Volenti o nolenti tutti siamo stati l’aneddoto divertente di qualcun altro, siamo stati tutti almeno una volta il “tizio in ufficio da me che…”.
The Office è ambientato all’interno di una filiale della Dunder Mifflin Paper Company, un’azienda che vende carta per uffici, è che si trova a Scranton, capoluogo della contea di Lackawanna, nello stato della Pennsilvanya, una cittadina di circa ottantamila abitanti. Non ci troviamo quindi in un contesto metropolitano. Nasce un mockumentary, ovvero un finto documentario. Per citarne alcuni famosi e abbastanza riconoscibili basti pensare a Zelig di Woody Allen, a The Blair Witch Project e allo stesso Borat, il film che ha reso una star mondiale Sacha Baron Cohen. Uno stile narrativo che libera gli attori dal bisogno di mettere in scena la solita sit com e gli permette di elevare i propri personaggi a un livello di comicità superiore, più realistica e più in sintonia con la falsità tipica della vita d’ufficio. Inoltre, le interviste personali sono un’ottima soluzione per spezzare il tono della narrazione, offrire un dietro le quinte e rendere i personaggi ancora più veri. Slegandosi dagli obblighi di una falsità teatrale e mettendo in scena il vero The Office diventa la perfetta imitazione del reale in forma di parodia. Non dobbiamo far finta di credere a ciò che sta succedendo, ci viene automatico. E poi ogni puntata dura 20 minuti, il tempo perfetto per divorarne almeno 4 o 5 di fila. The Office però ha i temi classici della sitcom, uno dei generi televisivi più amati e difficile da fare, che ci parla della vita reale esasperandone i toni. L’ossessivo compulsivo lo è a livello eccessivo, gli scherzi sono crudeli oltre ogni dire, le persone si comportano in modi che normalmente le porterebbero in manicomio, gli stupidi lo sono senza possibilità di redenzione e le persone normali navigano in tutto questo come se facesse parte della routine. La dicotomia è quella di sempre: c’è chi lavora e tiene la sua personalità a freno e chi invece se ne frega e la fa tracimare in ufficio. Eppure negli eccessi di The Office ritroviamo il nostro collega imbarazzante, quello incapace, l’egomaniaco e tutto il campionario di orribile umanità che popola i posti di lavoro. Sono maschere e archetipi ma hanno un fondo di verità, un po’ come succedeva con Boris, che è l’esempio migliore di sitcom prodotta nel nostro paese. Inoltre la sitcom è un genere dove più che mai l’ingrediente cardine è la scrittura. The Office in questo è spettacolare. Ogni scherzo, tormentone o sguardo è stato pensato a tavolino per ottenere il massimo effetto comico. Ogni personaggio rientra in precisi schemi, ma lo fa a modo suo. La sitcom è un genere difficile dove la scrittura funziona grazie alla capacità di improvvisazione dei suoi protagonisti. Qui abbiamo Steve Carrell, l’uomo che darà la sua voce al cattivo dei successi planetari con i Minions, che sa lavorare benissimo sull’improvvisazione riuscendo sempre a stupire gli spettatori ma anche i suoi compagni di lavoro. La sitcom è un genere complesso da gestire e realizzare. The Office è un esempio straordinario anche perché riesce a violarne le regole, come quella delle risate registrate. Quelle che sentirete sono le vostre.

 

Difficile dire quale siano le sitcom più belle, ognuno ha le sue preferite. Sicuramente Seinfeld, basata sulla vita dello stand-up comedian Jerry Seinfeld è una di quelle meglio riuscite ambientate a New York. Rimanendo nella grande un successo incredibile anche nel nostro paese è Friends scritta da David Crane e Martha Kauffman. Se ci spostiamo nel mondo della scienza una delle migliori in assoluto è Big Bang Theory dove i protagonisti sono dei nerd-scienziati. Fra l’altro il successo fu così grande che ebbe uno spinoff, a mio avviso evitabile, sul protagonista Sheldon Cooper. Non si può non citare The Nanny – La Tata, successo anche da noi, dove una tata di famiglia ebraico-newyorchese diventa invece emigrata dalla provincia di Frosinone. Un adattamento difficile e complicato che l’ha reso un successo anche da noi.
Ce ne sono tanti esempi ed anche di molti generi e nazionalità, come gli inglesi Monty Python gruppo comico storico della comicità inglese che realizzò dei film amatissimi anche in Italia come Brian di Nazareth. Noi siamo in un paese con una fortissima tradizione di stand-up comedian. Ora francamente ridere per delle scenette da festa delle medie – mancavano solo i bicchieri di carta col nome sopra – al gioco di “vediamo chi ride per primo” non mi entusiasma per niente  Lo trovo anche fastidioso, a parte Elio vestito da Gioconda, e non capisco cosa significhi “a volte bisogna spegnere il cervello”. Per ridere il cervello va stimolato e anche parecchio. Naturalmente tutto questo è sempre molto IMO (in my opinion), anzi IMOO (in my own opinion)!