Raccontare il Natale Liquido

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Ho ritrovato un articolo scritto ben otto anni fa. Una volta otto anni non erano un periodo enormemente lungo. Oggi si.
Il 2012 è stato l’anno della riconferma di Obama, del naufragio della Costa Concordia, di due terremoti in Italia – in Emilia ed in Calabria – delle pesanti alluvioni in Maremma, dell’escalation della guerra civile in Siria, del secondo posto dell’Italia del calcio agli Europei, della morte di Rita Levi Montalcini, dell’annuncio della gravidanza di Kate Middleton – per rimanere in tema The Crown – e di molto altro ancora. Doveva essere anche l’anno della fine del mondo secondo alcune profezie Maya, invece no e siamo qui ad affrontare la pandemia.
E’ l’anno che segna sempre di più il trionfo della narrazione liquida attraverso i personal device, una rivoluzione che ancora non si è fermata. Anzi.

Immersione nel 2012

Come distribuire la liquidità?

Chissà se Baumann si rendeva conto di come e quanto la sua definizione di liquidità avrebbe descritto e influenzato le nostre abitudini e i nostri consumi. 

Zygmunt Baumann

La liquidità del contenuto è la liquidità della sua forma e quindi della sua distribuzione. Come sara? Una riflessione quasi obbligatoria visto come si sta trasformando l’intrattenimento, ma non solo, dato che il marketing stesso è protagonista di questa trasformazione.

Cambierà molto, dal romanzo al turismo, dal cinema al cibo. Siamo oltre l’epoca del 2.0, che sta esprimendo il suo canto del cigno secondo alcuni autorevoli commentatori. Siamo anche oltre la social tv e i suoi comportamenti, siamo di fronte al passaggio del testo, usato in senso macro, oggettivo al testo soggettivo.

Prima è stata la distribuzione di un testo complesso e composito per vari canali e formati, ottimo esempio è stato Matrix, che fra film, animazione e videogiochi, costruì una narrazione disseminando nei vari formati elementi delle storie e dei mondi che lo componevano. Eppure la liquidità è anche il superamento della società dell’apparenza pura, supera i famosi 15 minuti di Wahrol, perché esprime la fragilità del nostro status dove tutti vanno alla ricerca della distinzione all’interno del gruppo, della propria nicchia: è la teoria della lunga coda applicata al corpus sociale.

Derrik De Kerckhove

Tutto questo ha portato all’abbandono dell’oggettività e all’esplosione della soggettività, basta guardare alla diffusione del fenomeno biografie, degli instant book, oppure ai libri “scritti” da sportivi, comici e altri personaggi dello spettacolo. Diventa una ricerca di aneddoti e non di pensiero, una ricerca dove si cerca di riconoscere il simile e non la differenza. Protagonista di questo è il tag che funge da bussola in un oceano di storie senza percorsi e soprattutto senza struttura. De kerckhove lo descrisse in un libro purtroppo mai pubblicato, affermò che il tag era liquido.

La struttura liquida non vuol dire scomparsa

In tutto questo quello che perdiamo è la struttura come la conosciamo, certo a favore di polifonia e polisemia che diventa corale, basta guardare come è cambiato il cinema, pensato a tutti i film con molti personaggi che hanno molti protagonisti e tutti con un “io narrante”, oppure che lavorano su sentieri temporali asincronici. Tutto questo è l’effetto decostruzionista, ben descritto da Derrida, prima dell’avvento della rete, e dalla sua definizione di Disseminazione dove si perde continuamente il riferimento dell’origine e del senso. Però non basta.

Walter Benjamin

C’è una nuova dimensione e per comprenderla bisogna tornare indietro, a un pensatore straordinario che non ha segnato solamente il novecento, ma anche il nostro contemporaneo: Walter Benjamin. Il flaneur, invenzione di Baudelaire, ma esplicato in Passegen-Werk del filosofo tedesco, naviga tra le reti e le app. creando percorsi nuovi e propri. Non è saldo, bensì insicuro e a volte claudicante perché il novecento è stato spazzato via, non ci sono più le Expò, anche se proviamo ancora a replicarle, c’è solo spazio fatto di elementi in cui dobbiamo creare linguaggi nuovi, ci sono frammenti che serviranno a creare nuove strutture con forme diverse.

“Il cristallo non è debolezza, ma raffinatezza” dice Alex Supertramp, protagonista di Into The Wild, lasciandoci con l’onere del montaggio dei frammenti che si creano, sempre di più e sempre di più velocemente, è l’entropia di Philip Dick, della palta come diceva in Ma gli androidi sognano pecore elettriche?.

La questione più nostra non è il montaggio dei frammenti, ma come montarli, è la vera sfida del post-presente, come dico io, della contemporaneità. E’ come avere un mobile Ikea del quale dobbiamo scrivere il foglietto delle istruzioni.

Emersione: torniamo nel 2020

Questo post fu pubblicato su Intervistato.com un progetto innovativo ed importante per l’epoca in cui fui coinvolto dagli amici Maria Petrescu e Jacopo Paoletti. Oggi mi rendo conto che la narrazione è diventata qualcosa che ognuna può costruirsi da solo. Non sto parlando di fake news, bensì di una dieta informativa e comunicazionale sempre più personale! L’ultimo report sugli investimenti pubblicitari i questo anno a livello mondiale si è visto come tutti i comparti siano calati esclusi i social media e che già per il 2021 si prevede una forte ripresa esclusa la carta stampata che dovrà aspettare il 2022 per tornare ai livelli pre-pandemia.
In uno scambio di tweet con l’amico Riccardo Skande Scandellari, a mio avviso il miglior esperto di brand nel nostro paese, siamo stati entrambi d’accordo che la feature più importante per tutti i device del presente e del prossimo futuro è l’engagement.

Sono due le parole su cui porre il focus: Community e Fiducia, (come ho avuto modo di scrivere) specialmente in un momento come quello dove dobbiamo ritrovare il senso di collettività per poter superare gli effetti sociali, personali ed economici della pandemia. Questo non riguarda solamente i marketer ed i comunicatori, ma tutti i professionisti, le imprese, le attività commerciali ed i consumatori. Noi. La pandemia ci ha già cambiato e non solo per il nostro colore regionale, pensare che non sia così significa perdere tempo mentre è necessario investire proprio il tempo, risorsa preziosissima, nella costruzione del post-presente.

Dobbiamo iniziare a raccontare un natale liquido inventando alberi di Natale di cristallo, come diceva Alex Supertramp, e pensare che sarà la prossima realtà sarà qualcosa molto simile ai Lego – il mio gioco preferito da piccolo – e capire le profonde potenzialità che tutto questo ha, smettendo di rimpiangere un passato che non è più e forse non è mai stato.