L’Occidente non è più Invincibile

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Sicuramente qualcuno leggendo il titolo di questo post dirà che non lo è mai stato. Vero. Ma a me oggi, come sempre, interessa l’immaginario, quel luogo dove formiamo i nostri bias cognitivi. Sicuri che davvero tutti noi cittadini dell’Occidente non abbiamo mai pensato qualche volta che, nonostante tutto cioè gli sprechi, le sperequazioni e gli egoismi, vivessimo nel “migliore dei mondi possibili “?

È qualcosa che sta nel subconscio e che ci sembra confermato dalla continua e forte immigrazione che viene da paesi meno fortunati, paesi poveri, dove la guerra e la carestia non sono cose da programma tv. Quante volte abbiamo sentito l’espressione Terzo Mondo, simulacro di un posto lontano, dove la gente ogni giorno non sapeva se sarebbe sopravvissuta, se avesse l’alba successiva. Ci dispiaceva e allora ci dividevamo in chi diceva “accogliamoli” e in chi invece diceva “aiutiamoli a casa loro”. C’era anche chi diceva che non dovevamo curarcene affatto seguendo il vecchio detto “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.

Non è bastata neanche la guerra alle porte, cioè la ex-Iugoslavia, 30 miglia di mare, per scalfire questa convinzione innata, molto più di una idea od una opinione, che l’Occidente fosse invincibile. Un dato di fatto, come la terra che gira intorno al sole. È anche vero c’è chi oggi dire che la terra è piatta per cui nulla sembra essere più incontrovertibile grazie alle teorie del complotto.

Poi è arrivata la pandemia. Il Covid 19. La narrazione si è infranta, distrutta. Molto di più dell’attacco alle Torri Gemelle di New York, perché qui il nemico, perché l’Occidente vive e si relaziona col resto del mondo sempre con un nemico, non c’era. Il virus non è un complotto ordito da chissà quale patto segreto, il virus è semplicemente un virus e fa quello che è nella sua natura. Noi però non riusciamo a crederci. Davvero noi, gli invincibili, ci possiamo ritrovare in pericolo da qualcosa che non è stato progettato e programmato? Allora all’inizio abbiamo negato. Poi tutto sembrava finito e siamo tornati a festeggiare gonfi d’orgoglio della nostra invincibilità da supereroi, magari un po’ ammaccati ma ancora coi costumi luccicanti.

Scrive il generale cinese Sun Tzu ne L’Arte de la Guerra, testo di circa 2500 anni fa:

L’invincibilità dipende soltanto da noi stessi; la vulnerabilità del nemico dipende solo da lui. Ne consegue che in una guerra un abile generale può rendersi invincibile, pur se non può indurre un nemico a diventare vulnerabile.

Nel momento in cui tutte le comunità scientifiche del mondo stanno producendo vaccini e soluzioni noi siamo storditi e profondamente colpiti perché abbiamo sentito che non siamo più invincibili. Questo ha fatto il Covid, ci ha messo di fronte allo specchio e ci ha fatto davvero vedere tutta la nostra debolezza.

Stiamo tentando di riempire questo vuoto nel modo più comune che conosciamo: il consumo. Non solo solo comprando vaccini, ma anche smartwatch e saturometri che possano darci indicazioni immediate sulla nostra salute.

L’individuo in massa acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile. Ciò gli permette di vedere a istinti che, se fosse rimasto solo, avrebbe necessariamente tenuto a freno.

Questo è di Gustave Le Bon all’inizio del ‘900. Noi nel mezzo di una crisi che non è solo medica, ma totale, di identità cerchiamo di risolverla sempre nei modi che conosciamo: comprando. Non ci chiediamo se sarà funzionale, la vicenda dei banchi a rotelle è esemplare – sono pronti per essere mandati a rottamare.

Forse una delle cose che dovremmo fare é rivedere tutto il rapporto che abbiamo con il destino. La nostra ossessione per un nemico è la nostra vera malattia! Lo cerchiamo ovunque ed in qualunque situazione.

Scriveva Karen Blixen: I bianchi di solito cercano in tutti i modi di proteggersi dall’ignoto e dagli assalti del fato. L’indigeno, invece, considera il destino perché è nelle sue mani da sempre; per lui in un certo senso è la sua casa, l’oscurità familiare della capanna, il calco profondo delle sue radici.

Chi ha vissuto una malattia grave sa che il destino è e basta. Non c’è nemico. E sa che cercare nemici e una inutile perdita di tempo. E sa, soprattutto, che non è invincibile.

Mi piacerebbe che l’Occidente provasse a ripensare se stesso ma non credo sia possibile. Dice Jean Baudrillard ne Lo Scambio Simbolico e la Morte: L’idea della decadenza dell’Occidente fa parte del suo linguaggio culturale. L’Occidente si è sempre trovato ad immaginare la sua morte.