“La libertà comincia dall’ironia”

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Nel 1859 Victor Hugo inizia a pubblicare La leggenda dei secoli, un’opera non molto conosciuta dello scrittore francese, dov’è contenuta la citazione che dà il titolo a questo post. Hugo è in esilio, Napoleone III nel 1851 ha realizzato un colpo di stato e lo scrittore ha lasciato la Francia, rifiutandosi di tornare anche dopo l’amnistia del nuovo imperatore di Francia. Dov’è l’ironia in tutto questo? Non c’è, però dall’altra sera, per ragioni personale ho incominciato a ragionare su un grande equivoco che vedo molto alimentati nei social network, cioè che l’ironia sia equivalente alla comicità. L’ironia in realtà è un trucco. L’ironia ha a che fare con la finzione, con il paradosso, anche col dire esattamente il contrario di ciò che si pensa e spesso si usa anche per ribaltare un significato apparentemente comico. Era ironico Socrate col suo metodo, fatto di battute taglienti, almeno da quello che leggiamo nei dialoghi di Platone. Pessoa ne Il libro dell’inquietudine scrive: L’ironia è il primo indizio del fatto che la coscienza è diventata cosciente. E l’ironia attraversa due stadi: lo stadio stabilito da Socrate, quando ha affermato “so soltanto di non sapere”, e lo stadio stabilito da Sanches, quando ha affermato “non so se non so niente”. Qui sta il paradosso portato all’estremo, che lascia smarriti, anche se con un sorriso sulle labbra, anche e amaro. C’è un ribaltamento, anzi per dirla meglio addirittura una sovversione del significato. Meglio ancora Karl Kraus, grande maestro di aforismi: L’ironia sentimentale è un cane che ulula alla luna pisciando sulle tombe. Kierkegaard la definì: l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza. Io non credo che sia così sicuro come occhio, però è potente e l’ironia ha spesso usato come matrice per l’interpretazione della realtà e per reagire al mondo stesso. Non è mai un ridere per ridere, caso mai per capire, interpretare, combattere, anche in maniera violenta, sino a diventare sarcasmo, aspetto iperbolico del pensiero ironico.
Pretendo di vivere pienamente la contraddizione del mio tempo, che di un sarcasmo può fare la condizione della verità“, scrisse Roland Barthes sottolineando come il sarcasmo fosse più violento dell’ironia, più sporco, forse anche più adatti a tempi in cui le contraddizioni ed il rovesciamento del senso sia più comune. “
Sarcasmo: l’ultimo rifugio per le persone modeste quando l’intimità della loro anima è stata troppo violata“. Qui Dostoevskij ritrova il sarcasmo come forma di difesa personale, cosa riscontrabile se si conoscono persone con animo sensibile che, spesso in possesso di forte cultura, sanno replicare con figure retoriche raffinate, creative e cattive. Campione di questo stile, a mio avviso, è stato lo scrittore Kurt Vonnegut, rappresentante enorme della fantascienza e non solo, visto che ha creato un genere che si abbinava solo a lui.

“Da molto tempo si è insegnato agli americani a odiare tutti coloro che non vogliono o non
possono lavorare, e addirittura a odiarsi, per questo”.
“Noi siamo ciò che facciamo finta di essere, e dovremmo porre più attenzione in ciò che facciamo finta di
essere”.
“Dite quel che volete del sublime miracolo di una fede senza dubbi, ma io continuerò a ritenerla una cosa assolutamente spaventosa e vile”.

Già solo in questi tre piccoli esempi vediamo la vena dell’ironia di Vonnegut, che agisce non solo in un bilanciamento di climax e anticlimax, ma soprattutto come intera strategia narrativa e testuale di un intero romanzo.

Ma perché ho scritto tutto questo? L’ho fatto per dimostrare ad un’utente twitter che capovolgere un suo twit con tanta di immagine, che lei riteneva ironico, non è non capirla, ma portarla ad un livello iperbolico, qui sta la libertà dell’ironia, che diventa gioco e che spesso perde di vista il suo riferimento iniziale. Non credo che lo capirà. Credo che in pochi leggeranno questo post.

Buon Proseguimento